Riforma sanità Umbria: «No a fusioni non condivise»

I gruppi regionali di minoranza: «La via migliore è invece quella di una integrazione orizzontale. Non si può prescindere dai presidi territoriali»

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Utilizzo «condiviso e corretto dei fondi nazionali e comunitari per il rafforzamento della sanità pubblica; evitare percorsi di privatizzazione della sanità sul modello lombardo; garantire il migliore funzionamento del sistema pubblico; condivisione vera dei contenuti del piano sanitario con istituzioni, operatori, enti locali; servizio sanitario articolato su due aziende ospedaliere, universitarie e territoriali integrate». Queste le proposte principali che arrivano dai gruppi regionali di minoranza in merito alla riforma del servizio sanitario umbro avanzato dalla giunta a guida Donatella Tesei. Dell’argomento se ne è parlato mercoledì in una conferenza stampa telematica.

Tommaso Bori

Equità ed efficienza

Ad esporsi sono stati Thomas De Luca (M5S), Andrea Fora (Patto Civico), Vincenzo Bianconi (Gruppo Misto), Fabio Papareli (portavoce minoranza) e Tommaso Bori (Pd): «Occorre riformare – la tesi di quest’ultimo – la sanità regionale garantendo equità ed efficienza. La giunta, senza partecipazione e condivisione delle scelte, si appresta a modificare il sistema sanitario regionale. L’attuale maggioranza, in campagna elettorale, faceva riferimento alla Lombardia e lamentava una eccessiva preponderanza del pubblico. L’emergenza covid ci ha dimostrato che quei riferimenti non erano corretti e che la sanità pubblica ha saputo fronteggiare la pandemia con efficacia. Se le anticipazioni sono vere emerge una volontà di accentrare in una sola azienda ospedaliera e un’unica azienda sanitaria con una fusione a freddo delle strutture attuali. La via migliore è invece quella di una integrazione orizzontale, che tenga insieme la sanità territoriale con la sanità specialistica e sappia dialogare con l’università. Devono essere smaltite centinaia di migliaia di prestazioni sanitarie, accumulatesi durante l’emergenza. Serve un piano straordinario di abbattimento delle liste di attesa, già deliberato e mai attuato. Si trattava – ha proseguito – di ampliare orari e giorni di apertura al pubblico. Il caso di pediatria a Perugia è la punta dell’iceberg e dimostra che servono nuove assunzioni a fronte di numerose assunzioni e di una evidente carenza di personale. Resta centrale anche la digitalizzazione di medicina e servizi, rispettando però gli accordi presi. Deve essere gestito il servizio di prenotazione delle prestazioni, visto che il digital divide e il fattore anziani rendono la procedura solo online non adeguata. C’è poi la questione dei punti di primo soccorso per i territori periferici, per quelli ad alta presenza turistica e per gli ospedali come Pantalla che hanno dato un forte contributo durante la crisi Covid. Bisogna pianificare la sanità del futuro, senza alchimie e fusioni non condivise con Comuni e operatori sanitari. Serve un cambio di passo da parte della giunta».

Thomas De Luca

Sanità di territorio

Per Bianconi è importante «poter disporre di risorse importanti per la sanità pubblica, per migliorarla e progettarla per i prossimi 20 anni. Vanno messe a valore le professionalità e le esperienze che ci sono. Va aperto un confronto con la minoranza consiliare, che comunque rappresenta un bel pezzo della comunità regionale. Vogliamo una sanità capillare, di territorio, con l’integrazione orizzontale delle due aziende sanitari. Venendo da un territorio di confine auspico un modello efficiente, che garantisca servizi adeguati anche a chi vive in zone marginali. Bisogna mettere in discussione le proprie idee, cosa che questa maggioranza non sembra in grado di fare, con un arroccamento inspiegabile su temi fondamentali. Deve essere ridisegnato – ha concluso – il sistema di primo soccorso, confrontandosi con utenti, operatori sanitari e istituzioni locali». De Luca invece ha ricordato che «in questo momento è in corso un lavoro, da parte della maggioranza, per andare verso l’azienda unica. Gli annunci sul potenziamento dell’ospedale di Terni non hanno tranquillizzato, anzi. La giunta dovrebbe rendere pubblica la propria posizione, serve un percorso chiaro e trasparente per arrivare ad una decisione condivisa sui servizi di tutela della salute dei cittadini. L’emergenza covid ci ha insegnato che non si può prescindere dai presidi territoriali. Interi territori sono stati abbandonati. Nel sistema dell’emergenza urgenza, per quanto riguarda i tempi di attesa, si superano nel 51% dei casi i 20 minuti. Questo determina aspettative di vita, per le patologie legate ad un soccorso tempestivo, molto differenti. Si continua ad accentrare per razionalizzare, creando strutture elefantiache che non fanno l’interesse di alcun territorio, intasando le strutture. Sull’ospedale di Narni-Amelia si sta dimostrando una totale ignoranza dell’argomento: le risorse devono essere messe in campo dalla Regione, la Asl è solo la stazione appaltante. Azienda ospedaliera unica? Nessuna smentita a riguardo. Solo dichiarazioni informali del sindaco di Terni e alcuni onorevoli sul potenziamento dell’ospedale di Terni. Serve una nuova alleanza tra ospedale e territorio che permetta una differenziazione funzionale e una copertura capillare in una logica smart ed efficiente».

Vincenzo Bianconi e Andrea Fora

La diseguaglianza

Poi è stato Fora a puntualizzare che «la giunta sta anteponendo gli strumenti a contenuti ed obiettivi. Il covid ci ha lasciato molte emergenza ma anche un sistema sanitario che ha tenuto pur evidenziando debolezze e precarietà su cui intervenire. Nella nostra piccola regione c’è molta diseguaglianza nell’accesso ai servizi sanitari tra aree geografiche. Bisogna costruire un percorso, una visione e una mappa dei servizi per poi stabilire come procedere. Sono nove mesi che questo esecutivo assume decisioni accentrate senza consultare i territori, i portatori di interesse, i cittadini. La giunta – ha terminato – dovrebbe preoccuparsi dei reparti che chiudono invece che delle Asl da unificare». Infine Paparelli: «Il Governo Conte ha stanziato, col decreto ripartenza, importanti risorse per la sanità pubblica. A fronte di ciò nessun atto di giunta è arrivato nell’aula dell’assemblea ed anzi appare un disegno che mira ad indebolire la sanità pubblica soprattutto nel sud dell’Umbria. Urgente e inderogabile portare in aula il nuovo Piano sanitario. Quello predisposto lo scorso anno e largamente partecipato. Esso partiva da integrazione e innovazione, elementi essenziali se si dovesse affrontare un’altra pandemia. Per abbattere le liste di attesa e migliorare l’efficienza bisogna coinvolgere i professionisti, integrare i tanti livelli della sanità pubblica. Si preferisce invece riaprire un dibattito vecchio decenni. Il governo regionale deve investire di più nella sanità pubblica, nelle strutture che già abbiamo e che richiedono risorse e attenzioni e non in improbabili ospedali da campo».

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