‘Gioco’ mortale su Tik Tok e nuovi pericoli: «Aiutiamo i genitori»

Augusto Pasini, neuropsichiatra infantile dell’Usl 2, dopo la tragica ‘Blackout challenge’ di Palermo: «Covid non ostacoli la prevenzione»

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di Federica Liberotti

«I genitori o coloro che si fanno carico della cura dei più piccoli hanno compiti nuovi, rispetto ai quali andrebbero aiutati a far fronte. Oggi un genitore deve tenere conto dei messaggi forniti dalla scuola e soprattutto dalla Rete. Il frangente che stiamo vivendo facilita l’utilizzazione del computer, di internet e dei social e può potenziare questi ‘giochi’». Ha provocato sgomento in tutta Italia la tragedia che, a Palermo, ha visto protagonista una bambina di appena 10 anni, morta mentre stava partecipando sul social Tik Tok al ‘Black out challenge’, una prova di soffocamento estremo. A cercare di capire i meccanismi che si nascondono dietro ad un dramma che apparentemente non ha spiegazioni – mettendo anche in guardia gli adulti – è il professor Augusto Pasini, coordinatore dei servizi di neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza dell’Usl Umbria 2.

Imitazione e competizione

«Bisogna innanzitutto tenere conto dell’età della bambina – spiega il professore -. Una persona così piccola ha una riduzione della valutazione delle conseguenze legate al gesto. La capacità di pianificazione delle conseguenze delle proprie azioni non è comparabile a quella di un adulto, prevale l’aspetto imitativo, del gioco e della competizione. In secondo luogo bisogna capire il contesto nel quale si è espresso questo gesto, che tipi di principi ha assimilato la bambina. Possiamo supporre che qualcosa non abbia funzionato a livello educativo». Dunque ci sono due risvolti: «Da una parte – sottolinea Pasini – la fase dello sviluppo psicologico ancora non è completa, ma è in formazione, per cui c’è una prevalenza della soddisfazione momentanea. Dall’altra ci sono gli aspetti più generali in cui è avvenuto il fatto, l’utilizzazione degli strumenti e della rete. Sicuramente questo epilogo lascia aperti molti interrogativi: è avvenuto tutto così all’improvviso o c’erano stati segnali? È l’espressione di una forma di disagio più generale oppure no?».

In Umbria pochi neuropsichiatri infantili

La pandemia sta ovviamente complicando le cose, ma anche per i professionisti del servizio di neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza dell’Usl Umbria 2 è fondamentale la prevenzione rispetto a comportamenti che possano sfociare in forme estreme o di disagio da parte di bambini e ragazzi. «Per questo – continua il professore – è importante intervenire con eventi che possano costruire momenti di aggregazione, anche al di fuori dei servizi. Ma c’è bisogno di promuovere attività di prevenzione pure nelle scuole. Il rapporto con famiglie, insegnanti e mondo della scuola è stato ridefinito dal Covid e tende a diluirsi, ma deve essere portato avanti». In questo contesto, non meno preoccupanti sono anche i fenomeni di istigazione al suicidio e, soprattutto, autolesionismo. «Un modo per scaricare la tensione interna a livello fisico – spiega ancora Pasini -, quando non si ha la capacità di farlo attraverso un processo mentale, frequente soprattutto nell’adolescenza. Una pratica piuttosto diffusa e di cui si hanno riscontri. Per questo bisogna svolgere azioni di prevenzione e intervento». Non che in Umbria sia semplice farlo. «Versiamo in condizioni non buonissime per tante ragioni – conclude il professionista dell’Usl Umbria 2 -, a partire dalla mancanza di neuropsichiatri infantili dovuta ai problemi di reclutamento di personale e specialisti (a causa dei concorsi disertati, ndr) e per l’assenza di una scuola di specializzazione. Spero la questione venga affrontata strutturalmente».

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