«SEX, il programma che vuole prevenire la discriminazione ma finisce per promuoverla»

Alessandro De Maria analizza i contenuti della trasmissione di Rai Tre: «L’effetto è quello contrario alle intenzioni»

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di Alessandro De Maria

Ho visto recentemente il programma SEX su RaiPlay, la seconda puntata per essere precisi. Il programma si definisce ‘necessario per trovare le parole giuste’ per parlare di certi argomenti senza discriminare. I temi trattati erano l’identità di genere (più nota come gender) e l’espressione sessuale.

Dopo aver visto SEX e conoscendo bene l’uso che del gender si fa soprattutto nei paesi anglofoni, mi sono subito sorte all’occhio alcune criticità. Innanzi tutto però rispondiamo a una domanda basilare: cosa è il gender? Il gender è un termine coniato da John Money, uno psicologo e sessuologo neozelandese che aderiva all’idea che ci fosse uno passo in più tra il sesso biologico e l’espressione di genere (il modo in cui esprimiamo socialmente la nostra sessualità). Quindi mise tra questi due gradini il termine gender offuscando la linea di demarcazione tra biologico e culturale e proponendo l’identità di genere come ‘culturalmente costruita’, ovvero annullando il fattore biologico.

Chiaramente questa visione non ha molto senso e ad oggi è stata squalificata da più e più studi, eppure ormai ha una presa sulla nostra società piuttosto solida. Per un programma che si autodefinisce ‘necessario’ perché se si usano le parole sbagliate, si creano lacune che portanno a sofferenze e discriminazione, e che vuole fare prevenzione, lo ho trovato alquanto fuori luogo. L’ora che dura il programma è assolutamente insufficiente per sviscerare un argomento così complesso. Gli interventi degli esperti sono appena sufficienti per essere considerati ‘esaustivi’. Le domande principali rimangono nel sotto testo, non trovano spazio di discussione.

Alla fine dei conti un programma che si propone di educare ed evitare le discriminazioni, ma che finisce per piantare dei semi che non possono portare altro che alla discriminazione. Semi che si chiamano gender: mi rendo conto che l’affermazione è pesante ma per quanti sono al corrente di quello che succede all’estero, non sarà incredibile. Il gender (quel gradino arbitrario posto tra il sesso e l’espressione di genere) finisce per non essere altro che un costrutto vuoto, autoreferenziale. Talmente autoreferenziale che l’unico modo che ha di definire uomo o donna è ‘ciò con cui si identifica l’individuo’. Un termine che butta la biologia letteralmente dalla finestra e frantuma l’esperienza comune in mille schegge. ‘Chi sei? Quello che mi sento di essere!’.

È strano come questo assioma poi porti veramente alla discriminazione perché gli umani hanno bisogno di appartenenza, di sentirsi accettati, di regole ed esperienze comuni e quello che fa il gender è spezzare questa idea comune e dividerla in una miriade di sottogruppi; tanti quanti sono i modi che abbiamo per immaginarci. E nel tribalismo non c’è mai pace. Abbiamo combattuto secoli per portare tutti sotto l’unica definizione di ‘umanità’ e adesso distruggiamo tutto andando ognuno a rifugiarci nel nostro personale concetto di noi stessi, scordandoci che veniamo definiti anche dall’interazione con gli altri.

Quella che prima era ‘umanità’ ridiventa bianchi, neri, gialli, etero, homo… e via così all’infinito, aggiungendo anche una miriade di gruppi inventati di sana pianta da adolescenti confusi che cercano gruppi di appartenenza. È davvero un argomento complesso tanto che ho deciso di improvvisarmi youtuber e di dedicargli una serie di video. Veramente dovrebbe essere un unico video diviso in più parti. Le prime otto sono un commentario alla trasmissione di SEX che ho fatto per tentare di colmare le lacune; gli altri sono un po’ di spiegazioni sull’origine del termine gender e sull’origine della teorizzazione della sessualità nel bambino. La seconda parte dei video contiene contenuti abbastanza forti perciò lo metterò VM 18. La totalità dei video dura circa due ore, 10-15 minuti alla volta. Per chi vuole informarsi, buona visione.

P.S. – C’è la credenza che Freud abbia iniziato a vedere il bambino come essere relazionale. Non è esattamente così: Freud aveva bisogno di una molla che facesse uscire il bambino dal suo guscio autistico. Egli credeva che il bambino non fosse interessato alla relazione e che venisse portato alla relazione con l’altro solo dalla necessità. Cosi prese il piacere lo divise dal sesso e lo mise, come motivatore centrale, al servizio dello sviluppo. Alcune delle radici della sessualità sono di gran lunga più agghiaccianti. Vi lascio i video in coda all’articolo.

P.P.S. – So che mi sono esposto alla critica ma senza conversazione non c’è scambio, senza scambio non c’è crescita.


A QUESTO LINK, IL CANALE YOUTUBE

A QUESTO LINK LA PLAYLIST (GLI SPEZZONI VERRANNO RIPRODOTTI UNO DOPO L’ALTRO IN UN VIDEO COERENTE E CONTINUO)

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