di Gianni Giardinieri
Nel 1950 il matematico Albert Tucker elaborò, all’interno della Teoria dei Giochi, un problema che definì il ‘Dilemma del prigioniero’. Sorvolando abbondantemente sui risvolti matematici e finanziari che il dilemma pone, lo stesso appare, per l’evidente paradosso che genera, un eccellente paradigma di quanto sta accadendo nella Ternana. Due criminali vengono accusati di aver commesso un reato. Interrogati separatamente, quindi impossibilitati a conoscere ciascuno la risposta dell’altro, ad ognuno viene data l’opzione di collaborare o non collaborare. Viene però detto loro quanto segue:
- se uno dei due collabora e accusa l’altro, che resta in silenzio, il collaboratore evita la pena. Il ‘muto’ si becca 7 anni di galera;
- se entrambi accusano l’altro, si prendono 6 anni di carcere ciascuno;
- se nessuno dei due collabora, entrambi vengono condannati ad 1 anno.
Ovviamente la soluzione 3 sarebbe la migliore per ciascuno dei due. Peccato che ognuno non conosca la scelta dell’altro e sarà tentato di pensare soltanto al proprio tornaconto, optando per una delle due altre possibilità . Il dilemma del prigioniero sottolinea dunque quanto sia importante la cooperazione e la fiducia reciproca tra i due accusati.
Sostituiamo ai prigionieri – solo a titolo esemplificativo – da una parte il presidente D’Alessandro e dall’altra Abate. Entrambi potrebbero argomentare a proprio favore. Il primo potrebbe rivendicare di averci visto lungo in quella notte di giovedì 6 febbraio, e che solo l’insistenza del gruppo squadra lo ha fatto redimere dal suo proposito di esonerare il tecnico. Dalla sua avrebbe qualche argomentazione forte: 1 solo gol segnato nelle ultime quattro trasferte (a Legnago), due sconfitte, un pareggio e una vittoria. Soprattutto una grande difficoltà a segnare fuori dalle mure amiche: solo noni in questa speciale classifica, dietro a squadre (con tutto il rispetto) niente più che dignitose, come Carpi, Pontedera o Pianese. 14 gol in 13 trasferte. Pochino per vincere il campionato. Un continuo cambio di interpreti, di sistema di gioco e una difficoltà evidente nel costruire alternative – a volte – al ‘palla a Cicerelli e ci abbracciamo’. E ancora qualche scelta discutibile, come l’utilizzo centellinato di Curcio o la scelta di buttare subito nella mischia, al suo posto, Brignola. E magari anche altro, vai a saperlo.
L’altro ‘prigioniero’, Abate. Ne avrebbe anche lui a iosa di ragioni: 54 punti in 27 partite (e sarebbero 56 sul campo), una stagione travagliatissima costellata di cambi di proprietà , organigrammi ribaltati più e più volte, penalizzazioni, una sensazione (magari) di scarsa stima dai piani alti di via della Bardesca. E soprattutto una squadra al suo fianco, pronta a fare le ore piccole per scongiurare il suo esonero, già deciso. Con una presa di posizione talmente rara nel mondo del calcio da apparire inusuale.
Cooperazione e fiducia reciproca sono il paradosso del dilemma del prigioniero. Noi crediamo, semmai ci fosse bisogno di ribadirlo, che siano anche alla base della costruzione di una squadra vincente. La sconfitta di Campobasso, seguita alla grande prova d’orgoglio casalinga contro l’Arezzo, ci lascia un dubbio atroce: che sia sopraggiunta una sorta di ‘ansia da prestazione’? Quell’ansia che a volte ti paralizza e non ti fa dare il 100%? Quel giovedì 6 febbraio ha creato un solco tra società e tecnico, questo è certo. Una tregua armata. E nei ‘cessate il fuoco’ le parti scarrellano i pezzi di artiglieria dagli obici, ma le postazioni di sparo restano lì. Animo Fere, si può ancora fare. Però ci vuole fiducia reciproca e cooperazione.