Grandi atenei statali, Perugia ancora al top

Classifica Censis di Repubblica: l’università perugina davanti a Pavia e Parma

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Servizi (mense e alloggi), borse di studio, strutture (aule, biblioteche, laboratori), comunicazione e i servizi digitali, i laureati occupati dopo un anno e l’internazionalizzazione. Sono i sei indicatori presi in considerazione per la valutazione delle università italiane e che vede Perugia confermarsi al top tra i grandi atenei statali da 20 a 40 mila iscritti: si tratta della classifica Censis pubblicata lunedì su Repubblica.

Foto Repubblica

Perugia davanti a tutti

L’ateneo perugino chiude con un punteggio di 92,7 con il miglior dato (110) legato a comunicazione e servizi digitali; il peggiore (85) è invece legato all’occupabilità. Sul podio si posizionano Pavia con 90,3 e Parma con 90. A chiudere la graduatoria – sono 17 le università in questa categoria – c’è Messina con 75,5. Per quel che concerne le altre strutture (divise per numero di iscritti) spiccano Bologna (mega, oltre 40 mila studenti), Trento (medi), Camerino (piccoli) e Milano (politecnici).

«Un successo per l’Umbria»

«Le classifiche – commenta il Magnifico rettore Maurizio Oliviero – sono sempre uno strumento delicato e per forza di cose parziale, ma due elementi emergono chiaramente dalla lettura dei dati. Il primo è che l’ateneo ha saputo gestire una situazione di crisi con rapidità e competenza. Il secondo, non meno importante, è che il senso di responsabilità, l’attenzione al benessere collettivo e un sincero impegno verso il territorio premiano tutti gli attori coinvolti, istituzionali e non. Questo non è un successo solo per l’ateneo, ma per l’Umbria intera e i suoi abitanti. In questi ultimi mesi l’università ha dovuto prendere delle decisioni importanti e innovative e, grazie a un grande lavoro di squadra che ha coinvolto docenti, personale amministrativo, tecnico e studenti, queste scelte si sono rivelate efficaci, dimostrando che è nelle crisi che emerge la competenza e si definisce il progresso per gli anni a venire».

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