Ci vorranno cinque mesi, al massimo. Questo hanno promesso progettisti e rappresentanti istituzionali durante la presentazione agli abitanti di Castelluccio. Poi si vedrà – dal vivo – come sarà il famoso Deltaplano che nascerà al posto della cava abbandonata che affaccia sul Pian Grande. Forse non assomiglia a un deltaplano («a me sembra più che altro una ‘L’», ha detto l’architetto Francesco Cellini), ma di certo non sarà un centro commerciale, come pure era stato definito.
Come sarà Tre strutture, che ospiteranno 10 ristoranti (locali da 120 metri, 80 mq e 50mq) e un bar, per un totale di 1.560 metri quadrati, dove troveranno posto anche la Pro Loco, la scuola di volo, uno spazio per bancomat e servizi igienici, un info point per l’Ente Parco Nazionale dei Monti Sibillini. L’intera struttura sarà in acciaio e legno, avvitati, senza cemento o collanti. C’è un’area piana lasciata per i caseifici, che rientrano però in un altro progetto. Nel caso si decidesse di non realizzarli, l’area sarebbe recuperata come piccolo parcheggio, utilizzabile dai proprietari dei locali.
Non sarà per sempre La struttura deve essere temporanea, questo è il concetto che più viene ripetuto. A prescindere da quanto tempo rimarrà lì (20 anni, 30 anni: non si sa quanto può durare la ricostruzione di Castelluccio), ma l’importante è che non stia lì per sempre. Questa la paura dei cittadini. Questo il concetto che più preme sottolineare ai progettisti, che infatti lo ripetono ad ogni occasione: «Reversibilità e temporaneità sono concetti concreti – ha dichiarato a umbriaOn l’architetto Paolo Verducci, docente di progettazione architettonica all’università di Perugia – tanto concreti che sia i materiali che relative tecniche sono a secco e totalmente riciclabili». Con l’architetto Cellini, ha collaborato il Dipartimento di Ingegneria, I-Lab Smart City Design, con sede a Foligno).
Riqualificazione La struttura sarà installata in una cava dismessa, non sul Pian Grande (altro argomento che ha scatenato fiumi di parole sui social e non solo). Non solo, quindi, non sarà contaminata la famosa piana. Ma sarà riqualificata un’area potenzialmente dannosa per l’ecosistema, in quanto fonte di inquinamento. Anzi, nella scheda di sintesi si parla di «rinaturalizzazione del sito» e «miglioramento paesaggistico dei prospetti rivolti verso Pian Grande». Persino le altezze delle strutture – assicurano – saranno compatibili con il paesaggio.
Tetti a prova di scossa I ristoranti sono su due livelli e tutti avranno la vista sul Pian Grande: alcuni diretta, altri da sopra ai tetti della struttura che sta davanti. I tetti dovranno reggere un carico monstre di 700 chili al metro quadrato, che in teoria potrebbe assorbire nevicate, folate di vento e persino una eventuale scossa sismica. Inizialmente il progetto prevedeva che le strutture avessero i tetti pendenti nello stesso verso. Poi i progettisti si sono resi conto che era necessario proteggersi dal vento, quindi hanno creato una struttura l’area dal vento, si è scelto di orientare i tetti in modo tale da ‘proteggere’ lo spazio interno, dove nascerà una specie di piazzetta.
Lenticchie sui tetti Il tutto è ricoperto da uno strato di terra e prato, dove nascerà erba di Castelluccio, «ma non è escluso che ci si possano coltivare lenticchie anche lì», si sente dalla platea durante la presentazione. Il pacchetto ‘terra-erba’ è termicamente molto efficiente sia per l’estate che per l’inverno. C’è poi un’impiantistica interna con camini unificati molto grandi che permettono di gestire le varie cappe delle cucine.
Tutti uguali La tipologia e la dimensione di ciascun ristorante sono state concordate con i proprietari. Ogni ristorante avrà: un doppio affaccio con sala passante aperta verso valle e verso monte; un blocco cucina con un angolo-tavolo sporgente verso la piazza interna per fast food; uno spazio esterno (verso valle) di eguale spessore per mangiare eventualmente all’aperto; una identica dotazione di servici tecnici (a parte i ristoranti da 50 che hanno i bagni esterni in unico blocco).
I dubbi chiariti e quelli no Queste le risposte a molti dei dubbi sollevati. Altri sono rimasti però senza risposta. O almeno senza la risposta che i più scettici si aspettavano, in particolare sull’estensione e sull’impatto visivo e ambientale dei parcheggi (passaggio che ha provocato il momento più acceso del dibattito) e poi sul disagio che arrecheranno le opere di urbanizzazione. I ristoranti avranno bisogno di reti idriche e fognarie, corrente elettrica, linea internet. Insomma tutto quanto serve per gestire una attività commerciale nel ventunesimo secolo. In tal senso le risposte sono state più vaghe, ma unite da uno stesso ‘filo rosso’: non si può assicurare che non ci sarà impatto ambientale, ma – assicurano i progettisti – l’impatto sarà comunque inferiore rispetto alle soluzioni alternative che erano sul tavolo. A tutti i ristoratori e a molti abitanti di Castelluccio va bene così. Da qualche parte e in qualche modo si deve pur ricominciare.