Capitale della cultura: la sindrome di Tafazzi

Terni non ‘passa’ alla prima selezione e trionfa la versione masochistica del provincialismo. Il corsivo di Walter Patalocco

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di Walter Patalocco

Terni partecipa alla selezione per Capitale della Cultura e non vince. Apriti cielo: in troppi si lasciano inghiottire mani e piedi dal gorgo del tafazzismo vale a dire la versione masochistica del provincialismo.

E vai con l’elencazione delle brutture, delle incapacità, dei difetti ternani. E vai col rigetto dell’industrialismo che è stato sicuramente ingombrante e che ha segnato la città nel male ma, non non dimentichiamocelo, anche nel bene.

L’industrialismo innestato su una storia millenaria, ovviamente con luci e ombre, che è stata inghiottita con l’aiuto non secondario delle distruzioni dovute ad avventure guerriere: è questa l’identità ternana dell’oggi. Permeata e segnata da questo tipo di bagagli. Un’identità che si vuole far diventare diversa, più ricca, criticandola ma non rinnegandola e senza vergognarsene.

Terni ha, quindi, una propria immagine definita e non sarebbe né onesto né dignitoso tentare di rifilare sòle quando ci sono necessità e voglia di andare oltre. L’impegno è arduo, occorre studiare, applicarsi, inventare, mettere in campo le energie migliori. Abituarsi a combattere e agire in positivo. Buttarsi in una sfida che può sembrare persa in partenza è un passo avanti importante, così com’è avvenuto con la candidatura di Terni a Capitale della cultura.

Com’è utile volere fin da ora a riprovarci. I progetti, le idee elaborate sono state una proficua esperienza. L’averle avute, quelle idee, averle elaborate, misurate con quelle degli altri è una scossa in un clima stagnante dovuto alla pigrizia di alcuni e alla ricerca di vantaggi di risulta di altri e che sta asfissiando un’intera comunità.

IL DOSSIER PER ‘TERNI CAPITALE DELLA CULTURA’

Matera, Capitale della cultura nel 2014, ha dato portato a compimento una processo, non breve, di valorizzazione di una sua esclusiva particolarità: i Sassi. Che pure non erano un vanto ma il segno tangibile della povertà, dell’abbrutimento degli uomini, della vita fatta di stenti. L’esempio di Matera insegna che è una questione di idee, di menti, di coraggio, di inventiva, di libertà intellettuale che consente di risalire e di trasformare in opportunità anche un qualcosa di brutto e di negativo che non è stato nascosto o rinnegato.

Un percorso simile ha bisogno di elaborazione mentale e scientifica, applicazione di conoscenze. Alla stretta è necessario l’impegno di persone preparate, valide, capaci e coraggiose, che da troppo tempo sono soffocate da valutazioni (e comportamenti conseguenti) giustificate non con la giusta serenità, ma attraverso la lente deformata di concorrenti o di “intellettuali” autoreferenziali ed autopatentati.

C’è anche a Terni la possibilità di mettere a sistema alcune esperienze, conoscenze, visioni moderne del mondo? Ci sarebbe nonostante il fatto che esse spesso vengono tagliate in due con la motosega del tafazzismo, del provincialismo, dell’abitudine secondo la quale se l’erba del vicino e meglio della mia gliela secco con l’acido. E’ atteggiamento ancora troppo diffuso, specie da parte di chi ritiene che un’ora di “Real Tv” insegni quanto un metrocubo di libri.

La candidatura a Capitale della Cultura può essere un contributo importante ad una crescita, alla presa di coscienza che è sempre positivo mantenere un grammo di umiltà e di considerazione delle idee altrui con le quali misurarsi. E osare, “metterci la faccia” scendendo in strada invece di starsene in poltrona davanti alla tv-finestra-sul-mondo e buttare colpe sul vicino di casa quando, affacciandoci dal balcone, invece degli abbaini parigini vediamo una ciminiera.

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