Covid, fase 2: dubbi e tensioni all’incontro fra governo e regioni

Retroscena – Tesei battagliera nel corso dell’assemblea per chiedere regole uguali per tutti. Tensione per le fughe in avanti e per la scarsa chiarezza

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di P.C.

È stata una giornata convulsa, che ha avuto il suo acme a partire dalle 20.20, quando il premier Giuseppe Conte, con inconsueta puntualità, ha annunciato urbi et orbi le linee guida della fase due. Ma prima di arrrivare a sedersi davanti alle telecamere, l’avvocato pugliese ha sudato, e parecchio, per limare il testo del suo intervento, ancir prima del  Dpcm, recependo indicazioni degli stretti collaboratori che, a loro volta, dovevano tenere a bada gli enti locali e altri mille portatori di interesse.

QUI IL DECRETO UFFICIALE: PUNTI SALIENTI E DOCUMENTO COMPLETO

La cabina di regia

Con i rappresentanti dell’esecutivo Conte ci hanno parlato solo alcuni governatori, capitanati dall’emiliano Stefano Bonaccini, presidente della conferenza delle regioni (con lui il siciliano Musumeci e il lombardo Fontana), insieme a tre rappresentanti dei sindaci (c’era anche la Raggi) e altrettanti presidenti di provincia. Incontro alle 15 con il ministro della Salute Roberto Speranza e quello degli Affari regionali Francesco Boccia, che un po’ hanno ascoltato, ma soprattutto hanno illustrato le principali novità della fase 2 che sarebbero state inserite da lì a qualche ora nel nuovo Dpcm. Ma alle tre del pomeriggio le idee non erano chiarissime, tanto che c’è stata un po’ di confusione sia sui contenuti che sui tempi  di applicazione.

SPECIALE CORONAVIRUS – UMBRIAON

Il balletto degli orari

Che fosse in programma l’incontro con la cabina di regia degli enti locali lo sapevano tutti – era stato largamente annunciato – ma che ci fosse anche un’assemblea con tutte le regioni e che sia all’assemblea sia all’incontro col governo ci siano stati vari momenti di tensione, lo sanno ancora in pochi. Tanta confusione, fin dalla fase organizzativa: inizialmente programmata per le 19, l’assemblea è stata anticipata di un’ora quando si è diffusa la voce, poi confermata dal consueto post con la locandina e l’orario di messa in onda, che il premier avrebbe parlato in diretta al paese per annunciare le novità in vigore dal 4 maggio.

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Gli enti locali vogliono essere ascoltati

E già questo non è piaciuto: come se, a prescindere dalle istanze che venivano dagli enti locali, la decisione fosse già presa e il decreto già pronto. In effetti era così ma presidenti e sindaci si sono ritrovati a discutere sulla base di bozze, di indiscrezioni, di ‘si dice’ (tanto che fino a sera non è stato diramata alcuna nota con commenti ufficiali). E questa è la seconda cosa che non è andata giù. Perché da un lato gli enti locali vorrebbero essere tenuti in considerazione, magari con le proprie specificità (l’Umbria non può essere certo trattata come la Lombardia); dall’altro vorrebbero (meglio: avrebbero voluto) confrontarsi su punti fermi, su cose chiare anziché su ipotesi. Basti pensare che per tutto il pomeriggio si rincorrevano indiscrezioni sull’apertura anticipata, fin dal 27 o 28 aprile, di alcune attività (così, dall’oggi al domani) come l’edilizia residenziale pubblica, il manifatturiero e gli asporti, indiscrezioni su cui lo stesso Bonaccini rilasciava dichiarazioni, mentre di lì a pochi minuti Conte avrebbe annunciato di far cominciare la fase due dal 4 maggio, senza anticipare nulla, dando solo la possibilità di effettuare attività propedeutiche nel corso della settimana precedente.

Troppe limitazioni all’Umbria

Chi ha assistito, alla riunione, parla di una Donatella Tesei molto nervosa e al tempo stesso combattiva nel far presente che su determinati aspetti una piccola regione al centro dell’Italia dove si sono avuti pochi contati e dove il virus circola assai meno che altrove non possa essere messa sullo stesso piano e costretta alle stesse limitazioni di Lombardia e Piemonte, tanto per fare due nomi. Al tempo stesso, però, c’è la perplessità nel constatare che territori vicini (come ad esempio la Regione Toscana) abbiano già messo in atto provvedimenti meno restrittivi rispetto a quelli del governo (si pensi alla fuga in avanti sul cibo da asporto o sugli orti sociali).

Il minimo comune denominatore

Così, alla fine, si è dovuto trovare una quadra, fermo restando che i presidenti di Regione hanno una loro minima autonomia, così come i sindaci e i presidenti di Provincia, ma che questa autonomia può esercitarsi solo in un verso: aumentare le restrizioni, non allentarle, come invece invocano imprenditori e cittadini e come sarebbe (stato) lecito aspettarsi per l’Umbria, considerando il trend dei contagi e la reazione delle aziende ospedaliere. Alla fine si è trovato un punto di equilibrio, un minimo comune denominatore, che inevitabilmente, stante il principio di prudenza, penalizza i territori in cui il virus circola di meno. E sarà uno dei concetti che la presidente dovrà spiegare bene nei prossimi giorni: perché l’Umbria trattata come la Lombardia?

Nessun commento ufficiale, ma un decalogo di ‘riflessioni’

Per tutto il pomeriggio i cellulari degli stretti collaboratori della Tesei sono stati tempestati di messaggi e telefonate. Fino a sera la risposta era che si aspettava di leggere il decreto sulla fase due (arrivato a mezzanotte inoltrata) per poi fare dei commenti ufficiali. Nel frattempo però qualcosa è venuto fuori: un elenco di temi su cui le regioni non ci vedevano chiaro (dall’approvvigionamento delle mascherine alle modalità con cui recarsi al lavoro, per chi ci andrà) e su cui si attendevano risposte prima dalla pubblicazione del testo ufficiale poi da successivi confronti con il governo. I prossimi sette giorni serviranno soprattutto a questo.

Al lavoro con il prefetto

Altra notizia filtrata da fonti ufficiali è l’appuntamento – fin dalle prossime ore – fra la presidente Tesei e il prefetto Claudio Sgaraglia, in primis per analizzare il decreto e poi per stabilire linee guida in particolare per le attività che possono avviare fin da subito le famose ‘operazioni propedeutiche’ alla riapertura di lunedì prossimo.

 

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