Ast e le tante incognite del green pass. Burelli: «Blocco produttivo è un rischio concreto»

Dal 15 ottobre il certificato ‘verde’ diventa obbligatorio sul lavoro. L’ad di Ast: «Con molti non vaccinati potrebbe non essere raggiunto l’organico minimo indispensabile»

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Dal 15 ottobre il green pass sarà obbligatorio per tutti i lavoratori, sia pubblici che privati. Ancora pochi giorni a disposizione delle aziende per adeguarsi all’imminente novità, ma soprattutto per organizzarsi in vista dei controlli che dovranno avvenire preferibilmente all’ingresso dei lavoratori.

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Fra privacy e rischi per le attività

Il controllo del green pass si dovrà effettuare tutti i giorni: per tutelare la privacy, il datore di lavoro non potrà tenere un registro nel quale sia indicato quanti dipendenti sono stati vaccinati e quale sia la scadenza del green pass per ciascuno. È questo il motivo per cui la verifica sarà più complicata nei luoghi di lavoro con tanti punti di ingresso, con diverse filiali e con i lavoratori impiegati su più turni, come accade nelle grandi aziende. Ad essere più a rischio sono le attività legate al settore dell’edilizia, metalmeccanico e tessile, dove l’assenza dei dipendenti potrebbe causare seri problemi produttivi.

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Ast, Burelli: «Possibili seri problemi nelle turnazioni»

Prendiamo ad esempio una grande azienda a ciclo continuo, come è Acciai Speciali Terni: «Non saremo in grado di conoscere i numeri dei lavoratori che hanno scelto di non vaccinarsi – precisa l’ad Massimiliano Burelli -. L’unico dato certo è che se questo numero si rivelerà importante, si potrebbero presentare dei seri problemi nelle turnazioni, con il forte rischio di arrivare a un blocco produttivo». Al momento dell’ingresso, chi non ha il green pass non potrà essere ammesso all’interno del luogo di lavoro e sarà considerato assente ingiustificato, cosi come chi non si presenterà: questo potrebbe valere anche per i vaccinati, dato che non c’è la possibilità di fare verifiche in tal senso. In questo modo l’assenteismo si trasforma in una variabile imprevedibile, perché la mancata presenza sul posto di lavoro si potrebbe scoprire a pochi minuti dall’inizio del proprio turno.

Le incognite imcombono sulla produzione

«Il rischio – precisa Burelli – è che l’impossibilità di raggiungere l’organico minimo indispensabile per mandare avanti un impianto, porti all’interruzione di una linea, provocando ritardi nella produzione o addirittura al suo blocco. A questo va aggiunto il tema, riportato in questi giorni dalla stampa, dei potenziali certificati di malattia rilasciati per i non vaccinati». Il timore è che tutto questo possa causare maggiori costi e un danno importante per l’azienda di viale Brin, nonché una penalizzazione dei dipendenti che hanno scelto di vaccinarsi. Anche un intervento tempestivo, ovvero la disponibilità di un lavoratore a entrare prima o ad uscire dopo per coprire le assenze, comporta una spesa in più per l’azienda e una seria complicazione per chi dovesse venire chiamato a lavorare nel proprio periodo di riposo.

Le domande

Gli interrogativi sono tanti: è possibile permettere che un’azienda rischi il blocco della produzione fino a fine anno o che ci si rassegni all’idea che potrebbe essere impossibile lavorare in alcuni reparti? È credibile riuscire a trovare dalla sera alla mattina un sostituto ugualmente formato e disponibile a lavorare per due-tre mesi? Per la normativa vigente, il datore di lavoro ha un preciso dovere: tutelare la salute dei propri dipendenti. Lo stesso vale per ogni lavoratore che, come recita testualmente l’articolo 20 del Testo unico sicurezza, «deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro».

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