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Home » Perugia: «Insieme per progettare il futuro»

Perugia: «Insieme per progettare il futuro»

di Fabio Toni
23 Gennaio 2017
in Attualità, Dal territorio, Politica
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
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A giudicare dalle poche sedie vuote, il primo ‘hackathon’ cittadino di Perugia, dal nome ‘Città delle idee’, ha avuto successo. L’iniziativa si è tenuta sabato pomeriggio all’Accademia di Belle Arti di Perugia, organizzata dal laboratorio di idee e progetti ‘Perugia Community Lab’. Una seconda esperienza dopo quella dello scorso 20 giugno, che è stata replicata perché, secondo il consigliere comunale del Pd Tommaso Bori, in quell’occasione era «emersa una forte esigenza di progettazione e condivisione».

Ma che cos’è un hackaton? Il termine ‘hackathon’ nasce da ‘hack’ e ‘marathon’ e sta ad indicare una sorta di ‘maratona di informatici’: un evento al quale partecipano esperti del settore dell’informatica su temi di vario tipo. Quello che si è tenuto a Perugia, però, è stato declinato in maniera diversa: si è trattato, infatti, di una «maratona per il cambiamento»: tante persone insieme che, a vario titolo, hanno discusso sul futuro della città. Quattro aule, quattro tavoli aperti alla discussione e allo scambio di idee, a partecipazione libera. Per questo si è deciso di non mettere tavoli ma solo sedie in cerchio, che hanno permesso a chiunque lo volesse di intervenire e di riportare le proprie capacità e competenze.

Proposte concrete Per ogni tavolo è stato scelto un coordinatore che, a lavori finiti, ha esposto quanto emerso dalla discussione con studenti, rappresentanti di associazioni, docenti universitari e semplici cittadini. Da questo scambio di idee, durato un pomeriggio, uscirà poi un documento riassuntivo, attraverso il quale i progetti più interessanti verranno presentati all’amministrazione perugina. Nelle quattro assemblee si è parlato di temi diversi ma ritenuti ugualmente importanti per migliorare la città di Perugia. Un gruppo ha discusso di politiche giovanili e servizi studenteschi, dalla mobilità notturna ai locali adibiti allo spettacolo passando per l’educazione sessuale nelle scuole; un altro gruppo si è occupato di amministrazione condivisa e di come rafforzare la partecipazione nella vita pubblica. Poi integrazione e intercultura – per coinvolgere le comunità straniere nelle istituzioni – e impresa creativa, per la creazione di una start up per promuovere cultura e turismo.

I beni comuni Tra i libri della biblioteca dell’Accademia della Belle arti ha avuto luogo il dibattito sull’amministrazione condivisa che – passando dagli esempi virtuosi di altri comuni e associazioni ai progetti del comune di Perugia – ha affrontato il tema della partecipazione dei cittadini nelle decisioni pubbliche. «Dobbiamo capire cosa sono i beni comuni – ha detto il consigliere Bori nel suo intervento – per capire cosa è utile ad amministrazioni e persone. Questo concetto, che oggi comprende gli immobili, dovrebbe essere ampliato». E comprendere, innanzitutto, le problematiche legate alle scuole, come gli asili che potrebbero diventare nel pomeriggio spazi per le famiglie, e quelle legate a spazi pubblici e servizi, come le mense.

Gli esempi Molti comuni si sono già dotati del ‘regolamento di amministrazione condivisa’. Tra questi, dal 2014 c’è Orvieto, che attraverso il consigliere comunale Pd Maurizio Talanti ha portato la sua esperienza. «In questi due anni qualcosa è cambiato – ha raccontato – i soggetti sono sempre gli stessi ma c’è più partecipazione attiva. Il regolamento, ad esempio, dà la possibilità di creare delle convenzioni con le associazioni per la gestione degli spazi. Sta alla sensibilità del dirigente metterlo in pratica, ma c’è un nuovo strumento». Ma altre buone esperienze da seguire vengono anche da mondi diversi da quello della pubblica amministrazione. Come l’orto condiviso, partito nel 2015 dal dipartimento di Scienze agrarie – con la partecipazione dell’associazione Borgobello e di tanti altri soggetti – e Umbrex, il circuito che facilita le relazioni tra i soggetti economici del territorio, dotandoli di un ‘sistema di moneta complementare’, basato sullo scambio di servizi.

I progetti del Comune Anche in Comune a Perugia, però, i progetti ci sono. Uno riguarda un regolamento, analogo a quello del Comune di Orvieto. « Noi abbiamo una proposta già approvata in Commissione sul regolamento per l’amministrazione condivisa – ha spiegato Bori – è interessante perché apre nuovi orizzonti nella possibilità di avere una democrazia partecipata. È uno strumento che viene dato alle persone che vogliono fare proposte. Si passa da immobili, verde pubblico, ai servizi». C’è poi la questione dei consigli di quartiere. Secondo Bori, infatti, ogni territorio dovrebbe avere un suo punto di riferimento: «Perugia è stata una delle prime città a sperimentarle con Aldo Capitini. Ad oggi, senza circoscrizioni, non c’è la possibilità di esser capillari da un consiglio comunale. Perugia è il settimo comune per estensione in Italia e non è una città grande: è perché ci sono tante frazioni. E un’eccessiva centralizzazione fa sì che il cittadino non sappia con chi parlare e con chi dialogare».

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