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Home » Ast, anche due gruppi stranieri in lizza. Ma il Governo tenta lo stop

Ast, anche due gruppi stranieri in lizza. Ma il Governo tenta lo stop

di Fabio Toni
17 Luglio 2021
in Apertura 5, Ast, Economia, Imprese, In evidenza, Lavoro
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
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di Fed.Lib.

Non solo le italiane Marcegaglia e Arvedi, ma anche i coreani di Posco e i cinesi del colosso Baosteel: ‘gira che ti rigira’ sono sempre questi i nomi che tornano nell’ambito delle indiscrezioni (perché di questo ancora si tratta) sulle procedure di vendita di Acciai speciali Terni, arrivata ad una fase sempre più cruciale. Sarebbero infatti questi quattro – con i due player stranieri che si aggiungono ai nomi già confermati nei giorni scorsi dal quotidiano Milano Finanza – i gruppi in lizza per l’acquisto.

TUTTO SU AST – UMBRIAON

Gli scenari

Conclusa la cosiddetta ‘fase 1’, gli interessati hanno già avuto accesso alla data room, dunque alla documentazione aziendale più riservata, e sono pronti a presentare le offerte vincolanti, non appena l’advisor Jp Morgan darà il via. Sempre Milano Finanza aveva parlato di fine luglio, tempistica ritenuta plausibile da varie parti, anche se l’impressione raccolta è quella che nessuno – a partire da ThyssenKrupp – abbia davvero fretta nel concludere la faccenda. Che, come ogni trattativa, si ‘giocherà’ sul prezzo (si era parlato nei mesi scorsi di almeno 700 milioni di euro), a cui fanno da corollario questioni non secondarie come debiti pregressi di Ast e costi di gestione ambientale, a partire dal tema discarica scorie (che rimane in campo, al netto del progetto Tapojarvi).

Ipotesi Finsider e Bernabé

Che la ‘via’ italiana alla vendita sia quella più caldeggiata non solo a livello governativo è ormai risaputo e, guardando sempre alla stampa nazionale, lo conferma venerdì Stefano Cingolani su Il Foglio. Il quotidiano diretto da Claudio Cerasa punta l’attenzione sulla vendita dell’acciaieria ternane e torna a parlare di un’ipotesi che circola da tempo, quella dell’acciaio ‘di Stato’, in compartecipazione con i privati, per evitare lo spauracchio asiatico. Con tanto di rinascita della Finsider – il colosso siderurgico di cui faceva parte anche lo stabilimento di Terni e che faceva capo all’Iri, diviso e privatizzato negli anni ’90 -, magari affidata al top manager Franco Bernabé, già nominato presidente di Ilva. I sindacati, non solo territoriali, attendono da tempo una convocazione al Mise per un chiarimento su queste ipotesi e più in generale sulle procedure di vendita, le settimane scorrono e il timore (quasi una certezza) è che la convocazione potrebbe arrivare solo a cose fatte.

Fermento in fabbrica

Secondo Il Foglio la vendita potrebbe chiudersi in autunno e tra i gruppi stranieri interessati ci sarebbero anche gli svedesi di Ssab. Da qui alle prossime settimane di indiscrezioni ne emergeranno di certo molte altre, intanto però che qualcosa si sta effettivamente muovendo lo dimostra il fatto che nei primi giorni della prossima settimana sarebbero già programmate in Ast le prime ‘visite’ legate alla procedura di vendita. E chissà che non possa trattarsi proprio dei rappresentanti del gruppo Marcegaglia, che lo stabilimento ternano lo conoscono già molto bene, essendo l’azienda mantovana il principale cliente, ma che da oltre un anno sono in costante pressing per l’acquisto.

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