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Home » Commercio in Umbria: «Legge a luci e ombre»

Commercio in Umbria: «Legge a luci e ombre»

di Marco Torricelli
27 Ottobre 2016
in Apertura 5, Economia, Imprese, Lavoro
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
Giorgio Mencaroni

Giorgio Mencaroni

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L’approvazione delle modifiche ed integrazioni al Testo Unico del commercio, porta a casa alcuni sì e molti no da parte di Confcommercio Umbria.

Mencaroni «E’ vero che abbiamo scongiurato, anche grazie all’intervento deciso di Confcommercio, la deregulation totale sul fronte delle grandi superfici di vendita, che avrebbe avuto esiti fatali in una piccola realtà come quella umbra, ma è anche vero che dalle modifiche al Testo Unico del commercio – commenta Giorgio Mencaroni, presidente Confcommercio Umbria – sorgono ora almeno tre grandi problemi, che chiamano direttamente in causa le responsabilità dei nostri amministratori nei confronti di un comparto, quello del commercio appunto, che non è fatto solo di superfici destinate a questo scopo, ma, soprattutto, di sistemi di relazioni, vivibilità, servizi di vicinato al consumatore, sicurezza, infrastrutture e molto altro ancora. E’ fatto, insomma, del futuro che vogliamo vivere noi e dell’Umbria che vogliamo lasciare alle nuove generazioni».

I problemi In seno alla seconda Commissione consiliare, spiega Confcommercio, «aveva cominciato a maturare un percorso che nel giro di poco tempo stava portando dalla definizione di misure di rifinitura del testo, chieste dal governo per dare il suo imprimatur alla legge umbra, ad un vero e proprio maxi emendamento finalizzato ad abbattere ogni limite alla grande distribuzione, alla totale assenza di interventi di programmazione nel commercio umbro, alla scomparsa delle occasioni di partecipazione. Pur non avendo accolto questo percorso, le modifiche approvate dall’assemblea legislativa della Regione Umbria creano – insiste l’associazione di categoria – tre nodi importanti, che sono altrettanti problemi per una regione come l’Umbria: l’eliminazione dei limiti massimi alle nuove grandi superfici di vendita – fino a 15 mila mq per le strutture alimentari e fino a 20 mila metri quadrati per quelle miste; l’eliminazione dei vincoli alle superfici definite G2A, che prevedevano per le grandi strutture destinate al commercio alimentare un limite a 15 mila metri quadrati e di integrarsi in un centro commerciale rispondente a precisi requisiti: ora è saltato tutto e non c’è modo di governare questo comparto così strategico; sparito anche il concetto di incompatibilità territoriale, secondo il quale piccoli Comuni non potevano ospitare grandi superfici, per tutta una serie di prevedibili problemi, non ultimi quelli infrastrutturali: ora ognuno andrà dove vuole».

Le positività Se c’è un aspetto positivo, dice il presidente Mencaroni, «è che in consiglio regionale, finalmente, si è aperto un dibattito sui criteri per l’insediamento delle medie e grandi superfici di vendita, che la Regione avrebbe dovuto produrre dal 2014. Il vuoto di due anni ha fatto sentire i sui effetti, che avrebbero potuto essere anche più pesanti se la crisi non avesse allentato l’attenzione verso il settore distributivo. I Comuni, non avendo le spalle coperte da un quadro programmatorio certo, non hanno comunque potuto dire ‘No’, o dettare le loro regole. E’ ora positivo che il consiglio abbia impegnato la giunta a definire i criteri entro il 28 febbraio prossimo; giunta e consiglio che dovranno a questo punto ascoltarci prima di prendere decisioni così importanti per il futuro dell’economia della nostra regione».

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