Si chiama vemurafenib ed è stato sperimentato a Perugia per la prima volta al mondo. Si tratta di un nuovo farmaco contro la leucemia a cellule capellute: il test ha riguardato pazienti che non rispondevano più alla chemioterapia convenzionale. Lo studio, coordinato dal professor Brunangelo Falini – direttore della struttura complessa di ematologia con trapianto di midollo osseo dell’ospedale ‘Santa Maria della Misericordia’ – è stato pubblicato giovedì dal New England Journal of Medicine, la più influente rivista scientifica.
Il lavoro Decisivo ai fini della sperimentazione il supporto economico dell’Associazione italiana ricerca sul cancro e del prestigioso finanziamento che l’Erc – European research council – ha concesso al professor Enrico Tiacci (primo autore del lavoro) per testare nuove cure contro la leucemia a cellule capellute.
I medici perugini, a quattro anni dalla scoperta della causa – mutazione del gene BRAF – di questo tipo di leucemia, hanno realizzato l’importante passo: la sperimentazione di un farmaco ‘intelligente’, capace di bloccare solo il gene BRAF mutato e che, preso per bocca, uccide selettivamente le cellule leucemiche. La chemioterapia convenzionale uccide invece tutte le cellule.
Poco tossico Il farmaco sperimentato – una pasticca – dai ricercatori perugini si è rivelato poco tossico e molto attivo in quasi tutti i pazienti trattati. «Scoprire la causa di una malattia e tradurla in una nuova terapia - le parole di Falini e Tiacci – non solo è la missione del medico ricercatore, ma rappresenta anche la realizzazione della moderna medicina di precisione che caratterizza e colpisce i punti deboli specifici di ogni particolare tumore in ogni particolare paziente».