In un’intervista concessa venerdì mattina, i genitori di Ilaria Sula, la studentessa 22enne ternana uccisa da Mark Anthony Samson – arrestato dalla polizia – ripercorrono la drammatica vicenda. Ad assisterli c’è l’avvocato Giuseppe Sforza. Di seguito le dichiarazioni di Flamur e Gezime Sula, presenti insieme al figlio Leon.
L’INTERVISTA
La dignità di sostenere un dolore così grande, anche di fronte ai media che cercano di capire, di sapere, di ricostruire. Con infinita pazienza e umanità, Flamur, Gezime e Leon Sula – il papà, la madre e il fratello di Ilaria Sula, la studentessa 22enne ternana uccisa a coltellate a Roma dall’ex fidanzato Mark Anthony Samson – hanno incontrato la stampa venerdì mattina presso lo studio del legale che li assiste, l’avvocato Giuseppe Sforza del Foro di Terni. E dopo che il giorno precedente era emersa la lettera con cui l’omicida, reo confesso, ha inteso chiedere scusa ai familiari della ragazza, Flamur Sula pone un argine invalicabile.
«Ci aspettavamo le scuse – dice – ma non ora. Può darsi in futuro, fra trenta, quaranta’anni, ma adesso no. Le scuse non esistono e quello che ha scritto lui, a noi non ci interessa. Anzi, ha perso anche tempo. Ha scritto che sta piangendo: noi siamo venti giorni che piangiamo nostra figlia. Ilaria non meritava questa fine, era una ragazza meravigliosa. Se io amo una persona, non è che la ammazzo e poi vado raccontando in giro che le volevo bene».
Mark Anthony Samson aveva già commesso l’omicidio – infierendo con tre coltellate sulla povera Ilaria, poi chiusa in un trolley e gettata in un dirupo a Capranica Prenestina – quando il 23enne di origini filippine, in commissariato a Roma, ha incontrato il padre, abbracciandolo: «Gli ho chiesto ‘ma tu c’entri nulla con la scomparsa di Ilaria?’. E lui – ricorda Flamur Sula – mi ha risposto: ‘Io la amo Ilaria, non le toccherei neanche un capello. Non le farei mai del male’. Invece lo aveva già fatto, il male. Di Mark, con Ilaria ne avevamo parlato una volta quando si erano messi insieme. Ricordo che avevo insistitito chiedendole se si fosse fidanzata. ‘A papà puoi dirlo, raccontami’. E quindi mi disse che c’era questo ragazzo, e le risposi che se andava bene a lei, allora andava bene pure a noi».
Da madre a madre, Gizeme – distrutta dal dolore come i suoi cari – liquida in poche parole la mamma di Mark Samson, indagata per concorso in occultamento di cadavere per aver aiutato il figlio a pulire il sangue dalla casa di visa Homs dove l’ha uccisa: «Madri come quella di Mark non devono esistere, una madre non può aiutare un figlio a nascondere un cadavere, ma che cuore ha?».
Nei tentativi di depistaggio di Mark Samson, studente di architettura da qualche anno ma con un solo esame sostenuto – e questo era un motivo di scontro con Ilaria che, invece, frequentava scienze statistiche a La Sapienza con profitto -, rientrano anche i messaggi inviati dal 23enne tramite telefono e profili social della ragazza, dopo il delitto: «Sapevamo che quesi messaggi non erano i suoi – dice Flamur – perché Ilaria qualsiasi cosa avesse fatto, ce lo avrebbe detta. Sia nel bene che nel male. Lei ci avrebbe chiamati, non avrebbe usato solo messaggi o storie Instagram. Mark aveva tutte le password di Ilaria, del computer, dei social, e anche il giorno della scomparsa aveva provato a prendere il suo pc».
Poi la certezza: «Ilaria non andava da lui quando stavano insieme, a maggior ragione non lo avrebbe fatto una volta che si erano lasciati, cosa – il fatto che non fossero più insieme – che abbiano scoperto il sabato successivo la scomparsa (datata 25 marzo, ndR). Ilaria, solo con la volontà sua, a casa di Mark non ci sarebbe andata mai».
Per qualche istante, la tragica cronaca lascia spazio ai ricordi più teneri. «Il nome Ilaria lo ha scelto mio marito – dice la mamma -. E loro sono nati tutti e due il 20 maggio, lo stesso giorno. Era tutta ‘di papà’». «Era una ragazza forte, con tanti sogni e speranze – proseguono Gizeme e Flamur -. Voleva fare la finanziera, era uno dei suoi sogni. A lei chiedevamo spesso dei suoi esami e si stava per laureare, ad ottobre di quest’anno». Poi, il dolore torna a farsi vivo: «Ora non riuscirei mai a girare per Roma e vedere quei ragazzi con la corona di alloro sulla testa. Perché Ilaria non ha mai potuto mettersi quella corona in testa, vivere quella gioia».
Infine i ringraziamenti della famiglia Sula, per la città di Terni, per il suo sindaco, per la città di Roma e la polizia di Stato. Tanti hanno testimoniato vicinanza, conforto, dolore per tutto ciò che è accaduto: «Davvero, ringraziamo tutti con il cuore». E poi c’è un poliziotto che nei giorni della scomparsa, a Roma, ha indagato senza sosta e che era presente anche al funerale, chiuso con un intenso abbraccio fra lui e il papà. «Per noi è come un fratello per tutto ciò che ha fatto. Non andava a dormire per restare lì: ‘Finche non troviamo Ilaria non vado a casa’ diceva. Ha fatto e hanno fatto un grande lavoro, davvero».
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