Covid, con il lockdown ‘perso’ oltre il 16% del valore aggiunto

Terni – Si sono fermate quasi la metà delle imprese, ma i numeri sono meno negativi che nel resto della regione e d’Italia

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Nell’ultima parte del 2019, prima dell’inizio della crisi prodotta dalla pandemia di Covid-19, l’economia ternana ha mostrato segnali di lieve crescita in quasi tutti gli ambiti: imprese, esportazioni, mercato del lavoro e turismo. Poi è arrivata l’emergenza sanitaria che, nella prima parte del 2020, ha condotto alla sospensione delle attività produttive per circa la metà del complesso imprenditoriale ternano. Ora gli effetti negativi del lockdown saranno probabilmente visibili «per – almeno – il proseguo di tutto l’anno», anche se ad una visione oggettiva sembrano essere stati meno impattanti che nel resto dell’Umbria e d’Italia.

Tutti i numeri

È quanto emerge dal rapporto statistico ‘Indicatori dell’economia ternana’ realizzato dall’Osservatorio provinciale istituito in prefettura, composto da Istat, Arpal Umbria, Camera di commercio, Inps e Ispettorato territoriale del lavoro Terni-Rieti, con il contributo informativo della Banca d’Italia. Lo studio, oltre a illustrare il quadro economico aggiornato al 31 dicembre 2019, contiene un’appendice che analizza l’impatto dell’emergenza sanitaria nelle provincia. Si rileva così che la sospensione dell’attività ha riguardato oltre 8 mila unità produttive (il 48% del totale), che impiegano 23 mila addetti (il 41,8%) e generano 3,8 miliardi di euro di fatturato (il 42,4% del livello complessivo) e 810 milioni di valore aggiunto (35,8%). Con riferimento ai principali macro-settori economici, i provvedimenti di chiusura hanno riguardato in maniera più pervasiva l’industria (58,9%). Al contempo, nel terziario l’incidenza delle unità locali che operano in comparti la cui attività è stata interrotta è del 45,2%. In merito ai principali settori di attività, la sospensione ha riguardato il 70% delle attività di costruzione (oltre dieci punti percentuali più elevata che nella manifattura), mentre tra i servizi ha superato il 90% nelle attività di alloggio e ristorazione. Quasi assente nelle attività professionali, tecniche e scientifiche. La sospensione dell’attività produttiva ha coinvolto maggiormente le unità locali più piccole e con una più bassa produttività. Infatti, il numero medio di addetti è pari a 2,9 in quelle sospese contro 3,7 in quelle rimaste attive mentre il valore aggiunto per addetto è di 34 mila euro nelle prime e di 44 mila euro nelle seconde.

Il confronto con il resto dell’Umbria e d’Italia

La provincia di Terni presenta comunque un’incidenza di unità locali che operano in settori sospesi inferiore di quasi due punti percentuali rispetto al dato regionale (49,7%) e di un punto percentuale rispetto alla media nazionale (49,1%). La differenza è più marcata se il confronto viene fatto in termini di occupazione o in relazione al valore aggiunto. Infatti, la quota di addetti che appartengono ai settori sospesi è più bassa, rispettivamente, di 4 e 2,5 punti percentuali rispetto al dato regionale e nazionale, mentre il valore aggiunto è inferiore di 4,3 e 5 punti percentuali. In contrapposizione, la provincia di Terni ha una quota più elevata di fatturato generato dai settori sospesi rispetto a quella umbra (42,4% contro 40,8%). Nel settore dell’industria è ancora più rilevante il divario tra la provincia di Terni e il complesso della regione e del Paese dove l’incidenza di addetti e di valore aggiunto dei settori sospesi è più elevata di quasi 10 punti percentuali rispetto alla provincia.

La situazione dei comuni

Una misura dell’impatto della pandemia sul rallentamento complessivo dell’economia nei quasi due mesi in cui le misure sono state in vigore, si può ottenere dal confronto tra il valore aggiunto delle attività sospese e il totale del valore aggiunto prodotto nello stesso anno di riferimento. In questo caso, nella provincia di Terni, l’impatto della mancata attività risulta pari al 16,6% di tutto il valore aggiunto provinciale. Anche secondo questa prospettiva la provincia di Terni risulta meno colpita rispetto all’intera regione Umbria e al complesso del Paese, dove la quota di valore aggiunto ‘sospeso’ è pari, rispettivamente al 18,1% e al 20,4% di quello del totale dell’economia. Quanto alla situazione nei 33 comuni della provincia, la sospensione delle attività ha avuto un rilievo minore nei principali centri della provincia (Terni, Narni, Orvieto e Amelia) coinvolgendo maggiormente i comuni più piccoli. L’impatto più negativo si è manifestato nell’area dell’orvietano – San Venanzo, Parrano, Castel Viscardo, Fabro e Monteleone d’Orvieto – e nell’amerino (Guardea, Lugnano in Teverina, Giove e Attigliano), soprattutto con riferimento alle attività dei servizi.

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