Sangemini: «Nessuno stabilimento chiuderà»

Acque minerali d’Italia rompe il silenzio dopo il nuovo allarme dei sindacati. Parla la proprietà: «Allo studio una razionalizzione del gruppo, presto una soluzione»

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di F.L.

«Il gruppo Acque Minerali d’Italia è da sempre presente e attivo nell’interlocuzione con le istituzioni e con le strutture territoriali per far fronte alla situazione relativa agli stabilimenti umbri. Rispetto a tale contesto, Ami tiene a specificare che non è prevista nessuna chiusura degli stabilimenti, né a San Gemini, né in Umbria, né in Italia»: rompe il silenzio la proprietà della Sangemini, che nel pomeriggio di mercoledì ha diffuso una nota con la propria posizione rispetto alla delicata fase in corso.

«Fase problematica, ma lavoriamo con gli altri soggetti in campo»

«È allo studio – scrive l’azienda – una riorganizzazione e una razionalizzazione del gruppo, che permettano di rendere sostenibili le attività sui territori, anche alla luce della fase problematica del settore delle acque minerali in Italia che riguarda tutti i player presenti sul territorio, e dopo aver investito circa 60 milioni di euro negli stabilimenti produttivi, vista l’esigenza di ammodernamento e ristrutturazione degli impianti di imbottigliamento. La società è quindi impegnata a individuare al più presto una soluzione di concerto con tutti gli attori in campo, nazionali e territoriali, in modo da affrontare al meglio la prossima stagione estiva, servendo i propri clienti con il supporto di tutta la filiera produttiva».

Il presidio e l’incontro col prefetto Sensi. Tante preoccupazioni

Una presa di posizione – quella del gruppo che controlla anche Norda e Gaudianello -, arrivata a poche ore di distanza dal presidio organizzato in mattinata dai sindacati di categoria, davanti alla prefettura di Terni, in occasione dell’incontro convocato dal prefetto Emilio Dario Sensi. Incontro sollecitato dagli stessi sindacalisti, insieme alle rsu, per tenere alta l’attenzione. «Stiamo imboccando una strada senza ritorno» è stato il grido di allarme lanciato nel corso del sit in. «La proprietà della Sangemini ormai da mesi non accetta il dialogo con le organizzazioni sindacali – hanno detto i rappresentanti di Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil, rispettivamente Paolo Sciaboletta, Simone Dezi e Fabio Benedetti -, chiediamo un incontro immediato per capire se è ancora in grado di gestire i siti produttivi, dove c’è un forte senso di scoramento. L’attività produttiva va avanti molto lentamente a causa della mancanza di materie prime. C’è la stagione estiva alle porte, ma non c’è una programmazione in tal senso. Il clima è incandescente, i lavoratori hanno dato davvero tutto, anche attraverso la cassa integrazione. Il rilancio promesso non c’è stato e ora gli unici a pagare sono ancora una volta loro». I sindacati hanno deciso dunque di intraprendere «tutti i percorsi istituzionali possibili per avere il massimo della visibilità»: l’appello, oltre che al prefetto, è dunque anche alla Regione, proprietaria e garante delle concessioni, e al Mise, al quale martedì è stata inviata una richiesta di convocazione della proprietà da parte delle segreterie nazionali. «Per via della mancanza delle materie prime già dalla prossima settimana mancheranno prospettive per gli stabilimenti Sangemini e Amerino» hanno avvertito Flai, Fai e Uila.

L’impegno del prefetto a convocare la proprietà

Al termine dell’incontro con il prefetto le stesse tre sigle sindacali hanno diffuso una nota in cui spiegano che «stante la situazione di stallo delle relazioni industriali con Pessina e il progressivo deterioramento della gestione del gruppo», è stato unitariamente deciso con le segreterie nazionali di «attivare un possibile tavolo di gestione al Mise della crisi del gruppo Ami». «Al tempo stesso – si legge ancora – abbiamo chiesto al prefetto di Terni di attivarsi affinché convochi la proprietà per evitare che le tensioni sociali diventino sempre più incandescenti». Il prefetto si è fatto carico della questione di fronte alle organizzazioni sindacali, le rsu e una delegazione di lavoratori. «Si tratta – hanno concluso i sindacati – di una questione che ha una duplice valenza, nazionale e regionale. Per questo motivo che il prefetto assuma la cabina di regia può diventare strategico pure con l’interlocuzione con la Regione, attore protagonista della vicenda».

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