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Home » Lavoro in Umbria: «Declino nei fatti»

Lavoro in Umbria: «Declino nei fatti»

di Marco Torricelli
27 Gennaio 2017
in Attualità, Economia, Opinioni, Politica
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
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Cgil rapporto Ires 2016 Bravi
Mario Bravi

di Mario Bravi,
Presidente Ires-Cgil Umbria

Con una specifica comunicazione dell’Ires Cgil dell’Umbria abbiamo dato anche un nostro contributo all’importante iniziativa di Sinistra Italiana, conclusa dall’0norevole Stefano Fassina, svoltasi giovedì scorso a Perugia. Una’assemblea pubblica che non a caso aveva come titolo ‘Il declino nascosto dell’Umbria’.

Declino, purtroppo confermato dai recenti rapporti Aur e Ires, ma nascosto dalla gran parte delle classi dirigenti della nostra regione che hanno deciso di voltare la testa da un’altra parte rispetto alla attuale realtà economica e sociale dell’Umbria. Infatti questo tema è sostanzialmente rimosso dal dibattito politico e non ci pare assolutamente questo il modo migliore per affrontare la pesante situazione di crisi che siamo attraversando da oltre 8 anni, E’ ormai evidente che siamo di fronte ad una stagnazione che richiede invece grande rigore nell’analisi ed un deciso cambiamento strutturale delle politiche economiche.

Nella comunicazione svolta abbiamo sottolineato che dal 2008 ad oggi il tasso di occupazione è passato dal 65,2% al 61,3%, il Pil è diminuito del 16,5% e il prodotto pro-capite è sceso a 22.400 euro annui con un -5 mila euro. Ogni cittadino umbro ha quindi perso 617 euro l’anno. Come se non bastasse ci sono 35 mila posti di lavoro in meno, 15 mila solo nel 2016. E le crisi aziendali, anche di questi giorni, di altre due aziende metalmeccaniche del marscianese, ci dicono che la situazione sta progressivamente peggiorando. Il welfare umbro, punto di forza fino al 2008, si sta indebolendo sempre di più: l’Istat ci dice che abbiamo 240 mila umbri già poveri o che rischiano di diventarlo.

In questo quadro le politiche economiche nazionali, in particolare con l’adozione del Jobs Act, hanno ottenuto come unico risultato concreto solo la riduzione dei salari e dei diritti. Quindi politiche inique e fallimentari. L’Umbria con salari del 9,5% più bassi della media nazionale ha imbarcato più crisi di altre realtà con stipendi più alti. Un’ulteriore dimostrazione della inefficacia delle teorie neoliberiste che sostengono che si esce dalla crisi abbattendo i diritti a partire dall’articolo 18. Appiattirsi sulle politiche economiche centrali non paga: i risultati negativi a livello regionale sono ormai evidenti.

Come se ne esce? Intanto non proseguendo con le scelte scellerate di questi ultimi anni. E, subito dopo, avviando politiche pubbliche basate su un Piano regionale del lavoro che rilanci la domanda, che finalizzi le risorse dei fondi europei e che faccia della ricostruzione delle zone terremotate un’occasione per la messa in sicurezza del territorio e per la creazione di buona occupazione. Questo insieme al rilancio di nuove investimenti industriali è il tema su cui si dovrebbe sviluppare il confronto anche nella nostra regione. Il declino è purtroppo nei fatti. Non se ne esce con una falsa narrazione della realtà, con una furbesca rimozione dei problemi esistenti ma con un un progetto che impegni veramente le migliori energie dell’Umbria.

 

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