Castello San Girolamo, tutti assolti a sette anni dagli arresti

Terni – Sentenza di primo grado sulla vicenda dello storico immobile che aveva coinvolto nomi ‘eccellenti’ anche della diocesi

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Ad oltre 7 anni dagli arresti che fecero tanto scalpore, con accuse formulate dall’allora pm Elisabetta Massini decisamente pesanti, il tribunale di Terni in composizione collegiale (presidente Rosanna Ianniello, giudici Dorita Fratini e Marco Di Tullio) martedì ha assolto con formula piena (il fatto non sussiste) i sei imputati del processo relativo alla compravendita del castello narnese di San Girolamo. Gli assolti dall’unico reato rimasto in piedi – la truffa, dopo che si era partiti dall’associazione per delinquere, poi caduta – sono il notaio ternano Gian Luca Pasqualini (l’accusa aveva chiesto un anno ed un mese di reclusione oltre a 500 euro di multa), il dirigente del Comune di Narni Antonio Zitti (chiesto un anno ed un mese e 500 euro di multa) l’ex direttore dell’ufficio tecnico della diocesi di Terni, Narni e Amelia, Luca Galletti (richiesta di due anni e tre mesi e 1.000 euro di multa), l’ex economo della diocesi Paolo Zappelli (chiesti due anni e tre mesi e 1.000 euro di multa), l’ex sindaco di Narni Stefano Bigaroni (chiesta l’assoluzione) e la dirigente del Comune di Narni Alessia Almadori (chiesta l’assoluzione). Fra i legali difensori dei cinque figurano gli avvocati Elisa Esposito, Alessandro Ricci, Manlio Morcella, Luca Maori, Federico Olivo e Anna D’Alessandro. Precedentemente, era il novembre del 2018, un architetto del Comune di Narni, Alessandra Trionfetti, era stata assolta con formula piena dopo aver chiesto il giudizio abbreviato. Altre posizioni, fra cui quella dell’ex vescovo di Terni Vincenzo Paglia, erano state archiviate in fase di indagine. Secondo le accuse iniziali, la compravendita del castello si sarebbe realizzata «formalmente da parte della IMI Immobiliare e in realtà con utilizzo indebito di denaro della diocesi di Terni-Narni-Amelia». L’associazione per delinquere ipotizzata – finalizzata in primis alla truffa – sarebbe stata promossa dal Galletti e da lui organizzata insieme a Zappelli, Zitti e Bigaroni, con tutti gli altri coinvolti in quanto partecipanti. Ricostruzione caduta definitivamente con la sentenza di martedì.

Vincenzo Paglia

La lettura della vicenda

Non è un mistero che, pur archiviato, il processo vedesse come ‘convitato di pietra’ proprio monsignor Vincenzo Paglia. Perché Galletti e Zappelli, il primo per l’ambito immobiliare ed il secondo per quello economico finanziario, erano stati suoi stretti collaboratori durante l’episcopato ternano. Proprio l’archiviazione della posizione dell’ex vescovo di Terni-Narni-Amelia, in fase di indagini preliminari, aveva rappresentato il primo ‘terremoto’ per la tenuta dell’impostazione accusatoria. Poi ridotta, dall’iniziale associazione per delinquere, al reato di truffa. Tanto che in aula il pm Mazzullo – subentrata alla titolare Massini dopo la partenza di quest’ultima per il tribunale di Viterbo – aveva chiesto al tribunale di rilevare l’intervenuta prescrizione per l’ipotesi di turbativa d’asta e di assolvere gli imputati, nel merito, per tutti gli altri reati ad eccezione della truffa. Probabilmente decisiva, ai fini della sentenza emessa a Terni, la deposizione di Vincenzo Paglia nel corso del processo, avvenuta le scorse settimane. Interrogato dalla presidente Ianniello, a precisa domanda se si fosse sentito ‘raggirato’, l’ex vescovo di Terni aveva spiegato che lui aveva creduto fermamente nell’operazione-San Girolamo, avendo a cuore le sorti del territorio ed essendo affezionato a quell’immobile che aveva frequentato, da giovane parroco, insieme ai bambini delle colonie estive. Nel castello di Narni, Paglia aveva intravisto la possibilità di dare vita ad un centro convegnistico di tipo religioso e con finalità anche turistiche e ricettive. Una manna per i conti del Comune narnese, che chiudendo in pareggio il bilancio non avrebbe perso i benefici del programma europeo Puc, ed un’opportunità per la diocesi che avrebbe valorizzato lo storico edificio. Poi con l’andare dell’indagine, non se ne fece più nulla: Paglia lasciò Terni, si aprì anche un’inchiesta vaticana sui debiti lasciati a Terni (dagli iniziali 7/8 a circa 20 milioni) – che non evidenziò però il ‘plus’ patrimoniale di circa 50 milioni (da 15 a 60) in termini di immobili e opere d’arte legato al dicastero del presule di Boville Ernica – e a Paglia subentrò monsignor Vecchi, legato a correnti vaticane diametralmente opposte.

L’avvocato Manlio Morcella

Morcella: «Riconosciuta piena dignita all’operato di Paglia»

Netto il giudizio dell’avvocato Morcella, difensore di Galletti insieme al collega Ricci: «L’esito di questo processo – afferma – va oltre il verdetto di natura giudiziale. Verdetto giuridicamente inappuntabile anche nelle previsioni, stante l’autorevolezza del collegio e di chi lo presiedeva. Ciò a significare che l’assoluzione era tecnicamente scontata ma per conseguirla, ed è la cosa più difficile per gli avvocati, vi è la necessità che il giudicante l’avesse riconosciuta. Si va oltre il verdetto giudiziale – spiega Morcella – perchè assolvere Galletti significa convalidare a piena voce l’archiviazione già conseguita da monsignor Paglia nella fase delle indagini preliminari. E significa anche riconoscere a costui la dignità che gli è stata negata da voci disobiettive, che hanno favorito una terribile campagna di stampa contro di lui. Vi è da ricordare che Paglia ha lasciato la diocesi di Terni all’inizio del 2012 con un appesantimento debitorio di circa 10 milioni di euro ma con un apprezzamento immobiliare e artistico di circa 50 milioni, apprezzamento che è stato sempre oscurato dalle inchieste interne e dall’aggressione dei media». Così l’avvocato Ricci: «Attendiamo di leggere le motivazioni, ma già la formula assolutoria non lascia spazio ad equivoci, avendo il tribunale assolto tutti gli imputati, alcuni dei quali, ricordiamo, arrestati fase di indagine, ritenendo sussistente una prova positiva della loro totale innocenza».

Esposito: «Per la mia assistita finisce un’odissea lunga sette anni»

L’avvocato Esposito, difensore di Almadori, osserva che per la sua assistita «è stata la fine di un’odissea durata sette anni. L’assoluzione annidava negli incartamenti processuali, era giuridicamente pacifica, certamente auspicata, ma doveva essere riconosciuta dal collegio. L’attestazione da parte del tribunale di Terni dell’assoluta insussistenza, per tutti gli imputati, di condotte a rilevanza penale – spiega l’avvocato Esposito – riafferma la linearità e la trasparenza della condotta del Comune, della sua dirigenza e dell’amministrazione tutta, messa molto a dura prova dal clamore delle indagini e da un processo lungo, sofferto ed articolato».

Il sindaco De Rebotti

Il sindaco di Narni, Francesco De Rebotti, sottolinea di aver sempre «avuto due certezze che mi hanno accompagnato fino all’epilogo, per me naturale, della vicenda del castello di San Girolamo. La certezza della bontà, della correttezza istituzionale, dell’unico interesse per il bene della comunità del sindaco Stefano Bigaroni, dell’architetto Antonio Zitti , della dott.ssa Alessia Almadori e dell’arch. Alessandra Trionfetti. E l’assoluta certezza che il percorso del giudizio determina sempre la realtà dei fatti, restituendo l’immagine propria della correttezza dell’attività dell’amministrazione. Sono contento – chiude – che la comunità narnese la veda confermata e sono umanamente, prima che istituzionalmente, felice che questo lungo periodo di sofferenza si sia chiuso nel migliore dei modi per la stima che nutro nei confronti di persone che hanno sempre mostrato profondo attaccamento e spirito di servizio nei confronti dell’amministrazione e della comunità narnese»,

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