‘Arena Curi’, le elezioni comunali, lo stadio e il rischio danno erariale

Venerdì i promotori del progetto diranno la loro. Il Perugia Calcio sarebbe coinvolto solo marginalmente nell’attività

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di Giovanni Cardarello

‘Arena Curi’ ci siamo, o meglio ci risiamo. Venerdì 29 marzo i promotori del progetto renderanno pubbliche le proprie intenzioni e definiranno, almeno a livello comunicativo, i contorni della vicenda. Vicenda che, ricordiamo, prende le mosse nello scorso luglio quando è stata annunciata la nascita di una società di scopo che ha l’obiettivo di realizzare un nuovo stadio ‘Renato Curi’ al posto dell’attuale struttura. Uno stadio da 18 mila posti per un costo complessivo fra i 74 e i 100 milioni di euro. Ma alcuni punti, secondo quanto riferisce la pagina Facebook della trasmissione di Tef Channel, ‘Un Venerdì da Grifoni‘, sono già abbastanza chiari e fanno sollevare più di qualche dubbio. Eccoli nel dettaglio secondo quanto viene riportato sul popolare social network. Tutti gli spettatori di questa telenovela, che siano favorevoli o contrari al nuovo Curi, hanno un’idea che li unisce: sia la città di Perugia che il Perugia Calcio hanno necessità di uno stadio totalmente funzionante. Chiarito questo aspetto fondamentale, andiamo ad analizzare punto per punto questo progetto che sembra risorgere ogni volta dalle sue ceneri, come una mitologica fenice.

Chi erano, in attesa di capire chi sono oggi, i promotori che fanno parte di Arena Curi Srl

Per capire forza e capacità di iniziare e portare a termine il progetto per il nuovo stadio di Perugia, è stata creata una società che si chiama Arena Curi Srl. Cerchiamo allora di capire meglio chi sono i soggetti che la componevano lo scorso anno, in attesa di capire se ci siano state modifiche a livello di partecipazione societaria. Soprattutto cerchiamo anche di comprendere meglio quale sia l’impegno economico finanziario di ciascuno dei soggetti coinvolti. Dalle informazioni filtrate già a suo tempo, a mezzo stampa, ogni soggetto interessato dovrebbe avere versato dagli 8 ai 12 mila euro, a seconda delle quote di partecipazione. Queste quote dovrebbero essere state utilizzate per la costituzione del capitale sociale e per sostenere i costi per la redazione del progetto e del Pef (Piano economico finanziario) che dovrebbe sostenere l’intera realizzazione dell’impianto da 18 mila posti, il cui costo era già lievitato a circa 74 milioni di euro. A questi 74 milioni si era aggiunta una stima di ulteriori possibili aumenti pari al 30% dei costi che porterebbe l’investimento complessivo vicino addirittura ai 100 milioni. Facciamo un esempio per capire la portata del progetto. Il ‘Benito Stirpe’ di Frosinone, che è stato l’unico stadio italiano inserito nel 2017 tra le candidature a Stadium of the Year, ha avuto un costo complessivo di circa 20 milioni. Esaminiamo quindi i nomi e le informazioni riportate dalla stampa nell’ultimo periodo. Saremo felici di ricevere chiarificazioni da tutti i partecipanti, laddove tali notizie siano inesatte o non attuali. Oltre al Perugia Calcio, senza la cui adesione l’intero investimento non potrebbe vedere la luce, facevano parte del progetto il portavoce Francesco Maria Lana, presidente della SEM (Società Edilizia Moderna) che attualmente risulterebbe chiusa. Il geometra Simone Minestrini dirigente di GMF, Claudio Umbrico delle SEA di Marsciano, il commercialista emiliano Alberto Bertani, Mirco Campagnoli titolare di Centro Impianti Srl, società che si occupa di videosorveglianza. Oltre a questi erano presenti altri tre imprenditori che a quanto sembra sono usciti dal progetto. Almeno due di questi, erano quelli con le maggiori disponibilità. Si tratta di Giulio Benni di King Sport, con oltre 20 punti vendita divisi in 4 regioni, sicuramente l’uomo con i fatturati più importanti. E di Mauro Ricci delle Palestre Anytime. Quest’ultimo interessato anche al Perugia Calcio a livello di progetto sportivo. Oltre ai due pezzi da novanta, si sarebbe sfilato anche Giampiero Romani, molto vicino a Benni. Tra le ragioni dell’uscita dei tre imprenditori ci sarebbero gli ingressi di altri soggetti e del fondo lussemburghese ‘Petricca & Co. S.A.’ che tramite il suo Fondo 10stadi, sta cercando di realizzare queste strutture in diverse città d’Italia.

Il tratto che colpisce nel seguire le vicende dei vari impianti, è il filo conduttore della tipologia di stadi che si vuole realizzare. Tutti i progetti, infatti, sembrano ‘copia e incolla’ con cambio dei colori sociali, quasi senza tenere conto delle peculiarità e delle diverse esigenze tra città e città e tra squadra e squadra. L’impressione che ne deriva è che le squadre di calcio siano, in questo contesto, un elemento necessario per avviare i lavori ma quasi un ‘fastidio’ nel momento in cui la struttura andrà a regime. Diamo anche un’occhiata a quello che accade in altre città, per capire ed avere consapevolezza di doversi preparare a tempi biblici, anche laddove si dovesse partire:

  • stadio della Roma a Pietralata. Approvato nel maggio 2023 l’interesse pubblico da parte del Comune di Roma, manca ancora il progetto definitivo. La tempistica immaginata prevede l’apertura nel 2027 ma conoscendo i tempi della Capitale, sarà un miracolo averlo per il 2030;
  • stadio ‘Partenio’ di Avellino. Dopo quasi 5 anni di ‘stop and go’, siamo al rush finale per il progetto definitivo. Poi c’è tutta la procedura da seguire per l’assegnazione dell’appalto. Anche qui la tempistica tra ideazione ed esecuzione non è inferiore ai 7-9 anni;
  • stadio ‘Jacovone’ di Taranto. «Sarà una moderna Agorà», sostenevano i progettisti nel 2021 ma ad oggi, l’opera da 46 milioni di euro complessivi, prevede l’apertura del cantiere a fine 2025 e il fine lavori nel 2027;
  • stadio ‘Renato Dall’Ara’ di Bologna. Quasi otto anni sono trascorsi da quando il Bologna Football Club ed il Comune decisero che lo stadio doveva essere ristrutturato. Ad oggi il progetto da 170 milioni complessivi avrebbe dovuto vedere l’apertura del cantiere nel 2024 e la consegna nel 2027.

Insomma siamo davvero in alto mare ma a Perugia ci sono anche altri elementi da valutare. Il primo, e senza entrare nel merito, è quello relativo alle molte perplessità di chi, in Comune, è chiamato a concedere il via libera ad un progetto di tale portata, ovvero le potenzialità economiche e finanziarie che gli investitori di Arena Curi Srl sembrano mostrare. Questo gruppo di investitori sarà in grado di gestire un progetto che, da 73 milioni di euro, potrebbe finire per costarne quasi 100?

Il secondo è l’argomento più spinoso. Riguarda l’impegno chiesto al Comune di Perugia dagli investitori di Arena Curi Srl. L’ente dovrebbe rinunciare alla proprietà del terreno dell’area di Pian di Massiano, su cui sarà eretto il nuovo stadio, che ha un valore di svariati milioni di euro. Inoltre dovrebbe rinunciare alla proprietà dell’attuale stadio ‘Renato Curi’ e permetterne l’abbattimento, dopo che soltanto lo scorso anno ha speso circa un milione e 500 mila euro per la rimessa in pristino della Curva Nord. Lo stadio ‘Renato Curi’, pur con tutte le magagne dovute alla sua vetustà, è una struttura che anche qui ha un valore notevole ed abbatterlo semplicemente perdendone la proprietà, rischia di diventare un vero e proprio boomerang per l’amministrazione comunale, qualunque sia lo schieramento che vincerà le prossime elezioni.

L’intervento del Comune di Perugia non finisce qui. Infatti Arena Curi Srl potrebbe chiedere anche il pagamento di un affitto di 250 mila euro, per 30 anni, per l’utilizzo della sede dei vigili urbani che verrà creata nell’area interessata di Pian di Massiano. Ricapitolando: al Comune di Perugia viene chiesto di cedere gratuitamente lo sfruttamento dell’area, di rinunciare alla proprietà del vecchio ‘Renato Curi’ che verrà abbattuto e di pagare un affitto di 7 milioni e mezzo di euro in 30 anni per lo sfruttamento dell’immobile destinato a sede dei vigili urbani. Insomma si chiede al Comune, e quindi ai perugini, un contributo che tra tutte le voci porta quasi ad una trentina di milioni di euro di valore. In questo contesto il rischio di un danno erariale potrebbe essere valutato dalla magistratura contabile.

Il terzo punto è quello che riguarda il Perugia Calcio. Un rischio enorme è quello di spezzare il cordone ombelicale che lega il Perugia alla sua città ed ai suoi tifosi. Infatti non appena dovessero partire tali lavori, il vecchio ‘Renato Curi’ dovrebbe essere abbattuto. Per il Perugia si prospetta un triste peregrinare verso altri stadi per un periodo sicuramente non breve. Lo scorso anno si parlava dello stadio di Gubbio ma questa idea sembra essere stata accantonata per essere sostituita da un’altra piuttosto singolare: l’adeguamento a norma dello stadio degli Ornari di Ponte San Giovanni. L’impianto sarebbe adeguato in termini di spalti con strutture mobili, ovvero le classiche tribunette in acciaio, senza dimenticare di dover adeguare il resto della struttura con spogliatoi, tornelli, illuminazione e le misure necessarie per ottenere l’agibilità. Il costo dell’intervento dovrebbe incidere per circa 2,5 milioni di euro tendenti all’aumento, come spesso accade. Inoltre enormi difficoltà emergono proprio dall’ubicazione dello stadio degli Ornari. Per raggiungere la struttura c’è una sola strada di accesso e la zona è completamente priva di parcheggi. Si aggiunga che Ponte San Giovanni è un quartiere che per sua collocazione geografica è perennemente ingolfato dal traffico, essendo sulla principale via d’accesso a Perugia città. La qualità della vita degli abitanti del quartiere d il valore degli immobili potrebbero peggiorare in maniera considerevole. Il rischio, come spesso accade in questi casi è che la soluzione-ponte rischi, come a Cagliari ad esempio, di diventare la soluzione definitiva e soprattutto che l’Arena Curi diventi altro dall’essere lo stadio del Perugia Calcio.

Per ultimo ma non meno importante, un progetto del genere toglierebbe alla squadra di calcio la possibilità di avere introiti sulle attività dello stadio, in quanto l’impianto stesso sarebbe di proprietà di privati. Ciò potrebbe togliere la possibilità alla città ed alla squadra di attirare investitori importanti che proprio dallo sfruttamento dello stadio, trarrebbero profitti da reinvestire sull’attività sportiva. Sarebbe il primo impianto del mondo in cui la squadra di calcio è ospite di un altro soggetto privato, in quella che dovrebbe essere la sua stessa casa. Pensate ad un investitore che volesse acquisire il Perugia Calcio e pensate a questo stesso investitore costretto a mercanteggiare con i proprietari gli spazi e le iniziative nel proprio stadio. Addirittura il Perugia Calcio sarebbe costretto dopo alcuni anni di franchigia a pagare un affitto ai proprietari e quindi lo stadio da possibile fonte di guadagno per la società, diventerebbe una spesa da sostenere.

Gli eventi, il vero ‘core business’ del progetto

Tutto ciò premesso, diamo uno sguardo a quali sarebbero i costi per il Comune di Perugia, qualora volesse rimettere in pristino lo stadio ‘Renato Curi’. Già lo scorso anno la Curva Nord è stata resa agibile con una spesa di circa un milione e mezzo di euro. Il cosiddetto ‘sentiero Ascoli’ potrebbe permettere in pochi anni di riportare a nuovo l’intera struttura, avendo parecchi vantaggi. Il primo e più importante sarebbe che con un investimento da parte del Comune assolutamente più basso, la città non perderebbe la proprietà dello stadio. Per capire l’investimento complessivo richiesto, si parla di circa 8 milioni e mezzo di euro, escluse le eventuali coperture. Infatti, a fronte di una Curva Sud ripristinabile con una spesa di un milione e mezzo, analoga a quella sostenuta per la Nord, per gradinata e tribuna ne occorrerebbero circa 7 da dividere per i due settori. Il secondo è che la squadra ed i suoi tifosi non sarebbero costretti a peregrinare in giro per l’Italia ed i cittadini non interessati al calcio, non vedrebbero sconvolta un’area che rappresenta un polmone di sfogo e di godibilità da parte dei perugini. Il terzo è che gli investimenti potrebbero essere spalmati in più anni, come ad Ascoli, senza pesare troppo sulle casse comunali. Il quarto è che lo stadio ‘Renato Curi’ è sin dalle sue origini uno stadio modulare e quindi laddove si vogliano fare lavori, inserendo magari palestre, sedi municipali o altre attività, questo si potrà fare negli anni senza sconvolgere neppure l’area di Pian di Massiano e le strutture commerciali che attorno a questa gravitano e che si troverebbero a fare i conti con attività, con altri centri commerciali, in un’area già satura da questo punto di vista.

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