L.P.
Mentre si sogna un futuro digitale, a Monteluce le perdite non sarebbero solo quelle di acqua che si infiltrano negli edifici di recente costruzione.

I nodi Sono soprattutto gli alti costi del progetto dell’intero comparto a turbare i sonni della Giunta regionale che sarà chiamata a rispondere, martedì, a un’interrogazione in consiglio regionale che porta la firma della consigliera Maria Grazia Carbonari, circa il futuro dell’intero progetto inaugurato neanche due anni fa. Costi per la costruzione e l’urbanizzazione, commissione bancarie e compensi, parcelle per consulenze e ancora interessi bancari, costi di bonifica ingentissimi e un valore, in picchiata, delle quote nominali che si è abbassato del 90%.
Le quote Dopo anni di gestione da parte del fondo immobiliare gestito da Bnp Paribas e Nomura International Plc, il valore delle quote, in seguito trasferite a Gepafin, ma con perdite sempre a carico della Regione e dell’Università ,  è progressivamente sceso in misura di gran lunga maggiore rispetto alle perdite registrate sul valore degli immobili della zona, almeno secondo quanto riportato dai bollettini ufficiali dell’osservatorio della Camera di Commercio. L’assetto è ora distribuito così: la Regione detiene il 22,5% delle quote, l’Università il 17,2%, il Fondo comune di investimento immobiliare quotato il 30,15% e Gepafin s.p.a il 30,15%.
Il valore Se il valore iniziale era di 250 mila euro nominali, per un totale di oltre 52 milioni di euro, ora il loro valore è drasticamente sceso e si aggira sui 15 mila euro ciascuno. Questo perché la zona è fuori mano e poco servita, con scarsità di parcheggi e lontana dalla superstrada, quindi poco appetibile. Per questo nessuno ha voluto acquistare immobili e uffici, nonostante l’idea iniziale fosse quella di ripagare il debito, a mano a mano che proseguiva il progetto di costruzione e realizzazione del comparto, venendo di volta in volta i lotti. I prezzi, del tutto non in linea con quelli del mercato, erano troppo alti e gli incassi, a poco a poco, hanno creato un grosso buco, facendo salire il debito con le banche.

Indebitamento Così, infatti, nel luglio del 2016, scriveva in una nota l’assessore Bartolini «per effetto della diminuzione dei valori immobiliari, confermata anche dai valori di vendita o locazione degli immobili di interesse pubblico, il rapporto di indebitamento è fortemente aumentato, superando i limiti contrattuali e quelli regolamentari». Nelle more dell’approvazione del nuovo business plan e delle conseguenti modifiche al contratto di finanziamento, la situazione finanziaria del comparto «soprattutto per effetto della difficile congiuntura di mercato è ulteriormente peggiorata rendendosi pertanto necessario chiudere un accordo con gli enti finanziatori nei tempi più brevi, essendo necessario acquisire elementi utili a confermare la sostenibilità finanziaria dell’operazione, non potendosi altrimenti escludere l’ipotesi di default del comparto per mancanza dei presupposti di continuità ».
Business plan Intanto i lavori di completamento del comparto sono in parte bloccati e in parte interrotti e il quartiere quasi sempre deserto. Gli uffici, gli appartamenti, i negozi rimangono sfitti e il business plan, pertanto, deve mirare alla ristrutturazione del debito che passi per forza attraverso modifiche al contratto di finanziamento. Così una soluzione per uscire dall’intricato schema in cui ci si è incastrati passa per la verifica di un interesse preliminare ad acquistare da parte di alcuni enti pubblici. In prima linea l’Ater, che dovrebbe acquisire le residenze per studenti da concedere poi in locazione all’Adisu, poi l’azienda ospedaliera o le Asl che dovrebbero interessarsi alle superfici del cosiddetto lotto D. Infine Umbria Digitale, per l’acquisizione di una parte degli uffici del lotto E dopo la liberazione da parte del comune di Perugia.
Debito Ma a quanto ammontano complessivamente i costi sostenuti dalla Regione? Quali quelli ancora da sostenere per l’intera collettività ? Quale futuro per quello che doveva essere il quartiere del futuro per l’intero capoluogo? A queste domande la giunta dovrà dare ora una risposta, considerato che qualora andasse a buon fine il progetto di ristrutturazione, la dismissione delle strutture, come previsto dal business plan, darebbe una boccata d’ossigeno al fondo facendo rientrare circa 36 milioni di euro.