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Home » Terapie intensive Covid, Giubilei contro Tesei: «La colpa è sua»

Terapie intensive Covid, Giubilei contro Tesei: «La colpa è sua»

di Redattore
10 Novembre 2020
in Coronavirus, In evidenza, Opinioni, Politica
Tempo di lettura: 3 minuti di lettura
Giuliano Giubilei

Giuliano Giubilei

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Nel giorno dell’accordo bipartisan in consiglio regionale, dal centrosinistra arriva una voce dissonante. Quella di Giuliano Giubilei, candidato a sindaco contro Romizi, attuale consigliere regionale, che in un lungo post sui social smentisce di fatto la ricostruzione fatta dalla giunta Tesei sulla carenza di terapie intensive in Umbria («Se erano poche non è colpa nostra», ha detto in sintesi l’assessore Coletto in più di una circostanza) e, fra le righe, difende l’ex presidente Catiuscia Marini. Nulla di nuovo se non per il fatto che, come facevamo notare, la presa di posizione viene pubblicata proprio mentre a Palazzo Cesaroni scoppia… la Pace con l’approvazione di una risoluzione congiunta. Tempismo non casuale secondo alcuni, semplice coincidenza secondo altri.

Il post di Giubilei

Romizi assente

Come affrontiamo l’emergenza Covid, soprattutto adesso che siamo diventati arancioni? Ne abbiamo provato a parlare stamattina in Comune, nella IV Commissione, ma i consiglieri del centrodestra, nel ruolo di difensori d’ufficio della Regione hanno respinto (tranne uno che si è astenuto) le nostre proposte, che erano di puro buon senso. Chiedevamo semplicemente al Sindaco (che era assente, ma non è una notizia) di seguire con particolare attenzione l’evoluzione del contagio e di prendere una iniziativa con la Regione per la valorizzazione del personale sanitario, che oggi come si sa è sotto pressione in modo spaventoso.

Tesei indifendibile

Si offende qualcuno se dico che la difesa della Tesei, peraltro indifendibile, viene prima della difesa della salute degli umbri? E siccome io penso che la presidente del dissesto di Montefalco sia davvero indifendibile facciamo un po’ di storia e tiriamo fuori qualche numero. La storia (recente) ci dice che fino alla primavera scorsa avevamo 70 posti in terapia intensiva (59 più 11 per la sale operatorie). La Tesei e l’assessore Coletto in più occasioni hanno provato a dire che erano pochi. In realtà era il numero esatto, perché un decreto ministeriale del 2015 stabiliva che ci fosse una terapia intensiva ogni 15.000 abitanti. Gli umbri sono 882.000. Fate la divisione: 59 era il numero giusto. Più le 11 delle sale operatorie. Poi però è arrivato il Covid e il Ministero della Salute, con un decreto varato in febbraio e approvato anche dalla Conferenza delle Regioni, ha stabilito che ci dovesse essere un posto di terapia intensiva ogni 7.500 abitanti. Quindi dovevano essere almeno 117. E che cosa ha fatto la Regione Umbria da marzo ad oggi? Niente. Forse ha sperato di passare indenne la seconda ondata. Come aveva passato indenne, grazie alla sanità ereditata da “quelli di prima” la prima emergenza.

«Nessun aumento posti letto»

Un paio di settimane fa è uscita sul “Sole 24 ore” una tabella grazie a cui si abbiamo scoperto che l’Umbria era l’unica – l’unica – Regione a non aver aumentato nemmeno di un letto le postazioni di terapia intensiva: 70 erano e 70 sono rimasti. Il “Sole 24 ore” ovviamente riportava dati ufficiali ed è uno dei pochi giornali italiani a prova di smentita. Tant’è vero che nessuno si è sognato di smentirlo. In questi ultimi giorni deve essere successo un miracolo, perché proprio oggi sul “Corriere della Sera” la Tesei annuncia che “le terapie intensive sono 111 e che nel giro di due o tre giorni raggiungeranno il numero prefissato di 127. Più altre 62 sub-intensive”. Purtroppo sarà capitato a tutti di vedere nei telegiornali com’è fatta una postazione di terapia intensiva: ci siamo abituati a vederne, e tanti purtroppo anche a provarne, la complessità: macchine sofisticate, ossigeno, computer che la fanno funzionare.

La bacchetta magica

Io ci vorrei credere che con una bacchetta magica la Tesei sia riuscita in poco tempo a raddoppiare, o quasi, le postazioni. Ma confesso che ho qualche dubbio. E comunque se fosse anche così, siamo al 60% delle terapie intensive impegnate, perché lo stesso giornale scrive 64 postazioni sulle 111 dichiarate sono già occupate. Ben oltre, anzi drammaticamente oltre, il livello di guardia. E questo spiega anche perché il Ministero ci assegnato il livello di allerta più alto, tra le Regioni colorate in arancione. Un altro motivo che ha spinto il Ministero a darci un “rating” così basso è che l’Umbria è carente nella capacità di reazione per risposte efficaci di carattere sanitario/assistenziale. Uno dei famosi 21 parametri.

«Nostri pazienti trasferiti fuori regione»

Ma quello che considero il dato più preoccupante, al di là dei numeri già allarmanti, è che da qualche giorno i pazienti ordinari, cioè no-covid, in terapia intensiva vengono trasferiti nelle Marche. E qualcuno a Siena. Fino all’anno scorso avveniva il contrario. Gli ospedali umbri accoglievano e curavano malati provenienti da tutte le Regioni e principalmente da quelle vicine: Marche, Abruzzo, Molise. O da città come Rieti o Viterbo. Oggi sono i nostri malati ad emigrare. È la sconfitta di una Sanità che fino a un anno fa era tra le prime d’Italia. E non lo dico per campanilismo.

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