di Giovanni Cardarello
Lo scorso ottobre le imprese che forniscono materiale alle aziende sanitarie e ospedaliere del territorio nazionale sono state scosse, fino alle fondamenta, da una notizia molto importante. La notizia era in ordine alla mancata proroga allo scatto del payback sanitario. Il payback sanitario è un meccanismo di spesa che si attiva quando le Regioni, ed è il caso dell’Umbria, sforano il tetto di spesa messo a bilancio per ogni singolo anno fiscale.
Il meccanismo è stato introdotto nel 2015 dal Ministro dell’economia del governo Renzi, Pier Carlo Padoan, di concerto con i ministri Guidi e Lorenzin. Il payback sanitario, di fatto, è la cifra eccedente a quanto previsto dal tetto di spesa e deve essere rimborsata al 50% dallo Stato e al 50% dalle aziende che forniscono i dispositivi medici.
La deroga a cui abbiamo fatto riferimento era relativa allo sforamento del triennio 2015-2018 e cubava circa un miliardo di euro. Una deroga concessa nel periodo della pandemia da Covid-19 ed ora eliminata. Le aziende che forniscono i dispositivi medici in Italia sono circa 1.400, danno lavoro a 190 mila persone e nel territorio dell’Umbria sono una decina, per centinaia di addetti.
Aziende che nei giorni scorsi hanno subito un ulteriore trauma, successivo alla mancata deroga e relativo ad un pronunciamento della Corte Costituzionale. Corte Costituzionale che, interpellata dal Tar del Lazio, ha confermato la parziale legittimità costituzionale del meccanismo del payback, che impone alle aziende che riforniscono di dispositivi medici le Regioni e i loro sistemi sanitari, di concorrere allo sforamento dei tetti di spesa.
Un pronunciamento che va ad incidere direttamente, ed in modo netto, sui bilanci di queste imprese e lo fa in modo retroattivo e su bilanci già chiusi. In alcuni casi il payback supera il 100% del fatturato. Ma non solo. L’attivazione completa del payback, spiega in una nota l’Associazione fornitori in sanità – Asfo Umbria Confcommercio, «comporterà grandissime difficoltà nelle forniture agli ospedali di dispositivi medici, anche salvavita, come stent, valvole cardiache e quant’altro».
Asfo sottolinea anche altre conseguenze indirette, «come il venir meno di attività con un altissimo livello di specializzazione; un aumento esponenziale dei prezzi e quindi dei costi per il pubblico, causa il venire meno della necessaria concorrenza, esattamente l’effetto contrario a quello che si dovrebbe perseguire».
«A fare le spese del payback – sottolinea il presidente di Asfo Umbria, Paolo Palombi – saranno essenzialmente le piccole e medie imprese, le uniche che assicurano una estrema tempestività ed elasticità non solo nelle forniture, ma anche negli interventi di assistenza tecnica che si rendano necessari, a tutto vantaggio delle multinazionali».
E a tal proposito Asfo lancia un accorato appello ai parlamentari umbri e alla Regione. «L’appello a sollecitare un intervento del Governo, con l’apertura di un tavolo di crisi, che consenta alle imprese di sopravvivere e di continuare ad assicurare le forniture sanitarie. La prima iniziativa sarà la richiesta di una audizione urgente presso la commissione sanità della Regione».