Inquinamento, Terni ancora tra le città peggiori d’Italia

Il dossier Mal’Aria di Legambiente, nel 2019 la Conca ai livelli della Pianura Padana. E il 2020 non promette bene

Condividi questo articolo su

di F.L.

Terni ai livelli delle grandi città del nord Italia. Ma non sul fronte economico e industriale – come si potrebbe sperare – bensì su quello dell’inquinamento. A dirlo è Mal’aria, il report annuale di Legambiente sull’inquinamento atmosferico in città, che nell’edizione 2020 scatta una triplice foto sul nuovo anno (che si è aperto con comuni in codice rosso), sul 2019 e sul decennio alle spalle. In Umbria i dati confermano l’emergenza cronica, in particolare per quanto riguarda polveri fini e ozono dell’aria, non solo nella città dell’acciaio ma anche a Città di Castello, Foligno e Perugia.

La classifica: è allarme ozono

Terni, in particolare, è tra i 54 capoluoghi di provincia che nel 2019 hanno superato il limite previsto per le polveri sottili (Pm10) o per l’ozono (O3), stabiliti rispettivamente in 35 e 25 giorni nell’anno solare: 47, infatti, gli sforamenti dei limiti di legge proprio per quanto riguarda l’ozono, soprattutto nel periodo estivo, il 22° peggior piazzamento in Italia. Terni è anche tra le 67 città che, nei 10 anni di campagna di Legambiente ‘Pm10 ti tengo d’occhio’, almeno una volta sono entrate nella speciale classifica, superando i limiti 9 anni su 10 (al pari di città del nord come Piacenza, Bergamo, Ferrara, Monza, Parma).

Le altre città umbre sotto la lente

Non si preannuncia buono sul fronte dell’inquinamento neanche il 2020: secondo le rilevazioni di Arpa aggiornate al 20 gennaio gli sforamenti delle quantità limite di Pm10 dall’inizio dell’anno a Terni sono avvenute 17 volte in 20 giorni – anche in questo caso un dato simile alle città del nord -, a Città di Castello 15, a Foligno 13 e a Perugia 10. E finché non piove il bilancio peggiora, giorno per giorno. «Ovviamente in ciascuna città, il peso delle differenti sorgenti cambia – commenta una nota di Legambiente Umbria -, ma uno studio del 2016 di Arpa Umbria ha provveduto a identificare le sorgenti delle polveri Pm10 di queste quattro città e il peso di ciascuna sulle quantità di polveri emesse. Così sappiamo ad esempio che a Perugia e a Terni la fonte principale di polveri è il traffico dei mezzi a motore, mentre a Città di Castello sono gli impianti di riscaldamento (in particolare la combustione di biomassa) a costituire la fonte principale di polveri».

Legambiente Umbria: «Piano regionale di qualità dell’aria disatteso»

«Sappiamo quasi tutto del problema, eppure non facciamo nulla – continua Legambiente -. La risposta tipica di molte amministrazioni comunali, di fronte alle denunce di associazioni e cittadini preoccupati, sono sempre evasive e deresponsabilizzanti: ‘è colpa del tempo perché non piove mai… è così ogni anno e quindi non è colpa di questa amministrazione… è colpa delle amministrazioni precedenti che non hanno fatto niente…’. Questo un esempio del campionario di scuse messe in campo dagli amministratori pubblici, un campionario scadente e irritante quasi quanto l’aria che siamo costretti a respirare in questi giorni. In realtà oltre al rispetto delle prescrizioni emergenziali, a cui peraltro mancano quasi sempre controlli efficaci per l’effettiva applicazione, ai sindaci sarebbe chiesto anche di attivarsi finalmente anche su interventi strutturali, come diverse associazioni chiedono da tempo in tutte le città della regione, interventi che – conclude l’associazione ambientalista – sono poi peraltro anche quelli previsti dallo stesso Piano regionale di qualità dell’aria. Puntualmente disatteso».

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli