Dopo i giapponesi, Terni a caccia di cinesi

Con i primi non è andata bene e adesso si prova con i secondi, ma sarà bene non dimenticare le lezioni ricevute – Il corsivo di Walter Patalocco

Condividi questo articolo su

di Walter Patalocco

Arrivano i cinesi. Sarà perché coi giapponesi non è andata un granché? La strategia adesso è cambiata. Allora si puntò soprattutto su San Valentino e sul Saint Valentine’s day. S’era pensato che in Giappone il santo degli innamorati “tirasse”. A conti fatti non sembra proprio che sia andata così bene.

Con una battuta si potrebbe dire che, considerati i viaggi promozionali compiuti sulla tratta Terni-Giappone, il saldo tra il numero dei ternani andati in Giappone ed il numero dei turisti giapponesi giunti a Terni, sia nettamente a favore del Sol Levante.

Con la Cina le cose dovrebbero andare un po’ meglio, a lume di naso. Se non altro perché i giapponesi sono tanti, ma i cinesi sono molti di più.

Ma non si può liquidare tutto con una considerazione lapalissiana e in fin dei conti banale. Va invece considerato che il turista lo “sente” se quel che vede e può conoscere è autentico e non un baraccone messo su apposta. Con tutta sincerità va accolto il turista specie se arriva da terre così lontane e così diverse.

Il turista, non solo quello cinese a un’accattivante tradizione importata (il St. Valentine’s day) preferisce la realtà delle cose, la cultura che c’è, con pregi e difetti. Vuole conoscere, entrare nelle particolarità di un territorio le quali certamente non mancano. Le zone incontaminate, ma anche quelle che sono state stravolte dall’opera dell’uomo; perché no?

Non è una tipicità ternana quel pezzo di Valnerina, habitat naturale un tempo ammiratissimo, poi aggredita, martoriata da una cava gigantesca, abbrunita dal fumo delle ciminiere, piegata all’industrialismo? E’ la storia di questa parte dell’Umbria. Una storia ricca, varia, che si perde lontano nei tempi. Fin nel buio della preistoria: dalle necropoli (San Pietro in campo e Pentima), ai siti archeologici romani (Carsulae) alla stessa che a quelle Romane affianca le testimonianze di un medioevo prima povero, poi ricco e turbolento; eccellenze artistiche, architetture moderne di pregio nate dalle mani di architetti come Bazzani, Ridolfi, De Carlo, Frankl, Portoghesi… E, infine, la prova provata di come la crudezza e la crudeltà della guerra siano in grado di stravolgere millenni di storia in pochi minuti, come è accaduto a Terni, ma senza riuscire a cancellarla quella storia.

Infine quella grande “stranezza” che è la cascata delle Marmore. Luogo incantato e terrificante, fenomeno unico che pare tanto un regalo della natura mentre invece, anche quella, l’ha fatta l’uomo, in tempi remoti applicando tecniche sofisticate, senza farsi intimidire dalle proteste di chi – ci sono sempre stati – teme le grandi sfide, le scelte coraggiose.

Se l’avessero avuta vinta coloro che temevano solo sfracelli, la cascata non ci sarebbe e forse l’acqua paludosa del Velino, intubata, sarebbe stata mandata sottoterra. Con quali esiti è meglio non pensarlo.

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli