
Esile e gracile, ma con una voce in grado di abbattere i muri. E’ arrivata poco dopo le sette di sera, accompagnata dai volontari e rappresentanti dell’associazione Antigone, Ilaria Cucchi, sorella di Stefano e portavoce di una lunga battaglia giudiziaria alla ricerca della verità dopo la morte in carcere del fratello, ormai nove anni fa. Assieme a lei anche il sindaco Giuseppe Germani, assieme agli assessori Andrea Vincenti e Roberta Cotigni, la presidente della Regione Catiuscia Marini.
La premiazione al festival

Si è aperto così ‘Diritti a Orvieto – Human rights international film festival’, la manifestazione dedicata al documentariato sociale che dopo alcune edizioni a Todi è dovuta ‘emigrare’ a Orvieto «per evidenti motivazioni politiche», come ha spiegato in apertura il direttore artistico Alfredo Borelli. E l’associazione Antigone, che si batte per garantire i diritti nel sistema penitenziario, ha scelto proprio il festival dedicato ai lungometraggi e ai corti sul tema dei diritti umani per premiare Ilaria Cucchi e il film dedicato alla storia del fratello, il geometra romano morto dopo 6 giorni di carcere e un brutale pestaggio in caserma nel 2009, che sarà proiettato domenica sera durante la serata conclusiva del festival.
«TROPPI STEFANO IN TUTTO IL MONDO» – L’INTERVISTA A ILARIA CUCCHI
Il film ‘Sulla mia pelle’

«Un film non militante, non manifesto, ma sobrio di una storia italiana che grazie alla forza di Ilaria Cucchi e dell’avvocato Anselmo è uscita fuori dal silenzio. Il premio è anche per loro perché sono testimoni di diritti umani». E’ questa la motivazione con cui i rappresentanti di Antigone hanno voluto omaggiare Ilaria Cucchi del premio, una targa, che sarà consegnata anche al regista del film Alessio Cremonini, che ha diretto ‘Sulla mia pelle’, interpretato dal talentuoso Alessandro Borghi. «Ilaria è un Antigone al contrario – ha spiegato l’avvocato Paola Bevere, dell’associazione Antigone, durante la consegna della targa – e per aver contribuito alla realizzazione di questo film, per il coraggio suo e del legale Anselmo, perché senza di loro non solo il film non sarebbe stato girato, ma non saremmo neanche arrivati a questo punto, cioè quello in cui la verità sta finalmente venendo fuori, abbiamo deciso di premiarla oggi. Dopo nove anni di battaglie e in un momento storico in cui si minaccia di eliminare il reato di tortura, a fatica inserito nell’ordinamento penale, la sua tempra deve essere da esempio per tutti».
Una battaglia lunga nove anni

«Ricordo che non ebbi il coraggio di entrare, sentii solo le urla e i pianti dei miei genitori. Poi quando mi affacciai ricordo che continuavo a fissare mio fratello, cercando di trovare un dettaglio, qualcosa che mi facesse capire cosa fosse successo. Sei giorni prima stava bene, era vivo, camminava sulle sue gambe. Ora era lì, sdraiato, mi chiedevo chi poteva essere stato in grado di ridurre in quella maniera un altro essere umano. Oggi chi lo sappiamo, il perché invece è una delle tante domande che credo rimarranno senza risposta» racconta Ilaria nella sala del cinema Corso gremita di persone. Così esile che non sembra quasi possano uscire dalla sua bocca parole così forti, taglienti. «Mio fratello è morto di carcere, morto di giustizia. Quante volte lo abbiamo dovuto difendere, ecco io credo che questo film restituisca dignità a lui come persona, come essere umano, coi sui difetti, anche. Guardatelo e fatevi delle domande: racconta la storia di un ragazzo di 31 anni morto nella privazione dei diritti. Morto di solitudine perché nessuno è stato in grado di trattarlo per quello che era, cioè un essere umano».
Diritti umani non sacrificabili
«Quelle che prima sentivo come amiche, come vicine, le istituzioni, avevano fallito, come noi. Nelle aule di giustizia tante volte ho pensato che non ce l’avrei fatta, mi veniva voglia di alzarmi mentre sentivo che si stava facendo un processo a lui. Invece, non certo da sola, ma grazie a tutti, all’avvocato Anselmo, alla mia famiglia, alle persone che ci sono state vicine, all’associazione Antigone, siamo andati avanti affrontando tanti momenti difficili. E in questo momento politico, preoccupante, conoscere la storia di Stefano e divulgarla è quanto mai necessario, per i tanti, troppi Stefano Cucchi che, oggi, subiscono soprusi nel disinteresse totale, perché i diritti umani non sono mai alienabili, per nessuno, soprattutto i più deboli».