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Home » Monitoraggio migranti all’ospedale di Terni

Monitoraggio migranti all’ospedale di Terni

di Francesca Torricelli
11 Aprile 2017
in Altre notizie, Politica
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
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Anche quest’anno l’Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni ha rinnovato il protocollo operativo ‘Asilo’, che coinvolge la Clinica di malattie infettive diretta dalla professoressa Daniela Francisci, nella sorveglianza sanitaria dei migranti richiedenti asilo e protezione internazionale (non clandestini).

Il progetto è nato 10 anni fa su istanza del Comune di Terni e delle associazioni di volontariato, costituitesi come ente gestore del progetto ‘Rifugiati e richiedenti asilo’, e promosso dall’alto commissariato delle Nazioni Unite e dall’Anci. «La finalità del protocollo – spiega la professoressa Daniela Francisci – è di attivare una serie di indagini di screening infettivologico allo scopo di individuare eventuali malattie infettive che possano assumere rilevanza sanitaria pubblica quali la tubercolosi, l’infezione da Hiv, epatiti virali, malattie sessualmente trasmesse e parassitosi intestinali».

I soggetti richiedenti asilo «provengono da aree endemiche per alcune malattie infettive», aggiunge la dottoressa Cinzia Di Giuli, referente del progetto e personalmente impegnata nel percorso di screening. «Dal momento del loro arrivo in Italia, pur essendo in prevalenza giovani maschi apparentemente sani, possono sviluppare, per le condizioni di disagio e di fragilità in cui vengono a trovarsi, malattie quali la tubercolosi, che possono manifestarsi clinicamente quando ormai sono altamente contagiose. Alcune infezioni quali Hiv o epatiti croniche, hanno un andamento subdolo e di lunga durata nel tempo, per cui oltre ad una possibilità di contagio per i conviventi nello stesso centro di accoglienza, si rischia anche di intervenire quando la malattia è ormai in stadio avanzato e ridotte sono dunque le possibilità di successo terapeutico».

I numeri Dall’inizio del progetto sono stati esaminati (visita ambulatoriale e prelievi ematici) 320 soggetti, con numeri di anno in anno sempre maggiori, partendo dai pochi casi del 2007 fino a circa 60/70 casi per anno nell’ultimo triennio, e con un aumento della presenza di soggetti minori. Dall’analisi dei dati emerge che si tratta in prevalenza di giovani maschi (80%) generalmente sani provenienti dall’Africa sub sahariana, anche se negli ultimi anni si è visto un aumento di soggetti provenienti dal Medio Oriente, alcuni dei quali portatori di disagio psichico da trauma bellico. Basse e stabili le percentuali di infezione da Hiv (3%) e di epatite cronica Hbv (4%), mentre si riscontra un aumento di positività al test Mantoux (per la tubercolosi) nei soggetti giunti in Italia negli ultimi due anni (dall’inizio del 2017 quasi il 40%), compresi però quei pazienti positivi al test ma non ammalati, che sono stati tutti tempestivamente sottoposti a profilassi.

Sorveglianza attiva «I dati non sono allarmanti – precisa la professoressa Francisci -, riflettono la prevalenza del Paese di origine e sono in linea con i dati nazionali, ma fanno capire quanto sia importante per tutta la comunità una sorveglianza attiva e stringente come quella che portiamo avanti con il progetto ‘Asilo’, per il monitoraggio e l’intervento precoce a favore della tutela della salute di tutti».

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