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Home » Da Terni a Francoforte per studiare dinosauri. «Grandi scoperte da un guscio d’uovo»

Da Terni a Francoforte per studiare dinosauri. «Grandi scoperte da un guscio d’uovo»

di Fabio Toni
17 Aprile 2023
in Cultura, Dal territorio
Tempo di lettura: 4 minuti di lettura
Mattia Tagliavento

Mattia Tagliavento

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Una lunga sequenza di piccoli cambiamenti avvenuta in milioni di anni, un’evoluzione che ha trasformato un particolare gruppo di dinosauri, i teropodi, negli uccelli che vediamo oggi volare sul pianeta, unici sopravvissuti alla catastrofica estinzione. Parla anche ternano l’ultima ‘scoperta’ di un gruppo internazionale di ricercatori, guidato dalla Goethe University di Francoforte, in Germania, impegnato nello studio delle uova di Troodon, un dinosauro vissuto 75 milioni di anni fa in Nord America, molto simile agli uccelli moderni. Mattia Tagliavento, geochimico 37enne di Terni, ricercatore dell’ateneo tedesco con esperienze anche a Londra e Copenaghen, è infatti l’autore principale della ricerca, grazie alla quale è stato rivelato come questo animale carnivoro – lungo circa due metri, dotato di ali piumate, ma incapace di volare per le sue grandi dimensioni – fosse non solo a sangue caldo, come gli uccelli moderni, ma avesse anche un sistema riproduttivo simile a quello dei rettili moderni e un comportamento riproduttivo come gli struzzi moderni. Il lavoro è stato pubblicato online su un’importante rivista scientifica (PNAS – Proceeding of the National Academy of Science of the USA) qualche giorno fa.

La nuova ricerca

Analizzando con una tecnica innovativa il carbonato di calcio contenuto in alcuni gusci di uova fossili di Troodon, il team di ricerca – proveniente oltre che da Italia e Germania anche da Austria, Canada, Paesi Bassi e Stati Uniti, guidato dal dottor Tagliavento e dal professor Jens Fiebig della Goethe University – è riuscito a determinare con precisione la temperatura di questi dinosauri al momento della formazione delle uova. «Questi animali estinti – spiega Tagliavento – avevano una temperatura corporea di 42°C e che erano in grado di ridurla a circa 30°C, come gli uccelli». Rispetto agli uccelli, però, che hanno un unico ovaio, dunque possono produrre un solo uovo alla volta e devono farlo più rapidamente, dalle comparazioni degli scienziati è emerso ancora che «Troodon formava le sue uova lentamente, e implica che il suo sistema riproduttivo era più simile a quello dei rettili e quindi ancora costituito da due ovaie». I ricercatori hanno infine combinato i loro risultati con informazioni esistenti riguardanti il peso del guscio e del corpo di Troodon, deducendo che questo dinosauro poteva produrre solo da 4 a 6 uova per fase riproduttiva. «Questa osservazione è particolarmente interessante perché i nidi di Troodon sono solitamente di grandi dimensioni e contengono fino a 24 uova», spiega Tagliavento. «Pensiamo – continua – che questo sia un forte suggerimento che le femmine di Troodon deponevano le uova in nidi comuni, un comportamento che oggi osserviamo tra gli struzzi». Uno degli elementi più interessanti della ricerca è stato «proprio il contrasto fra alcuni caratteri più simili a quelli degli uccelli e altri più simili ai rettili nello stesso dinosauro».

Dalla Conca al Nord Europa

Per Tagliavento «capire la biologia e il comportamento dei dinosauri è sempre stata una grande sfida per i paleontologi perché i tessuti molli come la pelle o gli organi spesso non si conservano». «Il nostro approccio, il primo del suo genere – prosegue -, dimostra che anche le molecole di qualcosa di apparentemente irrilevante come un guscio d’uovo possono raccontarci la storia di come vivevano i dinosauri. E questo è un pensiero particolarmente affascinante» commenta il ricercatore, il cui curriculum è lungo e variegato. «Mi sono laureato in Geologia alla Sapienza – spiega lui stesso – con tesi in Paleontologia alla triennale e Sedimentologia alla specialistica. Poi nel 2016 mi sono trasferito a Copenhagen dove ho completato il dottorato di ricerca con una tesi sull’evoluzione climatica e geologica delle scogliere di Stevns Klint, parenti meno famose delle scogliere bianche di Dover in Gran Bretagna. Durante questi quattro anni c’è stato anche un periodo in visita, quattro mesi circa, all’Imperial College di Londra, dove ho imparato la tecnica che fa da base a quella applicata allo studio appena publicato. Ora sono in Germania alla Goethe University da circa due anni e mezzo e rimarrò qui almeno fino alla fine dell’anno». Il prossimo step del 37enne ternano non è ancora definito ma, c’è da scommetterci, avrà in serbo altre ricerche ugualmente particolari e affascinanti.


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