Ast, Fiom: «Arvedi al via col piede giusto. Ora i temi concreti»

Terni – Il sindacato traccia le priorità in vista del piano industriale. «No annunci e suggestioni»

Condividi questo articolo su

di F.L.

«Il primo incontro con la nuova proprietà non è stato interlocutorio, ma di sostanza. Non pensavamo potesse avvenire in tempi così brevi, averci incontrato a due giorni dalla firma dell’acquisto è stata un’operazione corretta, che ci ha onorato. La discussione è partita con il piede giusto, ora però parliamo delle questioni concrete». ll primo approccio con il cavalier Arvedi ha lasciato soddisfatto il segretario della Fiom Cgil di Terni, Alessandro Rampiconi, che però guarda avanti. Mercoledì mattina, insieme al segretario generale della Cgil, Claudio Cipolla, ha tenuto una conferenza stampa per mettere in fila i temi che il sindacato ritiene prioritari, non solo per il futuro dell’acciaieria, ma dell’intero territorio.

Due mesi di tempo

«La proprietà – ha spiegato Rampiconi – ci ha detto che rispetto al piano industriale ha delle idee di sviluppo e di incremento, a partire dai volumi. Ma serve prima conoscere gli impianti e le competenze che ci sono all’interno del sito, per capire come questa idea di sviluppo si può calibrare. Serve un mese mezzo-due di tempo. E non è detto che nei piani ci siano effettivamente assunzioni e magnetico o che questo sia prodotto a Terni. Bisogna vedere se si comincia dal treno a caldo oppure dal treno a freddo. La colata potrebbe essere fatta a Cremona e qui l’acciaio lavorato a freddo. Tutte e due le ipotesi possono essere in campo».  E proprio perché la Fiom «vuole discutere di cose concrete e non perdere tempo», la questione dell’eventuale apertura del cda alle rsu viene definita da Rampiconi «una proposta romantica, allettante e sfidante, ma non possibile in questo Paese». Semmai, secondo il segretario della Fiom, «sono da affrontare diverse problematiche vecchie, come la precarietà e gli appalti».

TUTTO SU AST – UMBRIAON

I premi

Ovvio che con una nuova proprietà si apre anche un nuovo capitolo sulla contrattazione integrativa, a partire dai premi. «La Fiom nazionale .- ha detto Rampiconi – è perché si discuta degli accordi con il coordinamento territoriale di Cremona, Trieste e Terni. Anche la proprietà deve essere d’accordo. L’azione di coordinamento c’è, già da mesi abbiamo preso contatti con i nostri colleghi degli altri territori e studiato gli accordi. Ma è anche vero che se l’Ast rivendica autonomia ogni accordo ha una sua natura e dentro c’è un modello sindacale. Noi dobbiamo prendere il meglio di quello che ci ha dato multinazionale e il meglio che verrà con la nuova proprietaria. E non possono non essere considerate le situazioni di salute, ambientali e dell’intero sistema di ciascun sito».

«Quale modello di sviluppo per il territorio?»

«Pieno sostegno» alla Fiom nella gestione di questa fase è stato espresso dal segretario generale Cipolla. «Serve equilibrio e concretezza – ha detto – nel tenere accesi i riflettori su cose concrete e non andare dietro ad annunci, ipotesi, supposizioni o speranze. Le questioni vere sono la definizione in modo chiaro degli assetti societari, la verifica nel concreto degli impegni. E poi c’è una partita di più alto livello che dovremo iniziare ad affrontare da subito: il ruolo delle produzioni di Terni nella riorganizzazione del panorama nazionale ed europeo». Ma Cipolla alza lo sguardo oltre l’acciaieria e manda un messaggio alle istituzioni. «Al di là del passaggio di proprietà dell’Ast, in un contesto più generale quale modello di sviluppo della comunità si sta perseguendo? Penso ad ambiente, rifiuti, energia. Su questa idea di sviluppo chiediamo un confronto ad oggi mai aperto, non riusciamo a capire l’orizzonte verso il quale si stanno orientando le scelte. C’è necessità di una risposta di sistema, dentro il quale c’è anche Ast. Ma non si può affidare ad un semplice passaggio la visione futura di questo territorio. Serve che la discussione si apra per cogliere le sfide. Abbiamo a disposizione ingenti risorse, a partire dal Pnrr e poi con l’Area di crisi complessa, il Sin, le due aree interne. Su questi temi – ha concluso il segretario della Cgil – non c’è stato mai un confronto su come indirizzarle». 

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli