Piastra Terni-Narni, Diocesi vs Regione su esproprio: Cassazione cambia la storia

Accolti i motivi di ricorso dell’ente ecclesiastico: le aree da oltre 35 mila mq sono da considerare edificabili. Si torna in Corte d’Appello. In ballo centinaia di migliaia d’euro

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di S.F.

La piastra logistica Terni-Narni, un maxi esproprio di un terreno da 35.010 metri quadrati ed il valore economico dell’operazione. Sono i principali ingredienti di una battaglia giudiziaria attiva da anni tra la Diocesi e la Regione Umbria: la scorsa settimana un’ordinanza – I sezione civile – della Cassazione ha cambiato la storia della vicenda dando ragione ai motivi di ricorso presentati dall’ente ecclesiastico. Tutto a causa della diversità di vedute sull’edificabilità dell’area. Dovrà tornare ad esprimersi la Corte d’Appello di Perugia. Intanto – i discorsi sono slegati – sul famoso collegamento ferroviario è tutto fermo all’apparenza.

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Il contrasto sulla stima 

In azione gli avvocati Umberto Segarelli per la diocesi di Terni-Narni-Amelia e Paola Manuali/Natascia Marsala per palazzo Donini. Passo indietro per capire di cosa si parla: in sostanza l’ente ecclesiastico ha fatto ricorso per Cassazione in merito alla sentenza della Corte d’Appello del febbraio 2017. Motivo? Il primo atto è del 26 novembre 2013 quando la diocesi si è fatta avanti per opporsi alla stima delle indennità di esproprio e di occupazione per l’espropriazione di un ampio terreno in località Pescecotto, in territorio narnese. Un totale di 35.010 mq con decreto dell’aprile 2013. Bene, qual è il problema? Sostanzialmente è stata considerata inedificabile e l’ente ha contestato «i criteri utilizzati per determinare il valore delle aree, che riteneva edificabili, alla luce della asserita illegittimità della normativa regionale». La corte territoriale incaricò all’epoca il ctu – consulente tecnico d’ufficio – per effettuare una stima «sul presupposto della loro natura di terreni non edificabili, nonostante l’opposizione della diocesi sul punto», si legge nell’ordinanza.

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L’edificabilità

Il Ctu confermò che, sulla base del Prg del Comune di Narni con variante approvata nel marzo 2004, «parte dell’area espropriata rientrava nella zona F all’interno dello schema direttore 2 ‘Il Rato e le aree industriali’, aree che le Nta (Norme tecniche di attuazione) del Prg destinavano ad un intervento di edificabilità anche ad opera dei privati, ma soltanto a seguito di convenzionamento con l’amministrazione territoriale che ne avesse garantito l’uso pubblico». Niente da fare. Il 27 febbraio 2017 la Corte d’Appello di Perugia ha rigettato il ricorso della diocesi escludendo «l’edificabilità legale delle aree oggetto di esproprio». Tutto ciò sulla base di un’interpretazione di una disposizione legata alla delibera di giunta regionale 362 del 2013. Risultato: riconosciuta un’indennità di esproprio da 186.495 euro per l’esproprio e 16.784 per l’occupazione d’urgenza. Come terreni agricoli. Curiosità: al momento l’area è tranquillamente accessibile.

LA PIASTRA E LE OCCASIONI PERSE

La Cassazione accoglie e cassa

L’ente si è mosso con quattro motivi di ricorso e la Cassazione ne ha accolti tre con sentenza cassata e rinvio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione. In primis la diocesi si è attivata per la violazione e falsa applicazione di una serie di articoli della legge regionale 7 del 2011 in riferimento alle norme del Prg del Comune di Narni; inoltre «la Corte d’Appello ha operato una valutazione sulla natura e destinazione delle aree utilizzando le norme del Prg del Comune di Narni alla luce dell’interpretazione operata dalla ‘direttiva alle autorità esproprianti e alla commissione regionale espropri’ di cui alla delibera di giunta regionale dell’Umbria del 22 aprile 2013 , la quale ha integrato illegittimamente la normativa regionale introducendo criteri indennitari, attività riservata al legislatore nazionale o regionale, ma non realizzabile attraverso un atto amministrativo regionale». Infine per l’ente ecclesiastico la stima dei terreni effettuata dal Ctu e recepita dalla Corte territoriale «ha determinato una quantificazione dell’indennità di esproprio senza rapportarla al valore effettivo di mercato delle aree ablate, in violazione del principio del cosiddetto serio ristoro imposto da tempo dalla giurisprudenza costituzionale ed anche di legittimità, di particolare rilevanza nelle ipotesi, come quella esaminata, in cui l’area sia idonea ad uno sfruttamento ulteriore e diverso da quello agricolo, essendo prevista dalle Nta una utilizzazione, anche da parte di privati, intermedia tra quella agricola e quella edificatoria». In definitiva per la Cassazione – presidente di sezione Pietro Campanile, relatore Clotilde Parise – si deve «dare continuità a recenti pronunce che hanno scrutinato fattispecie del tutto analoghe a quella in esame, riconoscendo la natura edificabile delle aree, nonostante l’assoggettamento dell’iniziativa economica privata a strumenti di convenzionamento con l’ente pubblico». Si torna indietro.

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