«La DAD non è scuola, e quei volti fissi e inespressivi…»

Umbria – Il racconto di Monia Grassi, insegnante di lingue in una scuola media di Perugia: «È uno dei prezzi della pandemia. Difficile anche per gli insegnanti: povertà educativa»

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di Simona Panzolini

La scorsa settimana il ministro dell’istruzione Lucia Azzolina, intervistata nella puntata di ‘Tutti in classe’ di Radio1 Rai, ha dichiarato che «gli insegnati sono fondamentali dal punto ti vista emotivo» nella didattica a distanza, conosciuta ormai con la sigla DAD. Esattamente ha detto che «il problema della didattica a distanza non è la valutazione, ma stare vicino a dei ragazzi che in questo momento sono smarriti, che vanno sostenuti, che vanno rassicurati, perché hanno perso i loro punti di riferimento, non hanno più la routine che avevano prima e alla quale si affidavano. Gli insegnanti per loro in questo momento sono fondamentali, dal punto di vista non solo degli apprendimenti, ma dal punto di vista prettamente emotivo».

SPECIALE COVID – UMBRIAON

L’esperienza sul campo

Prendendo spunto da questa dichiarazione abbiamo voluto approfondire l’argomento per capire qual è il punto di vista di un’insegnante sulla DAD e come sta vivendo questo nuovo approccio non solo didattico, ma soprattutto relazionale nel rapporto studente-docente. Monia Grassi, moglie e mamma, è una insegnante di lingue di una scuola secondaria di primo grado di Perugia con nove classi da seguire e che, come tutti i professori italiani, ha dovuto fare i conti con questa nuova modalità di insegnamento a seguito dell’emergenza pandemica da Covid-19.

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«Quei volti fissi e inespressivi…»

«Mi sento un’insegnante capovolta – racconta -, ho sempre privilegiato la didattica attiva a scuola, durante le lezioni non sto mai in cattedra, non sto mai ferma, mi piace coinvolgere i ragazzi, stimolarli per stuzzicare la loro curiosità e facilitare il processo di apprendimento. ‘Capovolta’ perché questa volta devo stare ferma io, immobile davanti al pc, spesso inerme difronte a volti fissi e inespressivi. La DAD – continua Monia Grassi – non è scuola ma è solo mantenere un contatto con gli studenti, la didattica e tutt’altra cosa. I programmi sono ridotti, come da normativa nazionale, il lavoro non è mai proficuo come dovrebbe essere perché i ragazzi si lasciano andare comprensibilmente, alla pigrizia e alle mille distrazioni che hanno nell’ambiente familiare, non avendo a disposizione quelle risorse materiali e immateriali tipiche della scuola. È vero che i giovani sono smarriti, che vanno sostenuti e rassicurati – sottolinea -, io e miei colleghi cerchiamo di tenerli sempre vivi nei 45 minuti di lezione che abbiamo a disposizione, ma non è facile perché anche noi stiamo accusando il colpo emotivamente. Tenga presente che siamo sempre online in gran parte della giornata, tra lezioni, consigli di classe, colloqui con i genitori, collegi dei docenti e così via. A tutto questo si aggiunge la gestione familiare che non è semplice quando si è tutti in casa compreso il figlio adolescente che è in DAD nell’altra stanza».

Il messaggio di speranza

«La povertà educativa procurata dalle limitazioni della pandemia – prosegue l’insegnante perugina – è il prezzo sociale che dovremo pagare ma voglio concludere con una nota di ottimismo con l’hashtag #LaScuolaNonSiFerma. Andiamo avanti insieme ai nostri ragazzi, ci facciamo forza a vicenda nell’attesa di poterci rincontrare nelle nostre aule perché, come ci insegna la storia, le pandemie finiscono e l’umanità ha superato crisi ben peggiori come le stesse pestilenze che hanno avuto effetti ben più gravi». #LaScuolaNonSiFerma è un’iniziativa del ministero dell’istruzione che ha deciso di raccogliere in una rubrica ‘social’ tutte le esperienze, le storie, i gemellaggi, gli esempi di didattica a distanza che arrivano ogni giorno dalle scuole italiane. Un modo per non perdere il contatto con le studentesse e gli studenti, per animare il racconto delle buone pratiche, per riunire le istituzioni scolastiche. E per dimostrare che il mondo della scuola, anche in un momento così difficile e imprevedibile, vuole andare avanti.

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