Premio-Morselli, Terni non merita rispetto?

Formalmente legittimo che chi istituisce premi, decida pure a chi darli. Ma che ci sia almeno rispetto per i cittadini e la loro dignità – Il corsivo di Walter Patalocco

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di Walter Patalocco

Il problema non è solo come, quando o a chi. Il problema è: perché? E’ concreta, senza dubbio, la motivazione: Lucia Morselli ha lasciato un segno a Terni. Certo che sì. Se non altro perché l’ha costretta a cancellare quasi 350 posti di lavoro, per non parlare di tutto il resto: dai ridimensionamenti produttivi, alla cancellazione delle società partecipate, dalla correzione unitarale verso il basso dei contratti stipulati con ditte etserne alla conseguente frustata all’indotto.

L’avevano messa lì per quello i tedeschi, si dirà. Non è l’ex A.d. di Ast al centro della critica, ora, anche se per la verità c’è modo e modo di fare certe cose. Era necessario – ad esempio – quel blitz notturno ai picchetti operai, in sciopero da un mese? Non si poteva evitare di sfidare la città facendo fare anticamera per un’ora e mezza ai suoi rappresentanti che volevano un incontro per capire e sostenere le ragioni della collettività? A bussare alla porta non erano venditori di lavatrici, ma rappresentanti delle Istituzioni, guidati da quello stesso sindaco dalle cui mani ha ricevuto il riconoscimento ufficiale. Rappresentanti del Governo, un prefetto e un sottosegretario al Ministero degli interni, hanno considerato che sì, che tutto è stato ben fatto (i tagli di posti di lavoro e certi atteggiamenti), anzi che si è trattato di un qualcosa di positivo per Terni.

Come si spiega? Si sente, forte, l’odore di battaglia elettorale per le prossime regionali, anche se quell’appuntamento appare lontano. Chi non è avvezzo a certi meccanismi o non concepisce che la politica seria possa alimentarsi di giochini siffatti, non riesce nemmeno a capire l’utilità di una tale ricerca di benevolenza. Nemmeno se si parla di una manager che (vedi Ilva) si sospetta sia tenuta in buona considerazione proprio in ambienti governativi.

La reazione di contrarietà della presidente della Regione, quella in carica, è stata stringata, composta ma ferma, dura. Proprio questo la dice lunga e rende lecito sospettare che ci sia già una guerra fredda in corso tra aspiranti a quella poltrona perugina, prima che umbra.

Quando si parla di premi è formalmente legittimo che chi li istituisce decida pure a chi darli. Ma che ci sia almeno rispetto per i cittadini e la loro dignità. Per chi la vuole, una poltrona val bene una messa, ma calpestare quella dignità, appare un atto ispirato dal machiavellismo del fine che giustifica i mezzi. Però se mezzi sono questi, il timore (o la speranza?) è che giustifichino “la” fine. E tanti saluti a Niccolò.

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