Banche, desertificazione continua: «Regione dov’è?»

In Umbria non è solo l’accordo Intesa-Bper a tenere banco, sindacati attaccano. In 10 anni perse 170 filiali e 400 posti di lavoro.

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di F.L.

È destinata ad avere ripercussioni anche in Umbria la cessione da parte di Intesa Sanpaolo, su richiesta dell’Antitrust, di 486 filiali e 134 punti operativi su tutto il territorio nazionale a Bper Banca, nell’ambito dell’acquisizione di Ubi. Sul territorio regionale la procedura interesserà 18 tra filiali e mini-filiali – per un totale di 86 dipendenti -, ma mentre nelle regioni limitrofe, come Marche, Abruzzo e Toscana, «le istituzioni hanno giocato d’anticipo, ricercando la massima condivisione e sinergia con le forze sindacali e di categoria», in Umbria ciò non sta accadendo, non solo su questo specifico tema. Ad affermarlo sono i sindacati umbri Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca Uil e Unisin.

L’appello alla Tesei

«Nella nostra regione – spiegano -, proseguendo la triste tradizione di disinteresse e sottovalutazione da parte dei vertici delle istituzioni regionali, circa le ripercussioni di ciò che accade nel mondo bancario sull’intera scena economica e sociale, anche l’attuale presidente della giunta regionale Donatella Tesei ha ignorato i ripetuti appelli che tutti i sindacati del credito hanno fatto da mesi, ben prima che le tematiche Covid si riacutizzassero, per avere un tavolo istituzionale atto a intervenire sui molti fronti aperti nelle banche operanti in Umbria». Non c’è solo la questione Intesa San Paolo-Bper banca a tenere banco, ma anche Cariorvieto, Sviluppumbria (dove lavora un’ottantina di dipendenti con contratto bancario, ndr), Gepafin, Bcc Banca Centro, Bcc Spello e Bettona, Unicredit, Banco Desio, «sono solo alcune delle situazioni di cui sarebbe urgente parlare con chi rappresenta la comunità regionale» continuano i sindacati. «I cittadini, le associazioni di categoria, gli enti intermedi – dicono -, devono sapere che di fronte alle future inevitabili difficoltà, riduzione di sportelli e livelli occupazionali, modelli di servizio, accesso e costo del credito, che si troveranno ad affrontare nei loro rapporti con le banche operanti in regione, mentre i sindacati dei bancari stanno facendo del loro meglio per tutelarli, altri, gli stessi che sono stati eletti per tutelare l’intera comunità regionale, non stanno agendo».

Solo 75 comuni hanno almeno uno sportello

Che il quadro del credito in Umbria non sia affatto tranquillo lo dicono i numeri, aggravati dalla crisi economica anche prima della comparsa del Covid. I numeri in possesso della Fabi, la Federazione autonoma dei bancari italiani, dicono che gli ultimi anni, nonostante la ferma opposizione del sindacato, ci sono state chiusure di filiali, la perdita di tutti i centri direzionali e soprattutto di posti di lavoro. In meno di 10 anni, dal 2010, sono infatti scomparse 170 filiali, quasi un terzo del totale. Soltanto tra il 2018 e il 2019 , secondo la relazione di Bankitalia, l’Umbria ha perso 24 filiali, di cui 18 in provincia di Perugia e 6 in quella di Terni. I dipendenti delle banche da 3 mila 342 sono passati a 2 mila 919 con un tasso negativo di 400 unità. E così solo 75 comuni su 92 hanno oggi sportelli bancari. «Si tratta senza ombra di dubbio – è il monito della Fabi – di una politica di impoverimento del territorio regionale che dovrebbe spingere, obbligare le istituzioni a una mobilitazione seria».

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