Crescita moderata per l’economia dell’Umbria

Aggiornamento congiunturale della Banca d’Italia: bene esportazioni e fatturati, non gli investimenti. Commercio e turismo in chiaroscuro. Lavoro statico

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Un’economia che cresce a ritmo moderato e su cui pesano le incertezze nazionali e internazionali. Di positivo c’è l’aumento di ordini e fatturati per l’industria – piccole e medie imprese incluse – a fronte però di una frenata negli investimenti. Bene le esportazioni – in particolare abbigliamento e macchinari – così come i servizi, anche se il commercio soffre sul fronte delle vendite al dettaglio. Altri elementi che fanno tirare un sospiro di sollievo vengono dal turismo – ormai a livelli prossimi a quelli prima dei terremoti del 2016 e 2017, ma non nelle zone colpite – con le strutture extra alberghiere in netta ripresa. Male – ormai da anni – l’edilizia con il mercato che registra ancora poche compravendite. Infine l’occupazione, stabile ma peggiore della media nazionale, con un incremento delle assunzioni a tempo indeterminato.

L’ECONOMIA DELL’UMBRIA – SCARICA L’AGGIORNAMENTO DI BANKITALIA (NOVEMBRE 2018)

Crescita moderata

Questa la sintesi della ricerca sullo stato di salute dell’economia umbra, il cui aggiornamento è stato presentato martedì mattina nella filiale di Perugia della Banca d’Italia ed in particolare dal nucleo per la ricerca economica. «Nella prima parte del 2018 – è stato detto – l’attività economica in Umbria ha continuato a crescere a ritmi moderati. Gli ordini industriali sono aumentati con un’intensità analoga allo scorso anno (3,4%); dopo lungo tempo l’incremento si è esteso anche alle imprese con meno di dieci addetti (1,5%). L’andamento del fatturato, positivo in tutti i principali settori, è risultato migliore per le aziende orientate ai mercati esteri. Le esportazioni a prezzi correnti sono cresciute del 5,6%, più che in Italia (3,7%), grazie soprattutto alle maggiori vendite di macchinari e abbigliamento di lusso».

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Edilizia giù, commercio e turismo in chiaroscuro

«Nell’edilizia – ha spiegato Bankitalia – non si è ancora conclusa la lunga fase recessiva; circa quattro operatori su cinque prevedono un calo della produzione nell’anno, solo il 10% si attende un aumento. Il numero di compravendite di abitazioni, in aumento del 2,2% (5% in Italia) risulta ancora circa la metà dei livelli pre-crisi, in un contesto di ulteriore calo dei prezzi. Sono emersi segnali di miglioramento tra i servizi diversi dal commercio al dettaglio, dove la dinamica delle vendite è rimasta negativa, sia nel comparto alimentare sia in quello degli altri beni. I flussi turistici, in crescita del 18,4%, sono tornati su livelli analoghi a quelli registrati prima del terremoto, tranne che nei comprensori direttamente colpiti (Valnerina e Spoletino)».

Pochi investimenti, più utili

«Dopo un biennio di robusta crescita, il processo di accumulazione del capitale si è indebolito, anche per la maggiore incertezza sull’evoluzione del quadro congiunturale. Nell’industria gli investimenti per l’anno in corso sono previsti in calo e i piani per il 2019 sono improntati alla stazionarietà della spesa. Alla maggiore prudenza degli operatori hanno contribuito i timori sul possibile rallentamento dell’economia mondiale e sull’evoluzione del quadro interno e delle condizioni di finanziamento. La situazione reddituale del sistema produttivo regionale ha fatto segnare un miglioramento; la quota di aziende che valuta di chiudere in utile l’esercizio in corso è salita all’80%, una quota prossima ai livelli registrati prima della crisi. La liquidità delle imprese ha continuato a crescere».

Mercato del lavoro statico

«Nel primo semestre del 2018 l’occupazione è rimasta stabile, confermando un andamento peggiore rispetto al resto del paese. Tra i lavoratori dipendenti hanno peraltro ripreso ad aumentare le assunzioni a tempo indeterminato (19,6%). Il tasso di disoccupazione è sceso al 9,9% (11,1 in Italia), riflettendo il minor numero di persone in cerca di lavoro».

Credito per imprese e famiglie

«Pur in presenza di condizioni di offerta ancora favorevoli, la crescita del credito in regione ha perso vigore (dal 2,3 all’1,5%). Il rallentamento ha interessato i finanziamenti al settore produttivo, che nei mesi estivi hanno smesso di aumentare, e in particolare quelli alle aziende di maggiori dimensioni; i prestiti alle piccole imprese hanno continuato a flettere (-2%). La dinamica è rimasta invece solida per le famiglie (3,7%) per effetto dell’espansione ancora sostenuta del credito al consumo (9,1%); le erogazioni di mutui si sono stabilizzate in connessione con l’andamento poco vivace del mercato immobiliare. La qualità dei prestiti è nel complesso ulteriormente migliorata; il flusso di nuovi prestiti deteriorati è sceso su livelli analoghi a quelli precedenti la crisi (il 2,9% dei finanziamenti complessivi). Il miglioramento si è concentrato nel settore delle famiglie in cui si è registrato un nuovo minimo
(1,3%); tra le imprese invece si è rilevata una crescita (dal 4 al 4,2%), in particolare nel comparto manifatturiero».

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