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Home » Regione Umbria compie 50 anni: «C’è poco da festeggiare»

Regione Umbria compie 50 anni: «C’è poco da festeggiare»

di Fabio Toni
20 Luglio 2020
in Opinioni, Politica
Tempo di lettura: 2 minuti di lettura
Condividi su FacebookCondividi su X (Twitter)Invia su Whatsapp

dei gruppi consiliari del M5s di Terni, Narni, Amelia

Oggi (lunedì, ndR) nella sala dei Notari a Perugia si celebrano 50 anni di regionalismo umbro. Per il resto della regione a quanto pare c’è poco o nulla da festeggiare, visti i risultati in cui si sono tradotti 50 anni di politiche che hanno visto sprofondare interi territori nel baratro sociale, sanitario, economico e culturale. Una promessa mancata quella del regionalismo, lo dimostra la pesantissima assenza dei gonfaloni da parte di tutto il territorio regionale ad esclusione di quello del Comune e della Provincia di Perugia. Un’assenza che fa paio con il fatto che solo il sindaco di Perugia ha parlato esprimendo non troppo velatamente il diritto di primogenitura della sua città rispetto l’orientamento delle scelte di tutta la regione e della necessità di finirla con campanilismi che impediscono riforme strutturali verso un nuovo centralismo. Parole probabilmente riferite proprio alla questione dell’azienda ospedaliera e alla Usl unica. Ci piacerebbe sapere cosa ne pensano i suoi colleghi come il sindaco di Terni, Narni ed Amelia di queste parole, ma anche altri sindaci che dal nord al sud dell’Umbria non fanno che subire scelte a senso unico che vanno a vantaggio solo di alcuni territori.

Un bollettino di guerra, quello dell’Umbria, dove gli indicatori dicono chiaramente che al benessere di pochi si contrappone un malessere diffuso, anche a causa della mancanza di ridistribuzione dei servizi e delle risorse. Un male antico che con Lega e Fratelli d’Italia trova piena continuità, visto che ciò che non viene deciso a Perugia viene imposto dai commissari romani. Sia chiaro che questo commento non è contro a quei politici che hanno saputo fare gli interessi dei propri territori e dei propri cittadini, ma al contrario è rivolto a chi non ha saputo fare altrettanto svendendo la propria terra per dinamiche di partito o interessi specifici.

Inutile snocciolare i misteri dolorosi dell’infinito rosario delle incompiute, dei treni persi, delle infrastrutture che mancano, del lavoro che non c’è, dei fondi strutturali che finiscono sempre altrove, dell’Università che dopo decine di milioni di euro spesi rimane nel limbo, degli ospedali vetusti e semi-abbandonati, del riequilibrio territoriale che mai arriverà nonostante in campagna elettorale sia una promessa costante. Abbiamo visto che anche per ottenere una vittoria di Pirro come quella dello spostamento della sede legale di Arpa a Terni, si sia reso necessario superare l’atteggiamento di molti esponenti politici di altre città, che nonostante il voto favorevole da loro espresso ob torto collo, hanno vissuto tale questione come un affronto, una lesa maestà nei confronti del capoluogo di regione.

Dinanzi alla vera sfida del riequilibrio territoriale, in questa regione i margini sono assai ridotti. Probabilmente a livello nazionale è arrivato il momento di riaprire un ragionamento serio sulle funzioni delle province e sul ruolo della macroregioni. Di fatto ad oggi lo stato delle cose si è tradotto esclusivamente in disparità di trattamento e mancanza di prospettive. Perchè se aspettiamo che qualcosa si muova da Perugia possiamo anche stare tranquilli che nulla vedremo cambiare.

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