Giornale dell’Umbria, una storia già scritta

Dopo mesi di trattative, il quotidiano venduto ad appena 50 mila euro. Le tappe che, nel giro di quattro mesi, hanno portato alla liquidazione della testata

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L.P.

Cinquantamila euro. Tanto valgono 18 giornalisti, 9 poligrafici, 5 o 6 collaboratori, senza contare quelli fatti fuori appena qualche mese fa. Una firma da un notaio spazza via così, con una cifra irrisoria, tredici anni di informazione fatta per le strade, tra la gente, dentro le aule di giustizia o nei palazzi del potere.

Una voce messa a tacere Quella dei cinquantamila euro è solo il punto finale di una storia che, ripercorsa oggi a ritroso, fa quasi pensare sia stata messa in atto con un piano ben preciso: smantellare quella che, negli anni, si è venuta a configurare come una voce, preziosa, nel panorama dell’informazione locale.

La cessione Una data, il 27 agosto 2015. Inizia o, forse, finisce qui la storia del Giornale dell’Umbria, la testata rilevata nel 2003 da Carlo Colaiacovo, amministratore delegato della Colacem, società capofila del Gruppo Financo. Assieme a lui, dentro alla Geu 1819, la società editrice della testata, ci sono Ernesto Cesaretti, presidente del Cda di Scai; Giampiero Bianconi, amministratore unico Bifin e Giambaldo Traversini, presidente del Cda della TMM società cooperativa e direttamente riconducibile alla compagine eugubina. Con un buco di bilancio che, entro la fine dell’anno, avrebbe raggiunto 1 milione di euro, i quattro soci della Geu lo scorso 27 agosto si sbarazzano del Giornale dell’Umbria.

Il prezzo Da tempo erano noti i problemi finanziari della redazione di via Monteneri a Perugia. Lo scorso 21 maggio, infatti, la vecchia proprietà si era dichiarata disponibile a prendere in considerazione ‘eventuali manifestazioni di interesse promosse dalla redazione del giornale in ordine all’acquisto della testata’. Ma il prezzo da pagare è troppo alto: la rinuncia al Tfr per tutti i giornalisti. Lo stesso prezzo a cui potrebbero vendere il giornale a una cordata di imprenditori umbri, oltre 800 mila euro, forse addirittura un milione. Appena un mese dopo, è appunto il 27 agosto 2015, lo stesso giornale verrà pagato oltre il 90% in meno. Appena 50 mila euro.

La nuova proprietà Di fronte a un notaio, a Gubbio, Francesca Colaiacovo, presidente del Cda di Financo srl cede la sua quota della società Geu 1819, il 37,31%. La seguono Cesaretti e Bianconi, cedendo il loro 6,22% a testa e lo stesso Traversini che ne deteneva il 20,25%. Dall’altra parte del tavolo siede Giuseppe Incarnato, amministratore unico della GI.F.ER. Editori srl, una società già attiva nel settore dell’editoria. Lo stesso Incarnato indagato per il crac dell’Idi, l’istituto Dermopatico gestito dalla congregazione dei figli dell’Immacolata.

La Gifer Incarnato arriva quindi a Perugia con una squadra di top manager capitana dal presidente del Cda Luigi Giacumbo, ex Poligrafici editoriale e Giuseppe Ghezzi, amministratore delegato. Aria di cambiamenti sin da subito in via Monteneri, con l’arrivo del nuovo direttore Luigi Camilloni, già direttore dell’agenzia AgenParl dal 2009, che prende il posto di Giuseppe Castellini, al Giornale dell’Umbria dal 2006. Ma anche con l’espressa volontà di rinunciare ai contributi del fondo per l’editoria, decisione, questa, motivata sulla base delle indubbie capacità manageriali del nuovo team che avrebbe dovuto risanare i conti e le sorti della testata nel giro di qualche mese.

Fondi pubblici Ma come è possibile, di fatto, rinunciare ai fondi pubblici dopo che per più di dieci anni il giornale è sopravvissuto proprio grazie a questi? Una cifra che, si stima, si aggira intorno ai 20 milioni di euro e che, negli anni, ha permesso di mantenere in vita il giornale, pagare gli stipendi e garantire l’uscita in edicola tutte le mattine. Ma, nonostante i fondi, il buco in bilancio è grosso.

Le iniziative Con la Gifer al giornale iniziano i cambiamenti. Una mattina di ottobre, all’insaputa dei redattori, la nuova direzione mette in atto quella trovata – definita dalla stessa geniale – della ‘Caccia all’errore’ in cui si invitano i lettori a segnalare refusi o errori per accaparrarsi un abbonamento al quotidiano. Seguono lo stravolgimento del timone, in cui le pagine nazionali vengono spostate dal fondo del giornale fino alle prime pagine; il lancio di nuovi periodici, con ingenti costi per la pubblicazione e lo spostamento dei giornalisti senza il previo consenso del comitato di redazione; l’utilizzo dei dipendenti amministrativi all’interno della redazione; la fine anticipata del contratto con l’agenzia di service sportivo; la ‘curiosa’ trasformazione di marchi per pubblicità di fantasia e la quasi totale assenza delle notizie dei comprensori, punto di forza del giornale per molti anni; dopo aver interrotto via mail una decina di rapporti lavorativi con giornalisti che hanno collaborato al Giornale dell’Umbria per più di dieci anni.

Lo scontro I redattori non ci stanno, iniziano le proteste, le assemblee, lo stato di agitazione si trasforma in sciopero, dalle pagine del quotidiano spariscono le firme. E poi la questione degli stipendi. L’ultimo, a dicembre, è stato pagato con i contributi statali del 2014. Ma quelli dei mesi precedenti, da quando si è insediata la nuova proprietà, sono stati pagati direttamente da Gubbio, grazie a un contratto pubblicitario firmato con Financo.

Le colpe E allora, ripercorsa a ritroso, la vicenda che ha visto il Giornale dell’Umbria morire, in silenzio, nel giro di appena quattro mesi, con la messa in stato di liquidazione avvenuta lunedì scorso, lascia molti interrogativi. Forse la colpa non è solo di scelte imprenditoriali sbagliate, magari azzardate? Forse, qualcuno aveva già previsto tutto e questa era una storia già scritta.

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