Enrico Sperandei aveva 52 anni: il suo corpo senza vita venne trovato la mattina del 27 maggio del 2011 nei pressi di un capannone della Società della Fucine, all’interno degli stabilimenti Tk-Ast di viale Brin. Una morte inizialmente ricondotta ad un malore accusato dall’uomo – dipendente di una ditta esterna impegnata in alcune consegne -, precipitato da un’impalcatura alta circa dieci metri. La vicenda giudiziaria aveva portato all’archiviazione del procedimento per ‘omicidio colposo’ aperto sulla base delle indagini condotte al tempo dalla squadra Mobile di Terni. Quell’archiviazione è stata però annullata dalla Corte di Cassazione che, a seguito dell’istanza presentata dai familiari del trasportatore deceduto, ha rinviato gli atti alla Procura di Terni
Il motivo I familiari di Enrico Sperandei, pur avendolo richiesto esplicitamente, nel tempo non sono mai stati informati della richiesta di archiviazione da parte della Procura né del conseguente decreto del gip di Terni datato 21 aprile 2015. Senza quella notifica, gli stessi non hanno potuto neppure tentare di opporsi alla richiesta formulata dal pm, per quella che è stata ritenuta – e che la Suprema Corte ha riconosciuto – una violazione del diritto al contraddittorio.
Si torna indietro Sulla base di queste ragioni la Cassazione ha annullato l’archiviazione del procedimento che vede indagati per omicidio colposo l’ex ad di Sdf Massimo Calderini e Claudio Camilli, titolare della ditta di cui il 52enne di Collesecco era dipendente. Probabile che la procura reiteri la richiesta già formulata a suo tempo, ma questa volta il gip dovrà valutare anche le ragioni dei familiari dell’operaio deceduto per decidere se dare ulteriore corso alle indagini o ‘sigillare’ definitivamente il fascicolo.
