Medici Terni: «La situazione è questa»

L’analisi del presidente dell’Ordine Giuseppe Donzelli e l’appello alle istituzioni: «Non lasciateci soli»

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di Giuseppe Donzelli
presidente dell’Ordine dei medici della provincia di Terni

In questi giorni di emergenza sanitaria, legata alla pandemia da Covid-19, il sistema sanitario pubblico e privato della nostra provincia è messo sotto forte stress. Tutte le carenze organizzative e strutturali frutto del progressivo depauperamento del nostro sistema sanitario provinciale, in un momento di emergenza, sono venute drammaticamente alla luce. Questo Ordine deve registrare in questi difficili giorni, le pressoché continue lamentele dei colleghi costretti a lavorare in condizioni molto spesso estreme.

EMERGENZA CORONAVIRUS – UMBRIAON

Ciò premesso, questo non è il momento delle polemiche e questo documento non ha la finalità di cercare responsabili, ma di segnalare i problemi esistenti e di tentare di risolverli in tempo utile. D’altra parte, importanti criticità emergono in tutti gli ambiti nei quali si erogano prestazioni sanitarie.

L’assenza di adeguata fornitura di dispositivi di protezione individuale (dpi) conformi alle normative e proporzionata alle esigenze, riguarda tutti gli ambiti: gli ospedali, gli studi di medicina generale, i pediatri di libera scelta, la continuità assistenziale, il servizio 118, nonché i sanitari libero professionisti che di fatto sono impossibilitati ad acquistare dpi perché non disponibili.

L’ospedale di Terni risulta sovraccaricato di lavoro. I medici che lavorano nella struttura segnalano la necessità di un più accurato controllo del personale sanitario oltreché dei pazienti ed una maggiore integrazione con il territorio. Il primo obiettivo può essere raggiunto attraverso l’esecuzione di tamponi a tutto il personale sanitario con periodica valutazione dello stato sierologico ed a tutti coloro che vengono ricoverati in questi giorni, anche se asintomatici. Il secondo obiettivo attraverso l’effettuazione di tamponi a domicilio ai pazienti sintomatici con possibilità di iniziare precocemente il protocollo di terapia ospedaliera anche sul territorio, in modo da ridurre il numero di pazienti che accedono in ospedale per complicazioni.

I medici di medicina generale hanno di fatto chiuso i propri ambulatori privilegiando la presa in carico telefonica (triage telefonico) fatta eccezione per le visite legate a problemi non differibili. È stata una decisione maturata nel tempo per evitare il contatto fisico con il paziente per la sicurezza di quest’ultimo e al tempo stesso del curante alla luce di un nuovo modo, dettato soprattutto dalla mancanza dei dpi, di interpretare la medicina generale: ‘tutto il prenotabile sarà prenotato, tutto il dematerializzabile sarà dematerializzato, tutto il digitale sarà utilizzato’. Una soluzione questa indubbiamente figlia del momento emergenziale e di un progresso informatico inarrestabile della nostra società che domani potrà pure avere risvolti positivi sulla quotidiana routine della ripetizione delle ricette ma che oggi, se spinta oltremisura, può avere non pochi aspetti negativi.

La domanda infatti che si pongono i medici di famiglia è la ricaduta negativa che nel tempo un simile modo di lavorare potrà avere sul rapporto medico-paziente per il rischio concreto di una ‘dematerializzazione’ del paziente, di un vulnus nella gestione delle patologie croniche, di una ridotta percezione dello stato di salute dei pazienti e ancora di tutti gli errori di valutazione, legalmente perseguibili, che un triage telefonico spesso nasconde. Si dice che dopo questa pandemia nulla sarà come prima e probabilmente anche la medicina generale dovrà essere ripensata secondo nuovi paradigmi dettati dal progresso digitale, ma i medici di famiglia non possono e non devono perdere il ‘contatto’ con gli assistiti e devono essere messi nelle condizioni di riaprire i propri ambulatori, dove poter lavorare in sicurezza insieme al proprio personale di segreteria. Inoltre, di poter visitare i pazienti a domicilio e di effettuare gli accessi programmati anche nelle strutture per anziani, disponendo dei presidi, qualitativamente e quantitativamente adeguati, per la propria e la altrui sicurezza con la consapevolezza del proprio stato di salute che deriva da periodici tamponi nasofaringei indispensabili in chi svolge un servizio pubblico e deve garantire l’assistenza a pazienti spesso anziani e fragili.

E che dire delle cosiddette ‘medicine di frontiera’, guardia medica e 118? Le due realtà troppo spesso lavorano con ‘l’ignoto’: i sanitari entrano nelle case di persone di cui non conoscono la storia clinica e che spesso omettono o forniscono con ritrosia informazioni essenziali, richieste durante il triage telefonico neecessario per discriminare la presenza o meno di sintomatologia o contatti positivi con Covid. In particolare, tali operatori lamentano assenza di informazione, da parte della Usl, dei nominativi dei cittadini sottoposti a provvedimento di isolamento fiduciario o, addirittura, con risposta positiva al tampone nasofaringeo. Tale situazione suscita ulteriori ansie negli operatori, rendendo ancora più difficoltoso il lavoro. Professionisti che, tra l’altro, lavorano con un’importante carenza di disponibilità o di accessibilità ai dpi (maschere e cappe monouso in particolare). In merito, i medici sono stati costretti a ricorrere all’acquisto autonomo dei presidi, laddove disponibili, per garantire un minimo della tutela della loro salute e di quella dei propri famigliari.

A complicare il quadro c’è, in tutto l’ambito provinciale, anche una grave inadeguatezza strutturale delle varie sedi di guardia medica a cominciare dall’assenza di videocitofoni, soprattutto nelle sedi periferiche, che rende necessario effettuare il triage telefonico solamente una volta ‘fatto entrare’ il paziente o tramite l’interposizione del solo vetro della porta. Tale situazione, già in ripetute occasioni, ha esposto il sanitario al rischio aggressioni, come avvenuto recentemente a Terni, già in piena emergenza coronavirus, in cui sono stati riportati per fortuna solo danni strutturali alla sede di guardia. Frequenti sono anche le aggressioni di tipo verbale e a tal riguardo sarebbe auspicabile effettuare la registrazione delle chiamate. Inoltre, mai come in questa emergenza sarebbe necessario avere sedi di guardia strutturalmente adeguate e tali da evitare assembramenti di persone sia per quanto riguarda i medici, soprattutto nelle sedi con molteplici operatori della sanità, sia per quanto riguarda i pazienti. Spesso non si riesce a garantire anche un’adeguata ventilazione naturale.

Entrambi i servizi lamentano gravi ‘problematiche di relazione’, ormai storiche ed esacerbate in questi giorni, con la centrale operativa del 118 la cui sede è a Perugia. In particolare, gli operatori del 118 provinciali lamentano spesso un invio degli equipaggi senza adeguata informazione sulla tipologia di visita che si apprestano ad eseguire e potendo i sanitari ‘vestirsi’ in sicurezza solamente in un secondo momento. Frequente attivazione impropria, al limite dell’emergenza, da parte della stessa centrale è quanto riferito dai medici di continuità assistenziale, in particolare per situazioni cliniche già in evoluzione e gravi (crisi dispnoiche in pazienti in quarantena o con sospetti contatti o comunque in soggetti con triage telefonico compatibile con Covid), che prevederebbero interventi con impiego di strumentazione oltre la loro dotazione e con rischio di esposizione all’errore ed al virus.

Altro argomento da significare è l’attività degli studi medici chirurgici ed odontoiatrici libero professionali. Questi professionisti, in questa gravissima situazione, attuano il responsabile atteggiamento della sospensione delle normali attività ma assicurano ugualmente l’espletamento delle urgenze/emergenze non differibili al fine di non intasare ulteriormente i pronto soccorso degli ospedali. Tale atteggiamento è dettato unicamente dalla loro coscienza professionale e sociale ed è gestito completamente in proprio senza alcun aiuto istituzionale: per essere chiari gli odontoiatri stanno facendo fronte all’emergenza Covid-19 con i presidi sanitari in loro possesso quindi con mascherine e materiale monouso finché tali presidi non andranno in esaurimento. Tutto ciò cercando di mettere, quanto più possibile, in sicurezza i pazienti, il personale e se stessi. Alla luce delle considerazioni fin qui effettuate, i medici chirurghi e gli odontoiatri della provincia di Terni, pur ribadendo il loro assoluto e costante impegno ad assistere i malati, chiedono di non essere lasciati soli in questo difficile momento, ma al contrario di essere aiutati dai cittadini e dalle istituzioni a risolvere le criticità emerse.

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