Fenomeno psicosette: «Distruggono le vite. Umbria a forte rischio»

Intervista a Marco Strano, ex poliziotto e presidente dello ‘Study Center for Legality, Security and Justice’. Che apre una sede a Castel Ritaldi

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di F.T.

«L’Umbria, come la Toscana, le Marche, l’Emilia Romagna e una parte del Veneto, è un territorio appetibile per le psicosette. Perché il livello della qualità della vita e quindi dei redditi è buono e perché, a differenza di aree del centro sud, la popolazione non ha quegli ‘anticorpi’ contro le truffe che consentono di sospettare subito che dietro una qualsiasi azione, ci possa essere un raggiro. E infine perché l’età media è alta, i risparmi non mancano, e i cittadini sono anche per questo più ‘attaccabili’, vulnerabili».

L’esperto

A parlare è Marco Strano, esperto di criminalità, psicosette, per anni in forza alla polizia di Stato – ora in pensione – e presidente dello ‘Study Center for Legality, Security and Justice’ (www.criminologia.org). Attraverso la realtà da lui fondata nel 2001, studia il fenomeno delle sette – da quelle internazionali a quelle locali – fornendo consulenze e soprattutto un sostegno tangibile a chi finisce nella ‘rete’, ai loro familiari. Persone che in molti casi finiscono per perdere tutto ciò che hanno – denaro, beni immobili, affetti – pur di seguire il ‘santone’ di turno.

Marco Strano

Cosa è una psicosetta

«La psicosetta – spiega Marco Strano – è un’associazione a delinquere, un’organizzazione criminale composta da più soggetti che usano una pseudo scienza, una pseudo psicologia, per avvicinare persone in difficoltà. Le vittime sono per la maggior parte segnate da problemi psicologici, reduci da lutti, da dolorose separazioni, che vivono in uno stato di profonda prostrazione e che anche per questo hanno bisogno di un sostegno, di essere rassicurate. L’illusione che gli viene data è di poter contare su strumenti, risorse mentali, per uscire dal proprio problema e controllare la situazione. Un po’ come certi maghi e cartomanti che rassicurano sul futuro ma, a differenza delle psicosette, chiedono molti meno soldi. Attraverso alcune raffinate tecniche di manipolazione, le psicosette convincono i propri adepti di poter avere il controllo della situazione, e quindi stare bene, soltanto finché restano all’interno del gruppo. Le persone finiscono per credere che questa sorta di benessere che provano, possono mantenerlo solo se seguono il percorso formativo indicato dal ‘guru’ – che può durare anni -, se frequentano i corsi in genere costosissimi, se restano fedeli al gruppo. Vengono convinti del fatto che allontanarsi significa non aver risolto nulla, dover ricominciare tutto da capo. E c’è chi, pur di restare, vende beni di famiglia, si indebita, perde tutto. Finendo sul lastrico e con più problemi di prima».

Il ‘love bombing’

Ma per far stare bene i propri adepti, le psicosette quali strategie usano? «Le vittime – prosegue Marco Strano – vengono ricoperte di attenzioni, lo chiamiamo ‘love bombing’. Se sul piano psicologico questi criminali non sono particolarmente raffinati, lo sono invece su quello dell’accoglienza. Perché chi attraversa momenti particolari della propria vita, ha soprattutto bisogno di ascolto, rassicurazioni, certezze e fiducia. Attraverso questo clima estremamente positivo e favorevole, ma finalizzato al progetto criminale, gli adepti sperimentano un benessere che in realtà non hanno e qui si instaurano le fobie di abbandono che ‘blindano’ l’appartenenza al gruppo. Le vittime sono, come detto, persone segnate da un’angoscia molto forte, a volte vivono quello che noi chiamiamo ‘periodo magico’: non si riesce ad accettare la realtà, rappresentata ad esempio da una malattia o un lutto, e ci si attacca a tutto. Anche alle cose soprannaturali e a chi ti illude che c’è la possibilità di risolvere il problema in maniera ‘magica’. Per di più, fra chi entra nelle psicosette ci sono persone che potrebbero curare benissimo le proprie patologie affidandosi a medici e psicologi, ma non lo fanno».

La ‘tela di ragno’

Per individuare e catturare le vittime, la psicosetta in molti casi punta su una tecnica definita ‘la tela di ragno’: «Spesso organizzano degli eventi, ad esempio convegni in qualche città oppure online, con argomenti generici che vanno dal benessere a come raggiungere un equilibrio. Appuntamenti gratuiti basati su titoli accattivanti, durante i quali vengono mandati dei messaggi simili ad ami da pesca. Chi partecipa per curiosità e non ha particolari problemi, in genere se ne va deluso. Anche perché il livello culturale di questi eventi è mediamente basso. Chi ‘abbocca’, invece, viene coptato in un ambito fatto di incontri più ristretti che, inizialmente, non sono accompagnati da richieste di denaro. Quelle arrivano più avanti e si parte di solito da piccole cifre, per poi salire. La pandemia ha consentito di organizzare meno eventi ‘in presenza’ e molto del proselitismo si è spostato online, così può capitare che un meridionale venga ‘agganciato’ da una psicosetta del nord Italia: non esistono più limitazioni territoriali».

La nuova sede di Castel Ritaldi

Perdere tutto

Fra i tanti casi trattati dal Centro Studi presieduto da Marco Strano, ce ne sono alcuni relativi a persone che hanno perso semplicemente tutto. «Il sistema dei corsi è quello più remunerativo per le psicosette – spiega – e chi entra in questa spirale, rischia di perdere davvero tanti soldi. In Umbria abbiamo trattato il caso di un imprenditore benestante, con un’attività fiorente, che ha finito per bruciare circa 400 mila euro in tre anni: impresa fallita, venduta la casa al mare, conti svuotati. Una famiglia distrutta. A Roma, in un ambito leggermente diverso, una donna anziana ha consegnato circa 400 mila euro ad una medium che, conosciuta in ospedale dove lavorava come infermiera, le aveva fatto credere che attraverso le sedute spiritiche avrebbe potuto mettersi in contatto con il figlio morto. Sedute del costo di circa 20/30 mila euro ciascuna: una quindicina in un anno le sono costate i risparmi di una vita e sul suo conto corrente c’erano rimasti soltanto 4 mila euro che la donna si era messa da parte per pagarsi il funerale. Sempre a Roma abbiamo affrontato il caso di una psicosetta che non sottrae soldi, ma lavoro. Si tratta di un gruppo, in realtà una società informatica e che realizza siti web, i cui adepti, per lo più giovani con competenze specifiche, vengono messi a lavorare anche 12 ore al giorno da una ‘santona’ che li tiene sotto scacco con strane meditazioni e che, grazie a loro, ha raggiunto un fatturato enorme».

Come opera il Centro Studi

Agire in un ambito opaco qual è quello delle psicosette, dove la collaborazione delle vittime è minima se non assente, è decisamente complicato. «Come Centro Studi – afferma il fondatore – abbiamo ricevuto segnalazione relative a qualche centinaio di casi, di cui solo una piccola parte trattabile. Chi si rivolge a noi sono soprattutto i familiari delle vittime, terrorizzati dal rischio di perdere tutto. A volte tentiamo di contattare direttamente l’adepto, se vive ancora con la sua famiglia, in maniera ovviamente riservata e molto discreta. Capita però che la persona ‘mangi la foglia’ e allora cerchiamo un ‘gancio’ che può essere un familiare, un amico di cui si fida, e lo utilizziamo per far arrivare dei messaggi che si fondano su tecniche psicologiche. A queste aggiungiamo, se ce n’è la possibilità, le nostre tecniche operative. La percentuale di successo, ovvero riuscire a portare la vittima fuori dalla psicosetta, è di circa il 10% in Italia. Il rischio di non riuscire a ‘salvare’ la persona è reale: quando hai finito i soldi, il ‘guru’ ti abbandona, ti butta via. Così le persone, già in crisi, si ritrovano ancor più provate e senza più risorse. Anche per questo andrebbe condotta, a mio giudizio, un’indagine seria e approfondita su alcuni suicidi, per comprenderne le cause, anche se dal punto di vista giudiziario non è affatto semplice». Sempre in termini di inchieste e lavoro che attiene procure e forze di polizia, le psicosette sono realtà molto difficili da far emergere e quindi ‘inchiodare’ sul piano giudiziario: «Gli inquirenti hanno pochi strumenti, d’altronde le vittime sono persone adulte che decidono autonomamente cosa fare con i propri soldi, convinte di agire per il meglio. Per questo non sporgono denuncia, e parliamo di reati su cui si può procedere solo con la querela di parte. La difficoltà operativa è quindi evidente e il lavoro degli psicologi è importante anche per convincere le persone a denunciare».

La sede di Castel Ritaldi

Lo ‘Study Center for Legality, Security and Justice’ conta sedi a Cagliari, Lecce, Parma e – ora – anche in Umbria, a Castel Ritaldi (Perugia). «Si tratta della sede che avevamo a Roma e che abbiamo deciso di trasferire in Umbria anche per la collaborazione riscontrata nell’amministrazione comunale e nella persona del sindaco. È uno spazio fisico minimamente deputato all’accoglienza ed al dialogo con le vittime e loro familiari che, anche per avere la maggiore discrezione possibile, avviene quasi sempre online. Anche a Castel Ritaldi contiamo di formare professionisti, avvocati, psicologi e qualche investigatore privato: figure che operano in convenzione con il nostro Centro Studi e che chiedono tariffe minime per svolgere il proprio lavoro. Atteso che la nostra consulenza è del tutto gratuita».

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