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Home » Covid, l’allarme degli infermieri: «Investire o sarà troppo tardi»

Covid, l’allarme degli infermieri: «Investire o sarà troppo tardi»

di Fabio Toni
17 Ottobre 2020
in Ambiente e salute, Coronavirus, In evidenza, Lavoro
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
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Riceviamo e pubblichiamo la lettera che il NurSind, sindacato delle professioni infermieristiche, ha inviato alla presidente della Regione Umbria Tesei, all’assessore alla salute Coletto e al direttore regionale della salute Dario in merito alla richiesta di interventi immediati, di fronte al ripetersi di alcune criticità, per affrontare l’emergenza pandemica Covid-19.

di Marco Erozzardi
Coordinatore regionale NurSind

NurSind vuole porre l’accento sulle innumerevoli criticità organizzative e gestionali, già presenti all’inizio della pandemia nel periodo di febbraio/marzo e che purtroppo, nonostante 4 mesi di tregua estiva data dal virus, sembra l’amministrazione non abbia affrontato. Ci troviamo di nuovo, a seguito del crescente numero di contagi e di ricoverati negli ospedali, a constatare che l’organizzazione ha falle ovunque e facciamo riferimento nella fattispecie: reparti per pazienti Covid approntati in 1-2 giorni, come a febbraio; posti letto di terapia intensiva aumentati solo di 7 unità rispetto ai 57 da voi annunciati a luglio 2020; assunzioni di personale sanitario pressoché pari allo zero o comunque assolutamente insufficienti; personale infermieristico che, per l’ennesima volta senza preparazione, si trova ad operare in reparti Covid positivi anche di terapia intensiva, provenienti da setting assistenziali completamente diversi ed assolutamente non omogenei; assoluta mancanza di potenziamento della rete territoriale dei servizi, con attività quasi totalmente dedicata allo screening Covid, tralasciando colpevolmente la parte dell’assistenza domiciliare a pazienti cronici dimessi dagli ospedali che necessitano di somministrazione a domicilio di farmaci, medicazioni, gestione device; carenza di dispositivi di protezione individuali importanti come i guanti monouso che mettono in pericolo l’erogazione di tante procedure assistenziali.

La popolazione sanitaria tutta, in primis gli infermieri (i quali debbono supportare e sopportare pressoché totalmente sulle proprie spalle, vista la possibilità di un loro utilizzo flessibile, la nuova emergenza e senza alcun riconoscimento economico aggiuntivo), si chiede esterrefatta come sia stato possibile passare questi 4 mesi di tregua pandemica senza produrre il benché minimo progetto riorganizzativo negli ospedali e sul territorio, senza avviare procedure rapide e produttive che portassero all’assunzione di personale infermieristico ed Oss. Sembra si affronti tutto come se fosse la prima volta. NurSind ha sollecitato più volte le carenze sulle quali intervenire, ha suggerito soluzioni fattive (come, a mero titolo esemplificativo, i tamponi drive-through già a marzo o l’espletamento del concorso per infermieri della Usl Umbria 2 e della azienda ospedaliera di Terni durante l’estate) senza essere ascoltato o, come nel caso dei tamponi in auto, presi in considerazione mesi e mesi dopo. Ha chiesto il potenziamento di personale infermieristico in tutte le aree sanitarie territoriali dedicate alla assistenza domiciliare infermieristica (adi) e alle cure palliative, per non lasciare senza servizi i cittadini bisognosi di cure a domicilio. Risposte nulle o appena accennate da qualche assunzione qua e là grazie alle norme emergenziali emanate dal governo all’uopo.

NurSind, come tutto il personale infermieristico che si onora di rappresentare, ha a cuore l’efficienza dei servizi tutti del Sistema sanitario regionale. Ma per renderli efficienti e non dannosi servono investimenti sul personale, su strutture malconce (vedere unità di terapia intensiva 1 azienda operativa di Perugia, riaperta oggi senza alcun adeguamento strutturale concreto); servono progetti e procedure chiare, approntate per tempo e non la mattina per il pomeriggio, serve formazione ed aggiornamento per rendere gli operatori davvero utili e non pericolosi. Serve soprattutto che ascoltiate l’urlo di dolore dei tanti professionisti che quotidianamente, senza paura e senza il mantello da eroi, chiedono di poter lavorare nelle giuste condizioni e con le giuste risorse per essere davvero utili al contenimento della emergenza sanitaria. Se i politici e gli amministratori, nazionali o regionali come le signorie vostre, non comprendono subito che senza un sistema sanitario davvero efficace ed efficiente si rischia di far affondare l’economia del Paese Italia, possiamo dirci sull’orlo del non ritorno. Capiamo come la regione Umbria, così come tutto il Paese, sia in difficoltà economica ma la sanità è l’unica possibilità di sopravvivenza di ogni altra attività. Se non si riesce a mettere in atto azioni concrete a tutela della salute del cittadino, ci troveremo a breve in un nuovo lockdown: questo significherebbe attività produttive bloccate ed economia regionale ed italiana in caduta libera.

Oggi abbiamo il coronavirus, ieri abbiamo avuto l’aviaria, domani chissà…dobbiamo mettere il sistema sanitario in sicurezza. In questi anni abbiamo avuto tagli netti in Italia nella sanità, basti pensare come negli ultimi 10 anni 12 mila non sono stati sostituiti. E ad oggi ne mancano 53 mila in tutta Italia. È ora di investire in risorse umane ed organizzazione valida, per non avere inutili e tardivi rimpianti.

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