Grande partecipazione alla tre giorni didattica legata al progetto ‘Approccio multidisciplinare al sito archeologico di Carsulae, ai fini della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale’.
Alcune anticipazioni Da queste giornate sono uscite anche alcune anticipazioni sui risultati del progetto che allontanano, sempre più, l’ipotesi che alla base dell’abbandono della città di Carsulae vi sia solo un fenomeno sismico. Sotto il mirino dei ricercatori, infatti, anche altri fenomeni naturali come frane, cedimenti e fenomeni di sprofondamento del terreno legati alla forte presenza d’acqua e a processi di tipo carsico, alcuni dei quali forse favoriti anche dall’attività dell’uomo in età romana.
Le scuole Venerdì 22 i protagonisti sono stati gli studenti delle scuole medie ed elementari di San Gemini che, utilizzando un vero georadar, hanno indagato il primo sottosuolo del sito, hanno assistito all’esplorazione diretta del terreno attraverso un sondaggio ed alla spiegazione del funzionamento di un drone. Il percorso didattico è durato un’ora e mezza ed è stato gestito in collaborazione con le cooperative Actl e Alis e con la supervisione dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, dell’università di Camerino, della direzione scientifica del Geolab.
Incrementare «Far vivere, in maniera scientifica, un sito come questo – ha detto Stefano Urbini dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – è una gran soddisfazione perché è un modo per condividerlo con i cittadini grandi e soprattutto con i più piccoli. Vedere i bambini che si divertono, che fanno domande, che sono così attenti, ci fa comprendere il successo di queste manifestazioni che andrebbero incrementate per il loro alto valore divulgativo».
Le difficoltà Sabato, dato il maltempo, è stato il momento per fare il punto sui primi risultati. «Abbiamo studiato il paesaggio e la sua complessa evoluzione – ha spiegato Marco Materazzi dell’università di Camerino – sia per i numerosi processi geomorfologici attivi che per l’azione, spesso non così evidente e manifesta, delle popolazioni che a più riprese ed in periodi diversi hanno occupato il sito di Carsulae». La difficoltà più grande «resta quella di attribuire un’età a tali processi, cioè di relazionare ad uno o eventualmente più periodi storici, gli eventi naturali di cui abbiamo riconosciuto le tracce. Ma stiamo cercando di arginare il problema con studi di dettaglio, indagini dirette e datazioni radiometriche di suoli e sedimenti».
La passione Infine, domenica, Federico Varazi – direttore scientifico del Geolab – e Massimiliano Gasperini – co-responsabile della ricerca archeologica -, hanno accompagnato un gruppo di visitatori attraverso il percorso fatto di carotaggi del terreno, pannelli illustrativi, sondaggi e approfondimenti archeologici. «E’ stato bello – hanno detto – vedere quanto quello che stiamo studiando affascini la popolazione al punto di non preoccuparsi della pioggia e del freddo. Tutti i partecipanti a questa tre giorni hanno dimostrato una grande passione per la scienza ma soprattutto per il territorio. È questo che ci motiva a continuare su questa strada, quella della divulgazione e della valorizzazione dei tesori come Carsulae che la nostra regione può vantare».