di M.Lilla
L’edilizia è sempre più in crisi e l’allarme arriva dalle associazioni di settore che, riunite presso gli uffici di Ance Umbria, hanno voluto tracciare una linea tra l’oggi e il domani, tra quello che c’era e quello che bisogna fare perché il comparto non si disgreghi.
Più lavori pubblici Ad aprire la discussione il presidente di Ance Umbria, Massimo Calzoni, che con assoluta chiarezza ha illustrato quelle che sono le proposte concrete che per forza di cose devono interessare il sistema edile a livello nazionale: abbassamento delle tasse sugli immobili e ripartenza delle commesse pubbliche. Proprio su questo secondo aspetto si è poi concentrata l’analisi: «Dobbiamo fare in modo che – sottolinea Calzoni – i piccoli lavori d’appalto e di manutenzione restino in Umbria, così come è già previsto dalla normativa per le gare sotto un milione di euro».
Crisi nera I dati sono sconfortanti visto che negli ultimi anni solo in Umbria sono sparite più di 1500 imprese e quelle più a rischio, come spiegato nella conferenza stampa, sono proprio quelle più strutturate: senza commesse rischiano la chiusura immediata. I numeri parlano anche di un calo del 7% nel solo 2015 e una perdita di 2000 lavoratori dal giugno del 2012.
Responsabilità Sono proprio i piccoli appalti pubblici uno dei punti chiave. Le associazioni dei costruttori puntano il dito contro le amministrazioni e il loro modo di assegnare i lavori: «Se i funzionari non vogliono prendersi le responsabilità, facciano a meno anche degli stipendi da funzionari – ribatte Maurizio Giovannoni, presidente dell’Aniem Umbria -, non è concepibile che le amministrazioni non tutelino le imprese locali utilizzando metodi di assegnazioni per piccoli lavori come il sorteggio e aprendo le gare a qualunque soggetto nazionale. Il più delle volte tra le sorteggiate non c’è neanche un’azienda locale».
Costi di procedura Rincalza Calzoni: «Il paradosso sta in quegli appalti con costi bassi, esempio da 150mila euro, che risultano meno costosi delle procedure stesse per l’assegnazione, il più delle volte con più di 300 adesioni di cui la maggior parte non umbre. Resta incredibile visto che la normativa europea prevede questo e che la maggior parte delle regione e dei comuni italiani, con Bologna in testa, cercano di dialogare sempre più spesso con le imprese locali».
Manutenzione e monitoraggio I costruttori promettono anche di avviare un monitoraggio continuo sui lavori pubblici su tutto il territorio regionale, per cercare di capire come le opere assegnate non vengano quasi mai portate a termine: «Altro rischio è – racconta Calzoni – che i lavori appaltati a grani società di fuori, vengano subappaltati ad aziende locali a cui poi non vengono pagati i materiali e i lavori stessi. Altro punto è la manutenzione che, essendo cessione di manodopera, diventa difficile credere di poter affidarla ad un’azienda di fuori, dato che ci sarà bisogno di presenza sul territorio e sarebbe più facile trovare dei criteri che guardino di più al locale».
Riattivare gli investimenti Per i costruttori non è neanche un problema di investimenti visto che, secondo i dati citati dalle associazioni di categoria, molti sono i milioni di euro assegnati ma ancora bloccati per lavori in regione. «Se dobbiamo prendere per vero le notizie che arrivano dalla sovrintendenza – sottolinea Calzoni – i nuovi provvedimenti hanno bloccato 120 milioni di lavori. Poi ci sono i 48 milioni sul dissesto idrogeologico da spendere, 50 milioni dell’alluvione del 2012. Tanti soldi che ancora non sappiamo come e con chi verranno spesi».