L’Umbria alle prese con il Pil ‘ballerino’

Numeri che, per Perugia e Terni, salgono e scendono in base ai periodi e alle interpretazioni. Quali saranno quelli veri? – Il corsivo di Walter Patalocco

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di Walter Patalocco

Il Pil? In italia crescerà fino a sfiorare il dato dell’uno per cento e l’Umbria sembra destinata a fare ancora meglio. Parola della filiale perugina (e quindi umbra) di Bankitalia. Frasi pronunciate non chissà quando, ma a novembre del 2015. Poi improvvisamente il grido d’allarme, solo quattro mesi dopo quelle rassicurazioni: l’opposizione in consiglio regionale umbro è balzata in piedi: “Avete visto i dati Istat? L’Umbria in sei anni, ossia dal 2008 al 2014, ha perso l’8,1 per centro del Pil. Un disastro”. Anzi, qui c’è proprio bisogno di fare qualcosa ed alla svelta – sempre le opposizioni – stiamo andando a rotoli, se la giunta attuale non ce la fa come pare chiaro, si dimetta e torniamo alle urne.

Cifre da buttare in depressione, quella mentale non quella economica, la totalità degli umbri meno qualcuno cui il vento soffia sempre in poppa. Per fortuna che poi ci ha pensato il vicepresidente della Regione, Fabio Paparelli: “Ma che andate dicendo? – ha replicato – Intanto il calo del Pil è pari al 6,13 per cento ed è concentrato tra il 2008 e 2009, mentre dopo si è calati, sì, ma di pochissimo: meno 0,14 per cento l’anno”. Quindi crisi nera quando è stata crisi per tutti, poi, anche perché era ormai rimasto poco sangue da versare, si sono avute perdite contenute. Ma attenzione – ha aggiunto il vice presidente – perché nel corso del 2015 sono stati ottenuti risultati importanti che consolidano il trend di rilancio dell’economia regionale con ripresa della domanda interna ed aumento delle esportazioni. Altro che urne, in sostanza. Dice Paparelli che la strada imboccata è quella buona e nel caso che qualcuno non si sentisse soddisfatto ha sciorinato una serie di numeri da insensare anche uno del banco lotto.

Dalla depressione all’euforia, quindi? Gliela faranno gli umbri a reggere tutti questi sbalzi di pressione? Che poi, numeri o non numeri, i conti tutti quanti continuano a farli con il portafogli che hanno in tasca – che certo non sorride più come una volta. Serve qualche numero? Nel 2000, sedici anni fa, l’Umbria era un fenomeno: tra le prime in Italia per aumento del Pil (più 4,7% per cento contro la media italiana del 2,8); il valore aggiunto assicurato dall’industria era salito dell’8 per cento, del terziario più 3,8, l’agricoltura più 2,8, persino il settore delle costruzioni assicurava un più 1,7% di valore aggiunto, un po’ pochino , certo, ma c’era sempre il segno più.

Allora sì che l’Umbria era un’isola felice… oppure no? Forse alla fine e per una volta ha ragione la presidente Marini che a Bruxelles glielo ha detto chiaro e forte: il Pil non è più un indicatore significativo. E poi anche i numeri, adesso, vengono usati per far campagna elettorale.

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