Ternana-Südtirol: anatomia di un rigore che non andava dato

Viaggio (non semplice) tra i meandri delle regole e del protocollo Var

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di Gianni Giardinieri

Quasi sei minuti di ‘on field review’ (revisione al Var) in Como-Ternana del 17 settembre scorso per giudicare come fallo di mano lo stop di Favilli nell’azione del gol (poi conseguentemente annullato) di Luperini; nessun dubbio nell’assegnare il rigore agli ospiti (al 94′ minuto di gioco) in occasione della scorsa partita Ternana-Südtirol, per un ‘non fallo’ di Pyyhtia su Cisco. La domanda è ovvia, perfino banale: perchè una tale disparità di trattamento? Perché il Var in quest’ultimo caso non ha richiamato il signor Tremolada di Monza al monitor per rivedere l’azione? Abbiamo provato ad addentrarci nel ‘Regolamento del giuoco del calcio’ (sì, viene ancora chiamato ‘giuoco’ come amava dire lo scomparso Silvio Berlusconi), corredato dalle ‘Decisioni Ufficiali FIGC e della Guida Pratica AIA – Edizione luglio 2023’, quindi fresca di stampa.

Cominciamo dalla ‘regola 12’, pagina 90, alla voce ‘falli e scorrettezze’ che assegna i calci di punizione diretti e i rigori. Tra le infrazioni possibili, due potevano riguardare il presunto fallo di Pyyhtia: ‘dare o tentare di dare un calcio’ e soprattutto ‘effettuare un tackle o un contrasto’. Quando scatta l’infrazione e quindi l’assegnazione del calcio di rigore? Il regolamento, lacunoso e ricco di interpretazioni, sostiene che si procede alla sanzione del fallo quando l’arbitro giudica – nel nostro caso adottiamo la potenziale infrazione del ‘tackle’ – l’intervento del difendente ‘negligente, imprudente o con vigoria sproporzionata’.
Ora: Pyyhtia dà un calcio a Cisco? No, prende la palla molto prima del contatto con il giocatore bolzanino. ‘Tenta’ di dare un calcio? La risposta è ancora un secco no: il finlandese interviene lateralmente in tackle, il tentativo è rivolto esclusivamente a colpire la palla.

Supponiamo però che l’arbitro abbia invece pensato di sì, che quello fosse un tentativo di dare un calcio e che magari per ‘sbaglio’ (paradosso) abbia preso la palla. Ragionamento singolare ma assurdamente possibile. Ebbene allora il signor Tremolada avrebbe dovuto tenere conto della ‘negligenza, dell’imprudenza o della vigoria sproporzionata’ (ammesso che sia oggettivo definire tali parametri, tutto meno che oggettivi). Era ‘negligente’ il tackle del finlandese? No, perchè in netto anticipo e proprio perché effettuato con grande ‘pulizia’ del gesto; non era neanche ‘imprudente’. Neanche da approfondire la ‘vigoria sproporzionata’.

Dunque il primo errore, per noi, è dell’arbitro, che assegna il rigore. Ma ci sarebbe il Var, aiuto tecnologico introdotto per evitare certe sviste. E allora andiamolo a leggere il ‘Protocollo Var’, pagina 152 dello stesso Regolamento. I principi di applicazione dello strumento sono rigidissimi e sono soltanto due: A) ‘Chiaro ed evidente errore’; B) ‘Grave episodio non visto’. Scartiamo subito il secondo caso: l’arbitro ha visto in quanto ha assegnato il calcio di rigore. Resta il ‘chiaro ed evidente errore’. Già, ma in relazione a quali episodi il Var si attiva (vedremo poi come) per il punto A? Solo in altri quattro, rigidissimi anche loro, casi: 1) Rete sbagliata/non segnata; 2) Calcio di rigore/non rigore; 3) Espulsione diretta; 4) Scambio d’identità.

Ovviamente il nostro è il secondo caso e a questo punto che la faccenda si fa interessante: ‘il Var controlla automaticamente il filmato per ogni decisione […] utilizzando diversi angoli di ripresa e velocità di riproduzione’. Il controllo dell’intervento di Pyyhtia dunque c’è stato, ne siamo certi. Perché è automatico. E’ la casistica del famoso ‘silent check’. Arriviamo al punto decisivo: perché il Var non ha invitato Tremolada all’on field review? C’è solo una possibilità, specificata a pagina 155: ‘Se il ‘controllo’ non indica un ‘errore chiaro ed evidente’ o un ‘grave episodio non visto’, di solito non è necessario che il Var comunichi con l’arbitro’.

La conclusione è semplice: il Var ha visto, ha controllato (è tenuto a farlo) ma non ha avvertito l’arbitro perché non ha considerato il calcio di rigore un errore chiaro ed evidente. Questo nel momento in cui il finlandese colpisce la palla con rara pulizia del gesto, in netto anticipo rispetto al suo avversario e con la stessa sfera che cambia perentoriamente, e con grande velocità, direzione. Un errore gravissimo, da stop immediato per arbitro e addetti al Var (signori Miele e Valeri).

La storia finisce qui? No, c’è di più, diremmo la parte cruciale. E se per scrivere un articolo del genere sono necessarie tante sottolineature e precisazioni, si capisce come mai le regole di applicazione dello strumento Var vadano cambiate e semplificate. Perchè (e questo non lo sappiamo, visto che gli audio tra arbitro, assistenti e varisti restano ‘censurati’, anche se proprio ieri a Dazn il designatore Rocchi ha cominciato una bella opera di trasparenza, con il programma Open Var) il ‘varista’ avrebbe potuto invece sottolineare all’arbitro un potenziale errore chiaro ed evidente ed invitare lo stesso al monitor. In questo caso l’arbitro avrebbe dovuto recarsi a rivedere l’azione? La risposta, non scontata come si potrebbe pensare, è no: ‘l’arbitro deciderà se iniziare o no una revisione’ (pagina 155).

L’arbitro quindi può, ma non deve, iniziare la revisione. Ieri, sempre nella trasmissione di cui abbiamo dato conto, il designatore Rocchi ha fatto un inciso fondamentale, sostenendo che se un arbitro invitato dal Var si rifiutasse di aprire una revisione e quindi non andasse al monitor, sarebbe dismesso all’istante. Bene, siamo d’accordo. Ma è un invito e un suo punto di vista. Il Regolamento parla di ‘può’, non di ‘deve’. Quindi è facoltà, non obbligo. Ricapitoliamo: Pyyhtia colpisce la palla, non commette rigore, l’arbitro invece lo assegna, il Var certamente controlla ma o non chiama l’arbitro alla revisione perché la pensa come lui oppure è lo stesso arbitro che seppure invitato all’on field review rifiuta di farlo. Morale della favola: due punti in meno per la Ternana.

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