Covid, parrucchieri ed estetiste di rabbia: «Noi chiusi mentre l’abusivismo dilaga»

Terni, la riapertura delle attività il 1° giugno scatena la polemica fra gli addetti del settore: «Eravamo pronti già da da ora»

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di Federica Liberotti

«La notizia della riapertura il 1° giugno mi ha lasciato un grande macigno al cuore. Eravamo pronte a riaprire tra pochi giorni con tutte le norme igieniche di sicurezza, come abbiamo sempre fatto, ma con ancora più accortezze». Lo sfogo è di Marta Anullo, titolare dell’Estetica Patho’s di via Merlino di Filippo, a Terni, una delle ultime categorie commerciali che, sulla base del decreto governativo del 26 aprile, torneranno a risollevare la saracinesca nell’emergenza coronavirus. Centri estetici e parrucchieri – 650 attività in tutta la provincia, oltre 900 gli addetti complessivi – si aspettavano di riaprire i battenti in tempi relativamente brevi (si vociferava tra l’11 e il 18 maggio), invece dovranno attendere, almeno chi ce la farà, ancora oltre un mese. Con il rischio, tra gli altri, che nel frattempo dilaghi l’abusivismo.

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L’attesa si allunga, il ‘nero’ avanza

«Vi chiedo con le mani al cuore in questi giorni – è l’appello della Anullo postato a caldo su Facebook – di dire no all’abusivismo, vi chiedo di aspettare la riapertura dei centri estetici e delle parrucchiere/i per una sicurezza vostra e dei vostri cari perché oltre alla mancanza di professionalità, alle norme igeniche, ecc… facendo venire in casa vostra le persone che oltretutto non rispettano le normative igienico sanitarie, rischiamo che il virus si propaghi di nuovo e sarà un incubo che non finirà mai e di conseguenza si prolungheranno le riaperture. Quindi aspettateci, noi torneremo più cariche di prima». Un appello condiviso da altre colleghe della stessa categoria, come Federica Vincenzi, una delle quattro socie del’Estetica Piume di via Murri. «Di certo non ci aspettavamo di dover attendere fino al 1° giugno – commenta -, così si favorisce l’abusivismo, noi nel frattempo siamo senza stipendio, con le spese di affitti, bollette e fornitori da affrontare. Intanto ci stiamo preparando a rifornirci di mascherine, visiere e copriscarpe, tutto l’occorrente per lavorare in sicurezza».

Intanto le spese corrono e i soldi non arrivano

Marta e Federica, come le colleghe, hanno visto sfumare gli affari della stagione migliore, quella in cui le clienti tornano a prendersi cura del proprio corpo in vista dell’estate. Eppure, assicura la prima, «avremmo saputo rispettare tutti gli standard di sicurezza, a maggior ragione ricevendo su appuntamento, anche con intervalli tra uno e l’altro per permettere la sanifazione». Si stava riorganizzando per la riapertura, tra messa a punto dell’agenda e misure di sicurezza, anche Paola Ciotti, titolare dell’Isola del sole, centro estetico con sedi a Cospea a Borgo Rivo e quattro dipendenti. «Ed invece è arrivata questa batosta – commenta -. È già un mese e mezzo che siamo chiusi e dovremo attendere altre cinque settimane, intanto le spese aumentano, gli affitti e le bollette continuano a correre, mentre i soldi della cassa integrazione ancora non si vedono. Con i 600 euro concessi dal Governo non ci pago neanche l’affitto». Ciotti ha tra l’altro anche un’attività di toelettatura per cani, «chiusa anche quella senza alcuna indicazione sul da farsi».

Umbria penalizzata: «Non siamo la Lombardia»

Non è diversa l’amarezza sul fronte dei saloni per parrucchieri. «Stiamo subendo una totale ingiustizia, sono arrabbiatissima per questa doccia fredda – commenta Francesca Budassi, titolare di Studio Moda Due, in via Tiacci -. Abbiamo tenuto botta per due mesi, ora ci stanno mettendo in ginocchio e non so, tra le attività più piccole, quante avranno la forza di riarprire. Il paradosso è che la nostra categoria è tra quelle più accorte a livello di sicurezza, perché sterilizzatori, asciugamani usa e getta, kimoni in tnt, almeno nei saloni professionali, già li usavamo. Intanto però il ‘nero’ non si è mai fermato e ora sta sguazzando. Lo Stato, che già si prendeva il 70% dei nostri incassi, di fatto ci ha licenziati, i pagamenti non sono stati bloccati e se non avessi dei soldi da parte non so come farei in questa situazione». A spaventare Ilaria Varazi del salone Hair Beauty di via del Centenario è soprattutto «il senso di smarrimento, non solo di fronte al rinvio dell’apertura, ma anche alla mancanza di notizie certe sulle misure che dovranno essere adottate, con il rischio di fare anche investimenti avventati. Siamo non solo fermi, ma anche impotenti. E poi, soprattutto, perché non si è pensato ad una differenziazione delle aperture per regione – si chiede -, non possiamo essere considerati alla stregua della Lombardia, qui si poteva ripartire».

Confartigianato in campo

«A livello nazionale la nostra associazione ha già sollecitato un intervento nei confronti di queste categorie – spiega Michele Medori, direttore di Confartigianato Imprese Terni -. Comprendiamo l’emergenza sanitaria e la necessità di una modulazione delle aperture, ma crediamo che il 1° giugno sia troppo tardi. La beffa, tra l’altro, è che si tratta di un lunedì, il giorno seguente è un festivo, dunque non si riprenderà prima del 3 giugno. Chiederemo con forza che venga rivista questa decisione, perché di fronte alla mancanza di liquidità e ai costi che non si fermano qualche attività rischia di rimanere chiusa anche dopo il 1° giugno. In più, con la riapertura della mobilità, si scatenerà ulteriormente il problema dell’abusivismo, già difficile da contrastare anche in condizioni di normalità».

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