Un contributo di 35 mila euro, per l’anno 2017, è stato assegnato dalla Regione Umbria alla Usl Umbria 2 per proseguire e potenziare le attività del Centro di riferimento regionale per la sindrome da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD). Si tratta di un disturbo neurobiologico evolutivo, che include difficoltà di attenzione e concentrazione, di controllo degli impulsi e del livello di iperattività, spesso rappresentando un ostacolo nel conseguimento degli obiettivi personali.
I servizi per l’età evolutiva L’assessore regionale alla salute, alla coesione sociale e al Welfare, Luca Barberini, ricorda che «l’Umbria è sempre stata molto attenta verso tale problematica, per dare risposte efficaci ai bisogni dei minori interessati e alle loro famiglie. L’attività del Centro di riferimento regionale è stata recentemente potenziata, con più risorse umane e professionali, per migliorare l’assistenza e ridurre le liste di attesa e l’ulteriore contributo di 35 mila euro va in questa direzione». È stato inoltre avviato «un processo di riorganizzazione complessiva della rete dei servizi per l’età evolutiva, con l’obiettivo di costruire un nuovo modello regionale di assistenza nell’ambito della neuropsichiatria infantile, con particolare attenzione al passaggio tra l’età dell’infanzia e quella adulta. Si tratta di una fase di sperimentazione che, a partire dai risultati conseguiti dalla struttura di riferimento regionale, permetta di avviare un percorso sempre più qualificato di assistenza verso chi si trova in situazioni di maggiore fragilità».
Il Centro di riferimento regionale Per quanto riguarda l’attività svolta dal Centro di riferimento regionale per la sindrome ADHD, Barberini evidenzia che «ha preso avvio nel marzo 2015 e finora ha seguito circa 120 minori, di cui circa 100 nuove valutazioni e 90 controlli periodici, 60 in terapia farmacologica, 70 attraverso forme di coordinamento con scuole e insegnanti e altrettanti tramite colloqui con le famiglie. Sono infine state 26 le coppie di genitori inserite in percorsi di ‘parent training’ e 65 i docenti coinvolti nei programmi di ‘teacher training’”.
Gli psicostimolanti La Società italiana di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza ha divulgato recentemente delle linee guida, dalle quali emerge che gli psicostimolanti sono considerati a tutt’oggi la terapia più efficace per bambini, adolescenti e adulti con ADHD. Nella pratica clinica, per la maggior parte dei pazienti – dal 70 al 90% – questi medicamenti riducono in modo drastico l’iperattività e migliorano la capacità di concentrazione, sia nel lavoro sia nell’apprendimento, la coordinazione fisica e i vari tipi di abilità richieste negli sport. Migliorano anche il controllo di comportamenti impulsivi o distruttivi nei soggetti con disturbo della condotta.
La cura Nella sostanza, questi farmaci non curano il disturbo, poiché migliorano solo temporaneamente i sintomi e, seppur permettono di prestare attenzione non possono aumentare la conoscenza o migliorare le capacità scolastiche. Da soli i farmaci non possono aiutare a far sentire i pazienti interiormente meglio (anche se indirettamente possono aiutarlo) o a fornire quelle specifiche competenze necessarie per affrontare i problemi, ad insegnare delle abilità sociali o aumentare la motivazione. Per raggiungere questi risultati, e che durino nel tempo, sono necessari altri generi di trattamenti e forme di sostegno che, molti clinici, raccomandano di usare assieme al trattamento farmacologico.