«Mandare via Biondi». Il caso Balanzano

Perugia – Un quartiere che, ancor più di Ponte San Giovanni, subisce le conseguenze del traffico e dell’inquinamento. I cittadini chiedono garanzie

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di Pietro Cuccaro

I fumi si sono dispersi, le polemiche e le preoccupazioni no. Le rassicurazioni di Arpa, già ufficiali, e di Asl, in arrivo ufficialmente nei prossimi giorni ma già anticipate in via informale, confermano quello che tutti avevano capito, anche i più preoccupati, e cioè che l’incendio di domenica pomeriggio a Balanzano è stato molto meno veemente di quello del 2019.

Vivere in mezzo ai gas di scarico

Quello che invece in tanti ancora non capiscono è cosa significhi vivere in una zona che sembra quasi assediata dagli agenti inquinanti. E il fatto che questa zona si trovi nell’immediata periferia (teoricamente agreste) del capoluogo di quello che in una volta veniva chiamato ‘cuore verde d’Italia’ aggiunge solo amara ironia a tutta la vicenda. Immaginate ora un rettangolo stretto e lungo: su uno dei due lati lunghi metteteci centinaia e centinaia di automobili che spesso rimangano intasate in ingresso e in uscita dallo snodo per la tangenziale perugina; sull’altro lato lungo metteteci la strada principale della zona industriale con centinaia di camion che ogni giorno fanno su e giù per scaricare merci da e per i capannoni industriali. In mezzo, strette come sardine, ci sono centinaia di case, di nuova costruzione (nuove famiglie, tantissimi bambini piccoli), tre scuole, un parco pubblico, due panifici, due supermercati e diversi locali di una incipiente movida.

Biondi, Pm10 nella norma dopo l’incendio

«Devono andar via»

Come se non bastasse, lungo i lati di quel famoso rettangolo, ci sono alcuni punti cerchiati col rosso: uno è il deposito di rifiuti ‘Biondi’, che in realtà sono due (l’altro è dall’altro lato della strada, dietro al supermercato). Ma non è certo il solo a creare problemi e preoccupazioni. Ogni tanto c’è una novità: ad esempio, qualche settimana fa l’Anas ha pensato bene di installare il proprio deposito mezzi e materiali in un piazzale di fronte alle case, a 30 metri da una scuola dell’infanzia. E per fortuna che in questi giorni i bambini non vanno a scuola. Il senso della preoccupazione dei residenti è chiaro, quindi: «Che dobbiamo fare? Questi punti rossi possono stare vicino alle case?». In teoria sì perché quella è zona industriale. E allora qualcuno dovrebbe spiegare come sia possibile che lì ci siano delle case. Non una o due. Centinaia. Ed altre sono in costruzione, con tre ditte diverse che stanno costruendo villette per giovani famigliole. E hanno paura. Non si fidano delle rassicurazioni delle istituzioni. Vogliono solo poter dormire sereni la notte.

Merli: «Delocalizzazione? Difficile, ma vedremo…»

«Sto cercando di entrare nei meccanismi di questa vicenda visto che la mia delega alla protezione civile è abbastanza recente – ha dichiarato l’assessore Luca Merli – abbiamo a che fare con una normativa rifiuti che impone di insediarsi nelle zone industriali. E quella, di fatto, è una zona industriale. Quello che invece è importante è che insieme agli altri enti, alla Regione e agli altri organi intervenuti, dobbiamo cercare di capire le dinamiche e il contenimento di questi episodi. Ad oggi la situazione è questa, quello che mi interessa in questo momento è la dinamica e l’attività che in questi giorni si andrà a svolgere e poi adotteremo insieme le iniziative competenti per ciascuno».

Romizi: «Aspettiamo le indagini»

«Sono aperte inchieste riguardo all’incendio dello scorso anno, quindi da parte nostra non possiamo che confermare il massimo interesse a ottenere la totale chiarezza su questi episodi che ci preoccupano – ha detto il sindaco Romizi in consiglio comunale – in collaborazione con gli altri enti si valuteranno una serie di misure non solo rispetto ai possibili danni ma anche sulla possibilità di proporre misure più drastiche, perché non è ammissibile che simili episodi si ripetano con tale frequenza. Deve esserci una valutazione molto attenta sulla capacità di gestione dell’impianto. Nei mesi scorsi l’azienda aveva presentato un nuovo piano per l’emergenza, ma i fatti di domenica hanno messo in evidenza come esso non sia evidentemente congruo. A tal proposito ci siamo attivati anche per chiedere all’autorità competente, la Regione, eventuali diffide affinché si adottino tutte le misure complementari appropriate. Dobbiamo a quell’area della città tanto delicata e stanca, anche per valutazioni urbanistiche passate non più attuali, risposte trasparenti e chiare».

Deposito Biondi, nuovo incendio – Gallery

Le indagini: incendio colposo

Come emerge dalle cronache, si indaga per incendio colposo: c’erano rifiuti facilmente infiammabili che non ci dovevano essere. Esattamente come l’altra volta anche se in quantità inferiore. Carta, legno e plastica che sarebbero arrivati venerdì. E hanno preso fuoco dopo due giorni di caldo intenso.

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