Covid, ristoratori allo stremo: c’è chi chiude, chi ridimensiona e chi… si ribella

In attesa delle nuove misure, si prepara per il 15 l’iniziativa #IOAPRO che però in Umbria ha scarso seguito. Domina la disillusione e la paura per il post pandemia

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di P.C.

In arrivo un’altra batosta per esercenti pubblici dal nuovo Dpcm, ma nei prossimi giorni ci sarà anche una eclatante scelta di disobbedienza civile. Alcuni aderiranno, molti altri però non se la sentono. E per tagliare le spese decidono di ridurre l’attività al minimo (perché non ne vale la pena) o addirittura di chiudere.

SPECIALE COVID – UMBRIAON

«Non conviene rimanere aperti fino alle 22»

Sia nel perugino che nel ternano tanti ristoratori vanno a casa prima delle 22, orario di serrata anche per asporto e consegne: «Non vale la pena – rispondono a chi chiede informazioni in merito – rimanere aperti fino a quell’ora per sfornare qualche pizza… spendiamo di più per tenere acceso il forno e pagare i dipendenti». Il fenomeno si è molto accentuato negli ultimi giorni: dopo le festività, nei giorni infrasettimanali, il calo di fatturato di pizzerie e ristoranti è sempre stato fisiologico. E di questi tempi si sente ancor di più. Complice il freddo e la paura di uscire. E allora c’è chi riduce l’orario e chi riduce i giorni di apertura, rimanendo chiuso dal lunedì al giovedì e provando ad aprire solo venerdì, sabato e domenica.

E addirittura c’è chi getta la spugna

«La Malafemmena, ristorante e pizzeria molto noto fra Perugia e Corciano, interrompe la sua ultra decennale attività causa Covid (e tutto quello che ne è tristemente conseguito. Speriamo che non sia un addio ma un arrivederci. Continuate a seguirci sui nostri canali social»: questo il messaggio con cui i gestori hanno annunciato la chiusura che, dopo un periodo comunque difficile, la pandemia e le relative restrizioni hanno fatto diventare inevitabile.

In tanti a rischio quando si ripartirà

Ma gli effetti più drammatici della crisi economica generata dalla pandemia – ci raccontano in tanti – si vedranno alla fine, quando, cioè, il governo ritirerà le misure di sostegno, il blocco dei licenziamenti e il divieto di sfratto. A quel punto sarà una catastrofe – per i gestori e per i lavoratori – perché si farà fatica a ripartire «ma al tempo stesso non ci saranno più gli aiuti che abbiamo adesso e che, in questa fase, riescono a tenerci quantomeno a galla». Quello sarà il momento più buio.

 

L’hastag #IOAPRO

Il tam tam è partito sui social con un hastag – #ioapro – e diverse pagine facebook che riproducono un volantino senza firma. L’obiettivo è coinvolgere i ristoratori ad una apertura generalizzata dal 15 gennaio, in barba alle misure anticovid. Una scelta simbolica di disobbedienza ma anche pratica: dopo i tanti soldi spesi per mettersi in regola (Ricordate? Distanziamento, plexiglass, percorsi rigorosi nei locali, dispositivi di potezione individuale, areazione etc.) li hanno fatti chiudere aggiungendo al danno la beffa. In queste ore si moltiplicano sui social i video di chi aderisce annunciando di aprire. Ma in Umbria, al momento, l’adesione sembra scarsa. «Le persone non escono – ci dicono in tanti – hanno paura visto l’aumento dei contagi; in più, rischiare una multa con conseguente chiusura dell’attività non ci sembra il caso».

Zangara (Horeca Umbria): «Ok la protesta ma no all’apertura indiscriminata»

«Sono d’accordo per farsi sentire e protestare – chiarisce via social Giobi Zangara presidenteregionale Fiepet Umbria e animatore del gruppo Horeca Umbria, nato col primo lockdown – ma sono contrario alla protesta che partirà in tutta Italia dal 15 gennaio con l’apertura di alcuni locali anche per cena indifferentemente dal colore della regione. Sono contrario perché non è giusto e servirebbe solo a metterci di nuovo contro e a prendere sanzioni e far prendere sanzioni ai nostri clienti. Continuo nel dire che la protesta maggiore adesso è non pagare più assolutamente le tasse, le utenze caricate di un mare di spese e richiedere i danni al Governo. L’aumento dei casi nonostante i tre mesi di chiusura – conclude Zangara – dimostra che ristoranti, bar, pub e via dicendo non c’entravano niente».

Ne perde la qualità

Altro aspetto molto  interessante è quello relativo alla qualità dei prodotti. «Avete fatto caso che nei menù fissi che si proponevano a Natale e a Pasqua non c’erano quasi mai prodotti freschi? Ad esempio l’agnello (che va preso fresco altrimenti ne perde) quasi nessuno lo ha servito. Idem per alcune tipologie di pesce nelle festività natalizie. Ciò accade perché, quando c’è incertezza, nel fare la spesa si considera anche l’incognita sui tempi di smaltimento dei prodotti. E allora si sfruttano i fondi di magazzino e si evita di prendere roba fresca di qualità».

La concorrenza dei supermercati

Infine, altro argomento molto dibattuto è quello dei negozi di alimentari che, giustamente, restano aperti ma che, di fatto, fanno concorrenza a ristoranti, trattorie, rosticcerie e pasticcerie, offrendo servizio di pranzo da asporto e di rinfresco, prerogative un tempo solo di chi per mestiere faceva ciò. «Il pranzo di Natale o il cenone di capodanno era possibile ordinarlo pure al supermarket… e allora perché un cliente dovrebbe rivolgersi a un ristoratore se può avere l’illusione dello stesso servizio ad un prezzo inferiore? Fra l’altro, se il supermercato non vende può smaltire in altro modo, noi invece siamo costretti a buttare tutto e allora anche il rischio è diverso». Una forma di concorrenza che, in periodi normali, veniva tollerata. Ma che durante la crisi pesa di più.

Granocchia (Confesercenti Umbria): «Troppa incertezza uccide il settore»

Giuliano Granocchia, presidente Confesercenti Umbria, ha lanciato un nuovo allarme intervistato in diretta a UmbriaTv, nel corso del telegiornale: «Un settore già in difficoltà ha subito il colpo di grazia non solo dal Covid e dalle misure restrittive, alle quali molti ristoratori si erano adeguati, ma a causa della incertezza che si vive giorno per giorno. È mai possibile che non si sappia mai se nel fine settimana si può aprire oppure no perché i colori delle regioni cambiano di giorno in giorno? È mai possibile che le misure vengono cambiate ogni volta? Io credo ci vogliano misure certe. Se bisogna chiudere si chiude, ma poi ci vogliono opportuni ristori sia ai ristoratori sia anche a tutti i lavoratori della filiera».

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