Sangemini, piano ‘cercasi’: «Sindacati nazionali vengano qui»

Nessuna traccia della proposta di concordato, martedì incontro al Mise. Assemblea in fabbrica, sfiduciato il direttore di stabilimento

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di F.L.

Nessun aggiornamento è arrivato lunedì dal tribunale di Milano, dove in giornata era atteso da sindacati e istituzioni il deposito del piano concordatario del gruppo Acque Minerali d’Italia, di cui fanno parte anche Sangemini e Amerino. Non è escluso un rinvio del termine, sicuramente qualcosa si saprà nel corso dell’incontro in videoconferenza convocato per le 15 di martedì dal ministero dello sviluppo economico. Intanto i lavoratori dei due marchi umbri non stanno con le mani in mano, visto che proprio lunedì si sono riuniti in assemblea, approvando all’unanimità un documento in cui, oltre a sfiduciare il direttore di stabilimento, Mauro Pagliacci, sollecitano un incontro, nei siti umbri, con i segretari nazionali di Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil, da tenere a brevissimo.

Esasperazione prevale

«Siamo veramente stanchi, provati da una vicenda che sembra quasi inverosimile – scrivono le rsu e i lavoratori -. Una vicenda che ha visto nel 2014 omologare un concordato, dimostrando un equilibrio finanziario con ben 135 persone, e affidarla da parte della politica, banche e sindacato a chi prometteva il rilancio dell’azienda, l’incremento dei volumi e il mantenimento occupazionale, a chi in realtà ‘spogliava altari per vestirne altri’, cioè a chi aveva debiti ma portava soldi all’estero (fonte delle notizie corriere.it), il tutto mantenendo lontane altre aziende dall’interessamento. Un gioco finanziario che ha fruttato molto più delle vendite e del prodotto finito, beffando i lavoratori e facendogli pagare il prezzo».

«Scelte scellerate»

«Abbiamo visto persino – continua il documento – un politico essere assunto da questa azienda come dirigente, quando avrebbe dovuto garantire il rispetto degli accordi. Abbiamo anche assistito inermi alla compartecipazione della nuova istituita società Acque Minerali d’Italia della nostra società Sangemini Acque, ripulita dal debito pagato a caro prezzo da tutti i fornitori nel precedente concordato per essere immersa nei debiti degli altri stabilimenti. Abbiamo subìto un piano industriale che forse è servito a prendere soldi dalle banche per degli investimenti obsoleti e super pagati. Abbiamo visto toglierci la rete vendite per paura di vendere troppo prodotto e dimostrare quello che ha già dimostrato e certificato il primo concordato, cioè che l’azienda è in salute. Siamo consapevoli che ci vogliono far pagare un prezzo, e chi dirige l’azienda oggi e complice di scelte scellerate, continuando a giocare sulla pelle dei lavoratori, che unitariamente oggi (lunedì, ndr) in assemblea hanno votato la sfiducia del direttore, che nel 2014 fu uno dei dirigenti a traghettare l’azienda al primo fallimento».

L’ipotesi cessione

«Sia chiara una cosa, e ci rivolgiamo a tutte le istituzioni – scrivono ancora rsu e lavoratori -: le speculazioni a danno delle lavoratrici e lavoratori, sfruttando un bene pubblico, noi non le permetteremo. Non ci faremo intimorire né tantomeno prendere in giro neanche da un’eventuale cessione aziendale (i giochi della volpe che cambia il pelo li conosciamo) se questa lascia a terra i lavoratori, siamo pronti e disposti a intraprendere nuovi percorsi. Per questo oggi (lunedì, ndr) in assemblea si è dato mandato e fiducia alle rsu di chiedere alle segreterie di organizzare entro la settimana prossima un incontro con tutte le segreterie nazionali Flai Cgil, Sara Palazzoli, Uila Uil, Pietro Pellegrini, Fai Cisl, Alessandro Anselmi, presso i siti umbri. Ancora una volta stiamo a chiedere un appello a tutti i protagonisti, sindacato, regione e politica per non vivere nel nostro territorio l’ennesimo dramma sociale». Non c’è la volontà di ‘scavalcare’ le segreterie territoriali, chiedendo l’intervento dei nazionali, quanto un modo per mettere sempre più al centro dell’attenzione i siti di Sangemini e Acquasparta, che rischiano un’ulteriore penalizzazione.

Paparelli (Pd): «Ora unità, Regione inchiodi il gruppo»

Sulla questione della Sangemini interviene intanto anche il consigliere regionale del Pd e portavoce della minoranza a palazzo Donini, Fabio Paparelli. «In questo passaggio così delicato per il futuro della Sangemini – scrive -, sento il dovere di fare appello all’unità delle forze istituzionali, politiche e sindacali perché non è più il tempo delle polemiche o della propaganda a buon mercato, ma è quello della responsabilità». A detta dell’esponente democratico «i lavoratori attendono una risposta convinta e corale a difesa dei loro diritti e a garanzia del futuro dell’azienda». Paparelli non ritiene che «la situazione attuale sia imputabile né all’accordo siglato a suo tempo da sindacati e proprietà, né alla Regione che ha accompagnato quell’accordo fino ad oggi, ma – spiega -, data la gravità della situazione attuale, la stessa Regione deve ora fare un passo in più, e non confidare solamente sul Mise e/o sulla moral suasion. Ora serve inchiodare il gruppo alle proprie responsabilità ed elaborare subito un piano di salvataggio credibile insieme al ministero e al tribunale competente, oltre che, contestualmente – conclude -, mettersi sulle tracce di un nuovo acquirente che sia in grado di far ripartire un’azienda prestigiosa per il Paese e non solo per l’Umbria. Questo è ciò che serve ai lavoratori, noi siamo pronti a fare la nostra parte».

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