di Francesca Torricelli
«Lasciare la propria città d’origine per lavoro è sempre un colpo al cuore, perché ti allontana dagli affetti più cari. Sono scelte che ti danno un arricchimento professionale ed economico con lo svantaggio, però, di non sentirti mai veramente a casa, sopratutto all’inizio. Sai che ti stai costruendo un futuro, ma ti sembra di ‘tradire’ la tua terra, le tue origini, la tua gente». A raccontarmi la sua storia di successo è Marco Vitello, ingegnere ternano di 45 anni, a Torino da 18.
«Ho studiato ingegneria gestionale a Terni – racconta Marco – per poi specializzarmi a Bologna, dove ho iniziato ad ‘odorare’ un contesto più ampio, con maggiori opportunità. Finiti gli studi non avrei disdegnato un ritorno in Umbria, infatti mi sono adoperato inviando curriculum ad aziende locali, senza però ricevere un riscontro. Ho quindi accettato un contratto di 6 mesi in Ducati a Bologna e poi è arrivata la chiamata per un contratto dalla Fiat di Torino, diventata poi negli anni Fca, infine Stellantis. Ho accettato senza pensarci, credendo di fare un’esperienza e che non sarebbe stata la scelta per la vita, e invece sono qui ormai da 18 anni».
Sotto la Mole, «dove mi ha raggiunto la mia fidanzata ternana, oggi diventata mia moglie e madre dei nostri tre figli, ho costruito un percorso automotive per il quale ho assunto cariche via via di crescente responsabilità, fino a diventare Manufacturing Chief all’interno della piattaforma di sviluppo della nuova Jeep con un ruolo di coordinamento e controllo di costi, tempi e qualità rispetto alla fase avanprogettuale e poi alla fase di industrializzazione dello stabilimento. La nuova Compass verrà prodotta nello stabilimento Stellantis di Melfi per i mercati europei, per quelli a livello globale invece potrebbe essere prodotta anche in altri stabilimenti».
Marco deve «molto alla terra che mi ha cresciuto e per questo la ringrazio, ma mi piacerebbe ricordare ai ragazzi che devono ancora trovare la propria strada che la meritocrazia paga sempre. Investire su se stessi, sulla propria formazione, prima o poi verrà riconosciuto, da noi stessi e dagli altri. Studiare, essere curiosi, formarsi a 360 gradi, può aprirti più porte, ti dà la possibilità di essere libero di scegliere e di non rimanere per forza in un posto che non offre opportunità o che non ti vuole. A Torino ho costruito una buona carriera solo grazie alla mie capacità, senza favoritismi». Ho provato a chiedere a Marco se tornerebbe in Umbria. «Sinceramente no. Qui ormai c’è la mia, la nostra vita, anche se ogni volta che possiamo torniamo dalle nostre famiglie. I nostri figli sono nati qui e la nostra priorità è il loro benessere e la loro stabilità. Però, mai dire mai».