Evasione, indagato 50enne di Foligno

È umbro uno degli indagati nella maxi inchiesta della guardia di finanza partita da Brescia: 20 in carcere, coinvolta mezza Italia. C’è pure un monsignore 90enne

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C’è anche un monsignore fra gli 85 indagati dalla guardia di finanza di Brescia nell’ambito dell’inchiesta su fatture false per oltre mezzo miliardo di euro, che riguarda mezza Italia e tocca pure l’Umbria. Gli arrestati sono 20, 15 in carcere e 5 ai domiciliari.

Coinvolta mezza Italia

Gli indagati risiedono nelle province di Brescia, Bergamo, Mantova, Milano, Roma, Parma, Perugia, Lodi, Modena, Reggio Emilia, Bari, Vicenza, Pavia, Napoli e Verona. Nell’elenco, imprenditori locali, faccendieri, ma anche professionisti: tre avvocati e due commercialisti sono stati arrestati e portati in carcere. Il monsignore – originario di Matera – è accusato di tentato riciclaggio per aver provato a favorire l’apertura di un conto corrente allo Ior, bloccato dalla polizia vaticana.

C’è anche un imprenditore di Foligno

Nell’inchiesta della procura bresciana – scrive il portale Rgu – figura anche un 50enne di Foligno che, secondo gli inquirenti, avrebbe aperto un conto corrente in una banca croata provando a trasferirvi i proventi riguardanti fatture false e crediti fittizi. E così avevano fatto gran parte degli indagati, utilizzando anche altri paesi stranieri come il Vaticano ma anche Slovenia e Ungheria.

Evasione continua, con la connivenza dei consulenti

«Da questa inchiesta emerge un connubio tra imprenditori e commercialisti con i professionisti che si sono messi a disposizione di progetti criminosi – ha detto il procuratore di Brescia Francesco Prete – il connubio tra imprenditori e professionisti conferma quanto sia necessario penetrare negli ordini professionali per scovare professionisti infedeli». Attraverso indebite compensazioni e fatture false, il gruppo portava all’estero milioni di euro che prima finivano sui conti correnti in Croazia, Slovenia e Ungheria e poi venivano riportati nel nostro Paese. Nell’indagine sono state determinanti le intercettazioni telefoniche, che ci hanno permesso di sequestrare fino a due milioni di euro a gente che arrivava all’estero per prelevare il denaro.

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